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Isola d’Istria: bloccati investimenti italiani (Il Piccolo 08 lug)

dall’inviato GIULIO GARAU

ISOLA D’ISTRIA Investitori e gestori italiani al marina di Isola d’Istria? No grazie, spetta ai locali sloveni. Anzi meglio ancora alla società «Komunala» 100% del Comune, l’unica che si presenta e vince il bando di gara andato deserto per l’ampliamento dei moli, sfidando le norme europee e, visto che c’è, espropria gli attuali titolari rilevando l’intero complesso. Sono vent’anni che va avanti la diatriba tra gli investitori italiani, la Marinvest che vede come socio la Altan prefabbricati con soci alcune famiglie del Fvg, e il Comune di Isola, sono anni che le due parti si sfidano davanti ai tribunali (siamo arrivati agli ultimi gradi della Corte costituzionale a Lubiana) ed ora arriva il momento finale con la data di ottobre. Quando il Comune di Isola, che ha imposto alcune condizioni alla Marinvest, giudicate «improponibili», annuncia di voler espropriare l’intero complesso. Ma ora c’è il colpo di scena e la Marinvest, per bocca del suo direttore Enrico Galassi, annuncia un ricorso alla Corte Europea e porta la battaglia e la Slovenia a Strasburgo.

«Quel loro bando è ridicolo sotto tutti gli aspetti, vogliono annullare un diritto di proprietà che è tutelato dal diritto internazionale» sbotta Galassi che denuncia: «In Slovenia attualmente non vogliono alcun investitore estero, soprattutto gli italiani e fanno di tutto per mandarli via». Un nazionalismo fortissimo che, secondo le accuse, è diventato ancora più pesante in questo momento di crisi.

Dall’altro fronte uno dei tre vicesindaci di Isola, Bojan Zadel, che cerca di gettare acqua sul fuoco: «Mettiamoci attorno a un tavolo e risolviamo la questione, l’ho detto molte volte a Galassi. C’è uno sbaglio di fondo, lui non ha messo a posto le cose nel passaggio tra la ex Jugoslavia e la Slovenia ed ora si è affidato anche ad avvocati che non lo aiutano. Il Comune invece ha scelto lo stesso avvocato, Aleksij Muzina, che ha risolto la questione del Porto di Capodistria con una concessione a 35 anni».

Ed è proprio la mancanza di una concessione probabilmente il nodo di questa complicatissima vicenda iniziata 20 anni fa quando la Altan prefabbricati (erano i primi anni ’91-’92 e la Slovenia iniziava i primi passi come Repubblica indipendente), entrava assieme a un socio sloveno (Galeb) per la realizzazione del marina.

Un sito bellissimo che abbraccia tutta quell’area tanto nota a Isola d’Istria perchè ospitava la fabbrica Arrigoni. Ora della storica industria restano i ruderi e come ricordo soltanto la alta ciminiera di mattoni rossi. È lì che ora sono sorti pontili attorno al molo A per ospitare 640 imbarcazioni (che diventeranno 1000), una grande reception del Marina con attorno negozi, boutique, sedi di prestigio come la Diners o service per nautica da diporto come quella di Del Pardo. Ma c’è anche un ristorante, un bar elegante ed essenziale, entrambi affacciati davanti a una splendida passeggiata da cui si può ammirare Isola e che porta poi sulla costa a picco sul mare.

«La nostra fortuna è che quando abbiamo fatto entrare i capitali abbiamo fatto tutto a regola d’arte attraverso una banca italiana e la Banca Koper attualmente gestita da Intesa – racconta Galassi – e subito dopo sono iniziati i primi problemi con il socio sloveno». Costrasti dovuti alla gestione e nel 2000 i soci, italiano e sloveno, si separano. Alla Altan con la Marinvest e la controllata Porting va il Marina e la sua gestione. Lo sloveno prende in mano il cantiere interno. «Ci siamo accollati 26 milioni di debiti» racconta Galassi. Servono finanziamenti privati dall’Italia, 12-13 milioni, altri 14-15 di garanzie e poi c’è la Banca Koper che mette 12 milioni. Un investimento fatto con la Marinvest che acquisisce dal socio sloveno tutte le concessioni e gli accordi stipulati con il Comune ancora nel lontano 88-89. Un patto molto chiaro in cui si dice che viene affidata la costruzione del Marina e chi fa l’investimento ha il diritto della gestione permanente.

Nessuna concessione, ma contratti che ha in mano la Marinvest con tanto di carte tavolari in cui si vede che è lottizzato anche il mare e il fondale. Carte che il Comune ha perduto e che ora cerca di contestare con continue diffide, ricorsi, e decretazioni. Come quella del bando della costruzione del molo B. «Spettava a noi farlo» accusa Galassi. E c’è scritto che se Marinvest non partecipa la Komunala, oltre a fare il molo B, si prende anche il Marina.

«Ci hanno proposto la concessione – accusa Galassi – ma ci chiedono 500 mila euro l’anno con 640 posti barca quando Portorose, con 1200 posti, ne paga 150 mila». L’amministrazione di Isola accusa Marinvest: «in questi anni non ha mai pagato un soldo di concessione al Comune» e ora chiede 6 milioni e mezzo. Galassi replica «Non c’è concessione, noi paghiamo ogni anno le tasse. La Slovenia non è una Repubblica, ma una sommatoria di micro-comuni che fanno quello che vogliono e nemmeno Lubiana ci mette le mani» aggiunge il direttore che annuncia il ricorso europeo e confessa di essere ormai sul punto di vendere tutto. Dietro a questo, confermano fonti molto bene informate, anche l’ombra dell’ex sindaco di Isola, Breda Pecan, ora deputata a Lubiana e responsabile al dicastero dell’Ambiente, che appoggerebbe una cordata slovena intenzionata e rilevare il tutto per poco o niente.

Sono quasi vent’anni che Galassi e la Altan lottano per far valere i loro diritti e pagano avvocati sloveni, ma sono anni che il Comune di Isola emette decreti che cercano di annullarli e le udienze davanti ai tribunali amministrativi e costituzionali non si contano più. Una vicenda che però ora rischia di diventare un affaire internazionale con risvolti diplomatici. Galassi partecipa alle riunioni periodiche che l’Ambasciatore italiano a Lubiana, Alessandro Pietromarchi, tiene con l’Ice e gli imprenditori italiani e la questione è letteralmente esplosa in una di queste riunioni, seguita da mosse ufficiali.

Non ci sarebbe solo il caso della Altan, sembra che altri imprenditori abbiano trovato difficoltà inconsuete e superiori alla norma venendo in Slovenia a investire, in barba alla mega campagna condotta dalla giovane repubblica per attirare investimenti esteri anche grazie alla tassa sugli utili al 20%.

E a confermare questi sospetti inquietanti e inspiegabili ci sarebbero anche gli stessi dati del rapporto congiunto che periodicamente emette l’ambasciata italiana con l’Ice: nel capitolo investimenti si evidenzia che «la Slovenia rimane tra i Paesi dell’Europa centro-orientale quello in cui si registra il tasso più basso di investimenti esteri».

 

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