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Il martirio di Zara e una medaglia troppo in ritardo (Libero 02 apr)

Una triste vicenda, molto italiana; una metafora della nostra scarsa considerazione della memoria storica e della scarsa attenzione ai simboli della nostra identità nazionale.

La questione è complessa,  ma Paolo Simoncelli, in un documentato volumetto (Zara. Due e più facce di una medaglia, postfazione di Ottavio Missoni, Le Lettere, pp. 146, euro 15) la rende chiara e avvincente.

I fatti sono semplici quanto poco noti. Zara, città dalmata di tradizioni italiane, all’inizio della Seconda guerra mondiale contava 28mila abitanti, dei quali 24mila italiani e 4mila tra croati, albanesi e serbi. Dal 2 novembre 1943 al 1° novembre 1944 la città subì ben 54 bombardamenti a tappeto da parte dell’aviazione angloamericana, che
distrussero almeno l’85% delle abitazioni, facendo strage di civili.

Il 1° novembre 1944 arrivarono i partigiani comunisti di Tito i quali eliminarono sistematicamente gli italiani presenti: annegati in mare. Alla fine, Zara, «la piccola Dresda dell’Adriatico», come la definì Enzo Bettiza, pagò la propria italianità con 3mila morti, mentre più di 20mila zaratini furono costretti all’esilio.

A partire dagli anni ’70, l’Associazione Venezia Giulia e Dalmazia propose la medaglia d’oro al valor militare al gonfalone della città.

Insormontabili ragioni burocratiche impedirono la realizzazione del progetto.

Vent’anni dopo, la questione fu riproposta dal sindaco del Libero Comune di Zara in esilio e se ne riparlò durante il settennato del presidente Scalfaro che, nel discorso di fine 1997, ricordò il sacrificio degli esuli ponendo le basi per la svolta. Fu così possibile preparare il testo della motivazione della medaglia d’oro. Ma qui iniziarono i guai.

Le modifiche,delle qualiSimoncelli dà conto con la sua consueta precisione filologica, furono innumerevoli. Ne emerse un pasticcio storico e logico. Inserito all’inizio l’accenno all’«invasore tedesco», cancellata l’attribuzione agli angloamericani dei bombardamenti e censurato il richiamo alla repressione slavo-comunista, apparve logico che Zara avesse resistito ai nazisti, i quali l’avevano anche bombardata e, in più, avevano proceduto alle stragi determinando l’esodo degli italiani. Il tutto, paradossalmente, si concludeva con un richiamo alla  resistenza della città fino all’aprile 1945, omettendo di ricordare che i tedeschi l’avevano abbandonata nel novembre 1944 e che dopo erano arrivati i titini.

Nonostante ciò, il progetto andò avanti e il nuovo capo dello Stato, Ciampi, stabilì che il 13 novembre 2001 la medaglia d’oro sarebbe stata assegnata nel corso di una solenne cerimonia. A questo punto Zagabria si impuntò, minacciando di far fallire i negoziati per l’Accordo di cooperazione e amicizia tra Italia e Croazia.

I giornali di sinistra si schierarono contro una medaglia d’oro data a una città «fascista», l’Italia cedette e la progettata assegnazione fu congelata. A parziale risarcimento, nel febbraio 2010 fu “inventata” una medaglia d’oro «al merito delle popolazioni di Fiume, Pola e Zara».

L’iter è tuttora in corso…

GIUSEPPE PARLATO

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