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Il Piccolo – 270308 – “Presidente, aiuti le famiglie dei deportati”

di Guido Barella

«Presidente, noi congiunti dei deportati in Jugoslavia non ci stancheremo mai di chiedere un intervento ad alto livello per poter avere un elenco dei luoghi di sepoltura dei nostri cari».
Clara Morassi Stanta in quei quaranta giorni del '45 perse il padre Giovanni, prelevato da casa nella notte del 3 maggio e mai più ritornato, scomparso senza che ne si sapesse mai più nulla. Il 10 febbraio dello scorso anno, nella Giornata del Ricordo, al Quirinale Clara Morassi Stanta ha ricevuto dalle mani del presidente Napolitano la medaglia d'oro assieme ai familiari di altre ventun vittime. Pochi mesi dopo la signora Morassi Stanta è stata nominata cavaliere della Repubblica proprio per il suo impegno in seno al Comitato dei congiunti dei deportati in Jugoslavia, oltre che per la sua opera nella Croce Rossa.
Oggi Napolitano giunge a Gorizia ma la rapidità della visita in città non permette alcun incontro con il Comitato dei congiunti. Se fosse stato possibile poter parlare con il Presidente della Repubblica Clara Morassi Stanta lo avrebbe invitato a farsi interprete con le autorità d'oltre confine perchè siano finalmente aperti tutti gli archivi, sia finalmente detta una parola definitiva sulla sorte degli oltre seicento goriziani deportati in Jugoslavia a guerra finita. «Noi vorremmo solo deporre un fiore sulle tombe o sulle foibe dove sono finiti i nostri cari» commenta la signora Morassi.

A fine 2005 la consegna dei risultati della prima parte di uno studio condotto dalla storica slovena Natasa Nemec – che indicava il momento della cattura e qualche altra piccola notizia di 1400 italiani: civili, militari, poliziotti finiti in mano ai partigiani jugoslavi – aveva riacceso la speranza di poter conoscere in tutti i dettagli la sorte dei deportati. Ma, dopo quel primo elenco – che a Clara Morassi Stanta era stato consegnato dall'allora sindaco Vittorio Brancati, il quale l'aveva ricevuto dal suo  collega di Nova Gorica Mirko Brulc al termine di un paziente lavoro diplomatico – nessun passo avanti è stato più fatto. «Ci sono state sollecitazioni, ma si è fermato tutto, non c'è stata alcuna risposta – commenta Clara Morassi -. Io comunque vado avanti per la mia strada con tanta grinta. La grinta che mi viene da questi due anni trascorsi in prefettura (dove il Comitato era stato ospite) a contatto con tanti, tantissimi familiari di deportati che si sono rivolti a noi perfino dall'Australia.
Sembra incredibile ma sappiamo ormai tutto su chi è morto ad esempio sul fronte russo a migliaia e migliaia di chilometri da qui e non riusciamo a sapere nulla su chi ha trovato la morte a trenta chilometri da casa. Ecco perchè finchè sarò viva continuerò a lottare per sapere la verità».

 

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