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Il Gazzettino – 040108 – Pesce: guerra fredda Italia-Croazia

Braccio di ferro in Adriatico fra Italia e Slovenia da una parte, e Croazia
dall'altra, per la zona di protezione che il governo di Zagabria ha
applicato dalla mezzanotte del 1° gennaio. E ad aggravare il quadro della
situazione, già piuttosto complicato, ieri è venuto il sequestro di un
peschereccio di Manfredonia (Foggia), forse per sconfinamento delle acque
territoriali, non distante da Spalato.
L'Adriatico, dunque, diviso in due nel senso della latitudine, da nord a sud
(come indicato nella cartina a fianco). La metà occidentale assegnata
all'Italia, quella orientale alla Slovenia, il cui sviluppo costiero è
comunque limitato, e alla Croazia. Questo il risultato cui tende ormai da
più di quattro anni Zagabria col progetto di una "Zona di protezione ittica
e ambientale". Un progetto caldeggiato quattro anni fa soprattutto dai
partiti di evidente ispirazione nazionalista, congelato da una moratoria di
quattro anni accolta dalla Croazia e rispolverato nello scorso autunno in
concomitanza col turno elettorale per il rinnovo del Parlamento croato. Ma
la moratoria è "spirata" il 31 dicembre, e Zagabria ha istituito la "zona".
Qualche settimana prima a livello di Consiglio dei ministri dell'Unione
europea il tema è stato oggetto di un confronto tra la rappresentanza
italiana, presente il premier Romano Prodi, e la delegazione croata.
Un'intesa di massima è apparsa possibile in modo che il problema possa
trovare una soluzione negoziata anche per la richiesta avanzata dalla
Croazia di entrare nell'Ue. Ma al momento non esiste niente di ufficiale.

Da Chioggia, la cui marineria primeggia tra quelle dell'Alto Adriatico, è
partito il primo allarme lo scorso novembre. Enzo Fornaro, presidente veneto
di Federcoopesca ha allertato il ministro degli Esteri, le autorità
regionali e provinciali. La questione dopo l'incontro di Bruxelles dei primi
di dicembre è stata ripresa e rilanciata negli ultimi giorni dell'anno come
problema di massima urgenza da Luigi Giannini, direttore generale di
Federpesca, organizzazione rappresentata a Chioggia dall'Associazione degli
armatori. Giannini s'è rivolto al ministro per le Politiche agricole e
forestali, Paolo De Castro. "L'assenza di aggiornamenti e in particolare di
uno slittamento nella concreta attuazione della zona di protezione ittica e
ambientale croata – sostiene Giannini – sta determinando grave sconcerto nel
settore imprenditoriale della pesca italiana, fortemente preoccupato per le
ricadute economiche (e conseguentemente occupazionali) che inevitabilmente
potranno derivare dal dimezzamento delle attività di pesca in Adriatico". La
soluzione negoziata con la Croazia in attesa di entrare nell'Ue è l'auspicio
che tutti fanno. Intanto però, a stretto rigore di termini, sembrano già
entrate in vigore le misure per la zona di tutela con l'esclusione dei
pescherecci italiani (e non solo) dalla metà orientale dell'Adriatico e con
situazioni davvero paradossali per la marineria di Grado e in parte anche
per quella triestina le cui aree di pesca ricadono nella metà orientale di
questo mare.

Che la questione sia spinosa e che serva comunque arrivare quanto prima a
una chiarificazione – a un "definitivo assetto istituzionale croato", come
scrive in risposta alla lettera di Giannini al ministro, il direttore
generale della pesca marittima, Francesco Saverio Abate – è fuori di dubbio.
Un chiarimento si spera possa esserci entro la prima metà di questo mese.
Nel frattempo alle autorità marittime e alle associazioni di categoria il
direttore generale della pesca suggerisce di "svolgere una capillare e
mirata opera di sensibilizzazione presso le locali marinerie… affinché
venga raccomandata ogni possibile cautela nell'esercizio della pesca nella
zona di mare interessata nonché la stretta osservanza del diritto
internazionale marittimo" (che, sia detto per inciso, prevede un'iniziativa
del tipo preannunciato dalla Croazia); in altre parole, meglio non
oltrepassare la metà del mare con i pescherecci, è più sicuro. In pratica il
diritto internazionale afferma che uno Stato può riservare un'area di
protezione fino a 200 miglia dalla propria costa; se questo non è possibile,
l'area marina va divida in due. E siccome in Adriatico, tra le coste, 200
miglia d'acqua non ci sono, ecco che la Zagabria applica il diritto
dividendo il mare a metà.

Per quanto riguarda il peschereccio sequestrato, l'episodio è accaduto a est
dell'isola di Pelagruza (Pelagosa), a sud di Spalato; poi l'imbarcazione –
la "Antonio Madre", quattro uomini di equipaggio – è stata condotta
all'isola di Vis (Lissa). Il capitano dovrà comparire davanti al giudice e,
se verrà giudicato colpevole di sconfinamento, dovrà pagare una multa.

Nel frattempo da Roma si raccomanda massima cautela in attesa della
composizione di un quadro normativo che potrebbe avere, a Chioggia,
l'appendice di un incontro internazionale tra le marinerie delle due sponde
adriatiche e le rispettive rappresentanze politiche e amministrative per
definire un protocollo per l'uso delle risorse ittiche. A livello di enti
locali e di associazioni della pesca o organizzazione dei produttori, i
contatti negli ultimi anni sono stati costanti. Sono infatti avviati per il
tramite della Regione Veneto iniziative trasfrontaliere sostenute con fondi
comunitari del progetto Interreg 3 per la valorizzazione del prodotto (fino
ad arrivare a un marchio di qualità) e la creazione in Istria e Dalmazia di
un'efficace rete commerciale.

Giorgio Boscolo

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