ANVGD_cover-post-no-img

Il fiumano Pimpini entra nelle case degli italiani d’Australia (Aise 28 gen)

DI GERMANO SPAGNOLO  

MELBOURNE\ aise\ – "Quando il giovane Enrico Pimpini, a Venezia, nell’ex convitto Marco Foscarini, si sentì chiamare "profugo", rimase sconvolto. Era la prima volta che un simile appellativo gli veniva attribuito. Pensava che i profughi fossero persone "ai margini della società". Poi, comunque, si abituò a termini duri come rifugiato, esule, espatriato, o più generici di emigrato ecc. Tutti termini usati per dire una cosa sola: ovunque vai, non sei più a casa tua". A scrivere è Germano Spagnolo, che in un articolo pubblicato nel numero di gennaio del Messaggero di sant'Antonio – edizione italiana per l'estero racconta la storia di Pimpini, oggi un popolare radiocronista di Melbourne, conversatore gioviale, fonte inesauribile di notizie di cronaca e delle curiosità del giorno, punteggiate da battute spiritose. La voce che tiene compagnia a tanti connazionali. Per molti è la parola amica nelle ore di solitudine. Riportiamo di seguito il testo integrale dell'articolo.

"Enrico nacque a Fiume l’8 aprile 1926. Lasciò la città dopo l’arrivo dei comunisti jugoslavi, il 14 luglio 1945. Aveva 19 anni. A Fiume trascorse quegli anni della vita che ti danno una chiara, intensa e definitiva identità. Di Fiume ricorda tutto. Essendo una città di porto aveva una natura multiculturale e multietnica, marcata dalla tolleranza religiosa e da un liberalismo che fungeva da calamita per gruppi di anarchici europei. Non erano lontani gli echi dell’euforico proclama di Gabriele D’Annunzio: "Hic manebimus optime" (Qui staremo benissimo).

Enrico era un giovane pieno di vita, dall’intelligenza vivace e con una brillante conoscenza della lingua italiana parlata e scritta. Infatti collaborava già al quotidiano La vedetta d’Italia. Aveva amici di ogni razza e credo religioso. Era solito fare la passeggiata serale con una ragazza e l’appuntamento era valido anche per quella magica sera d’estate del 14 luglio. Non poteva disdirlo per non far trapelare il minimo segnale della sua partenza, a nessuno, neppure alla sua ragazza. Si viveva in un clima elettrizzante di sospetti. Un abbraccio alla madre con la quale viveva in un appartamento al centro della città fu l’unico atto del doloroso distacco dalla famiglia. Il padre era deceduto nel 1929 a seguito di un incidente motociclistico, il fratello maggiore era sposato e poi sarebbe emigrato in Argentina. Enrico partì con un documento in cui si dichiara che poteva iscriversi all’università di Trieste.

Nel centro di accoglienza "Foscarini" arrivavano tutte le provviste alimentari donate dagli americani ed Enrico si offerse per aiutare in cucina e distribuire i pasti. Conobbe Antonietta, una ragazza di Zara. Le mostrò simpatia con un espediente semplice ma efficace: ogni giorno le dava una doppia razione di pane. La generosità, accompagnata da un’innata galanteria, fece centro ed Enrico e Antonietta si sposarono il 28 settembre del 1947 nella chiesa di San Nicola da Tolentino a Venezia. Di viaggio di nozze, ai quei tempi, se ne parlava come di un sogno. Ma ebbero comunque la possibilità di fare una breve vacanza nell’altopiano di Asiago, ospiti di un’amica di Antonietta, e per regalo di nozze ebbero un sacco di patate che si portarono appresso, fino a Venezia, con gratitudine e fatica.

Nel 1948 i giovani sposi si recarono ad Ancona, città di origine della madre di Enrico, seguendo il miraggio di un’inesistente offerta di lavoro. Erano alloggiati in una cella delle vecchie prigioni, sistemata alla buona per ospitare gli sfollati. Enrico ebbe un lavoro al porto come scaricatore di polvere di carbone.

Quando l’IRO (International Refugees Organisation) trovò disponibilità di offerte di lavoro da parte del governo australiano, i Pimpini si misero subito in lista di attesa, e dopo la solita trafila nei campi di Roma Cinecittà, Aversa, Napoli, Bagnoli, Barletta, Aurich e Delmenhorst, finalmente partirono dal porto di Brema, in Germania e arrivarono a Melbourne il 7 novembre 1950.

