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Il cimitero di Cosala emblema di fiumanità – 31ott13

“All’ombra dei cipressi e dentro le tombe, confortate dal pianto dei vivi, forse la morte è meno crudele?” Secondo Ugo Foscolo, per il defunto una tomba, una lapide che distingua le sue ossa dalle tante sparse dovunque, non serve a niente se non a nutrire l’illusione di un uomo di poter rimanere vivo nel ricordo dei vivi, dei suoi cari. Nell’epoca in cui il Foscolo componeva il suo carme una legge (l’Editto di Saint Cloud, in Francia del 1804) intendeva imporre l’allontanamento dei cimiteri dalle città e tombe tutte uguali, arrivando così a negare l’illusione di cui si parlava prima e la giusta memoria a chi indubbiamente la meritava.

La storia del Novecento fiumano, con le sue drastiche, drammatiche rotture interrompe la suggestiva “corrispondenza di amorosi sensi” tra i vivi e i morti già cantata dal poeta italiano, che si perpetrava al Cimitero di Cosala.

È la nostra memoria che rischia di sbiadire, irrimediabilmente. In un mucchio di 2.600 tombe il cui status è in predicato o da accertare ci sono anche quelle dell’ingegner Giovanni Biagio Luppis, l’inventore del “salvacoste” (siluro) e di Smith&Meynier&Gunft, alias, i primi due, delle famiglie degli imprenditori della Cartiera fiumana, l’inglese Walter Crafton Smith e Charles Meynier, noto disegnatore. Non ci sono gli eredi, le tombe potrebbero finire sul mercato. A tale proposito l’azienda municipalizzata “Kozala” ha cercato l’aiuto del Consolato Generale della Repubblica Italiana e del Consolato d’Austria. Le tombe Luppis e Smith& Mexnier&Gunft sono state classificate dalla Soprintendenza per i beni a Fiume come patrimonio ambientale e non monumentale, per cui non sono state poste sotto tutela individuale né sono state fornite delle indicazioni precise, da parte degli esperti, sui resti delle persone che in esse sono state sepolte.

Si può fare qualcosa? È un problema che si trascina da anni, difficile, che si acutizza con il passare del tempo, con il mancato rinnovo del canone, con l’assenza di nuove sepolture. Ci vorrebbero risorse, e anche ingenti, che non ci sono. Orietta Marot, presidente del Consiglio della minoranza italiana della Regione Litoraneo-montana, ha deciso di muoversi. Agendo per il momento su tre fronti: informare e sensibilizzare l’opinione pubblica sulla questione, documentare lo stato attuale delle cose e, infine, individuare le personalità importanti per la fiumanità e per la città, nonché le tombe da conservare.

Racchiude infatti in sé tutti e tre i momenti la mostra “Fiumani all’ombra dei cipressi”, che il citato Consiglio allestisce a Palazzo Modello – con il supporto dell’Istituto Nazionale Confederale di Assistenza INCA GIL e l’adesione del Consolato Generale d’Italia a Fiume – e che si inaugura domani 31 ottobre alle ore 18.

Un progetto che ha coinvolto quattro studiosi di diverso profilo, ma animati da un comune sentire: l’amore per la città, il suo patrimonio artistico, culturale e storico, e la volontà di preservarlo, di promuoverlo. C’è lo storico dell’arte Daina Glavočić, che sulla spinta anche della compianta Radmila Matejčić [senza dimenticare il corposo volume di Anita Antoniazzo Bocchina, edito nel 1995 da Aldo Ausilio Editore di Padova, ndr]era arrivata a occuparsi del cimitero monumentale di Cosala e a contribuire alla monografia pubblicata per il 130.esimo di quest’ultimo (curata da Velid Đekić, con gli scatti di Egon Hreljanović, saggi di Irvin Lukežić, Nenad Labus, Rastko Schwalba, Dobrila Kraljić, Ivan Šugar e contrbuti di Tatjana Dunatov e Laura Marchig).