Il viaggio assistito, cioè gratis, da parte del governo australiano, doveva essere ripagato con due anni di lavoro e i Pimpini furono fortunati di essere assunti dal proprietario di un alberghetto di montagna. Dopo un paio d’anni si spostarono in città ed Enrico rientrava nel giornalismo, con slancio e giovialità, scoprendo anche di avere un ottimo talento come radiocronista, organizzatore di feste e animatore di gruppi sociali.

"L’arrivo a Melbourne di migliaia di giuliano-dalmati ed istriani", afferma Enrico, "mi invogliarono anche a prendere parte attiva nell’associazionismo, infatti sono stato tra i soci fondatori del Circolo dei Fiumani di Melbourne che all’inizio degli anni ‘60 contava fino a 500 iscritti. Ho fondato il mensile La Rivista Italiana e collaborato con il settimanale La Fiamma come responsabile editoriale per il Victoria. Contemporaneamente conducevo brevi trasmissioni bilingue dai microfoni di stazioni radio commerciali. Sono stato co-produttore del primo programma italiano di una emittente televisiva locale (Canale 0 Panorama Italiano). Mi è stato affidato dal governo australiano il compito di coordinare i programmi radiofonici in lingua italiana della radio pubblica SBS (Special Broadcasting Services). Sono passato nel 1993 alla direzione di Rete Italia, la stazione radiofonica che trasmette 24 ore al giorno, tutti i giorni della settimana e a diffusione nazionale. È una radio del complesso editoriale "Il Globo – La Fiamma – Rete Italia". Sono uscito dalla "forza lavoro" nel 1996 per andare in pensione".

Per una persona dinamica come Enrico l’inattività del pensionato era più un peso che una liberazione. Le vacanze nei luoghi preferiti, Cortina d’Ampezzo in Italia e Noosa in Australia, sono state brevi e quando è rientrato a Melbourne ha ripreso il suo posto negli studi di Rete Italia per condurre programmi di conversazione con il pubblico, infiorati da canzoni ripescate nel repertorio degli anni Cinquanta e Sessanta delle prime Sanremo.

Il pubblico è la vita per Enrico. Lo sente presente nel mormorio delle cuffie come se fosse davanti ai suoi occhi, nella luminosa cornice dello studio. Con il suo pubblico parla, consiglia, ride, scherza, racconta aneddoti di vita vissuta e ascolta. "La radio", afferma Enrico, "mi permette di entrare nella casa della gente e di far compagnia a tante persone sole. Mi sembra di avere una missione da svolgere, un ruolo sociale di importanza fondamentale. Vi è un numero altissimo di persone che hanno solo la radio per ascoltare una parola amica, nella loro lingua e con parole semplici che capiscono. Se poi si pensa che Rete Italia ha un bacino di ascolto di oltre 200 mila persone, si può capire come mi senta veramente investito da un compito importante".

In questo sessantennio di vita intensa a sfondo culturale e comunitario, c’è stata per Enrico una parentesi di lavoro in un settore altrettanto impegnativo, ma anche con una dimensione "turistica": tra il 1964 e il 1972 è stato il responsabile delle relazioni pubbliche per la compagnia di navigazione "Flotta Lauro" e direttore di crociera nel Pacifico con la navi "Angelina Lauro" e "Achille Lauro"; e tra il 1974 e 1976 ha diretto le crociere di due unità sovietiche. Quando le navi arrivavano ai porti europei a Enrico e Antonietta (anche lei impiegata dalla flotta) veniva offerta la possibilità di una breve vacanza e alcune volte si sono recati a Fiume.

"Il ritorno in quella città", ricorda Enrico, "aveva il sapore di un sogno in un presente completamente estraneo e una ricerca del passato in angoli quali l’ospedale civile dove s’era venuti alla luce e della chiesa dei Cappuccini dove gli odori erano rimasti quelli del giorno della prima comunione. Ma c’è ancora il mio mare, il profondo Quarnero, dove a immergersi anche per pochi istanti si ritorna alle sensazioni di appartenenza, quasi cancellate dagli anni e dalla nuova lingua degli attuali abitanti di Fiume".

Enrico ha ricevuto nell’agosto 2009 l’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine della Stella della Solidarietà dal governo italiano con la seguente motivazione: Popolarissimo giornalista e ideatore-conduttore di programmi radiofonici, svolge da numerosi decenni un’instancabile attività di intrattenimento e informazione socialmente preziosa per la numerosissima comunità italiana, alimentando l’attaccamento della comunità verso l’Italia e i suoi valori". (aise)  

(courtesy MLH)

0 Condivisioni

Scopri i nostri Podcast

Scopri le storie dei grandi campioni Giuliano Dalmati e le relazioni politico-culturali tra l’Italia e gli Stati rivieraschi dell’Adriatico attraverso i nostri podcast.