Ci sono pure Irvin Lukežić, che da anni studia i fiumani illustri, e i connazionali Egon Hreljanović, fotografo, e Mauro Stipanov, pittore, che, tra l’altro, dal campo santo di Cosala ha tratto ispirazione per un ciclo di paesaggi “mistici”. Che cosa è stato fatto? Sono state fotografate oltre 1.500 tombe recanti epigrafi in lingua italiana; tra queste sono state selezionate prima 800, poi 300 e infine una ventina di immagini da esporre al pubblico come rappresentative, esplicative del valore di questi beni nel loro insieme.

“Visti i modesti mezzi di cui disponiamo, il nostro è solo un segnale simbolico, una testimonianza fotografica di quello che troviamo oggi in questo luogo di riferimento per la fiumanità, dove ancora si ha l’occasione di sentire parlare il nostro dialetto”, ci dice Orietta Marot, e aggiunge: “Ho contattato diverse istituzioni, le ho informate del progetto e sono convinta che unendo le forze riusciremo, magari in parte e nel tempo, a salvare parte della storia del nostro tanto caro cimitero”.

La Marot ha scritto al Libero Comune di Fiume in Esilio – che avvalendosi della legge 72/2001 e sue modifiche, ha in corso d’opera il restauro di alcune tombe di notabili fiumani –, alla Società di Studi Fiumani e all’Archivio-Museo Storico di Fiume a Roma, al Centro di Ricerche storiche di Rovigno, all’Istituto Regionale per la Cultura Istriano-fiumano-dalmata di Trieste e al Consolato Generale d’Italia, che circa sei mesi fa è stato contattato dalla municipalizzata che gestisce il cimitero alla ricerca dei recapiti degli eredi delle tombe. “Il cimitero comunale di Cosala è considerato patrimonio culturale però, nonostante l’impegno delle istituzioni, sono riscontrabili da un lato diversi segni di fatiscenza e dall’altro lato numerose tombe e nicchie senza eredi o semplicemente antiche, che rischiano l’esproprio, cosa fatta manifesta da un tagliando apposto alle lapide che intima il pagamento del rinnovo del contratto – prosegue la Marot –.

Il tema del cimitero è particolarmente sentito e delicato, le tombe hanno un valore intrinseco per la città, sono un ricordo, un legame affettivo, ma sono soprattutto una testimonianza. Non possiamo permettere un ulteriore deperimento”, ribadisce. “Il passo successivo sarà andare a parlare con la direttrice del Cimitero, Nives Torbarina, e spero in futuro di trovare delle soluzioni. Per tombe abbandonate, e quindi che potrebbero venir messe in vendita, si intendono quelle per le quali nessuno da oltre 10 non paga il canone, oppure non sono state effettuate nuove sepolture da 30 anni per le nicchie e 15 per le tombe”.

“Ho aderito all’iniziativa con entusiasmo, del resto è una tematica che mi appassiona, che seguo da quella tavola rotonda sull’argomento che si tenne alla Comunità degli Italiani di Fiume nel 1964”, rileva Daina Glavočić. “È un fenomeno che riguarda solo Cosala (nel Fiumano, ndr) e che si ricollega alla vicenda dell’esodo, di quei fiumani che per tanti motivi a lungo non se la sono sentita di tornare, ma anche alla multiculturalità della città. Dobbiamo tutelare questo patrimonio, soprattutto ora che di fronte alla dilagante globalizzazione c’è il bisogno sentito di un ritorno alle origini, di ricerca delle radici della propria identità”, precisa la studiosa.

Quali sono stati i criteri di selezione adottati per la mostra? “Abbiamo cercato di raggiungere un equilibro tra diversi fattori che ci hanno fatto da guida, da quello estetico al significato artistico-architettonico alla dimensione storica dei proprietari delle tombe, personaggi chiave per il loro apporto nei vari campi, per la città e il suo sviluppo”. A Irvin Lukežić è spettato il compito di tratteggiare le loro biografie.

Ilaria Rocchi
“la Voce del Popolo” 30 ottobre 2013

 

 

 

Fiume, Cimitero di Cosala: la tomba di Charles Meynier (foto www.lokalpatrioti-rijeka.com)

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