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I pifferai di un’impossibile riconciliazione (Il Piccolo 04 gen)

LETTERE

Si avvicina il 10 febbraio, Giornata del Ricordo. Finora le istituzioni e i media italiani hanno focalizzato l’attenzione solamente sull’Esodo e le Foibe, vergogne prevalentemente sloveno-croate. Si è così potuto perpetuare la cortina di silenzio dietro alla quale sono tuttora tenuti prudentemente nascosti oltre 60 anni di mostruose nefandezze italo-jugoslave, rispetto alle quali la responsabilità morale dell’Italia è esclusiva, e pertanto assolutamente odiose e imperdonabili.

Gli esuli continueranno a rivendicare con «rancorosa» (?) insistenza il loro inalienabile diritto naturale al ritorno nella loro terra e nelle loro case. Per rabbonire gli insoddisfabili popoli «vicini e amici» si sono mobilitati, senza mandato o titoli, i pifferai della «riconciliazione a costo zero». Con logica da «vu’ cumprà», essi pretendono di tacitare il popolo istriano con un generico «trilaterale gesto di buona volontà», finanche «solo con un fiore», affinché subito dopo, felicemente rappacificato da tanto onore, esso tolga il disturbo ed esca definitivamente dalla storia.

Il dizionario Treccani insegna che «riconciliazione» significa «rimettere d’accordo, far tornare in pace, in buona armonia» due o più soggetti precedentemente tra di loro in lite, previa riparazione dei rispettivi torti o colpe. In realtà il popolo istriano ha una sola «colpa»: quella di non aver nessunissima colpa da farsi perdonare da chicchessia, e men che meno da sloveni, croati o italiani. Ma secondo sloveni e croati il credito che essi vantano verso l’Italia resta sempre ben maggiore delle loro «eventuali» colpe per la pulizia etnica degli istriani (da loro mai ammessa in quanto si tratterebbe di optanti o emigranti volontari!): perché il fascismo e la guerra di aggressione sono colpe inestinguibili!

Gli «smemorati di Lubiana e Zagabria» dimenticano quanto dice l’art. 80 del Trattato di pace: «Le Potenze Alleate e Associate dichiarano che i diritti a esse attribuiti… dal presente Trattato esauriscono tutte le loro domande e le domande dei loro cittadini per perdite o danni risultanti da fatti di guerra, ivi compresi i provvedimenti adottati durante l’occupazione dei loro territori, che siano imputabili all’Italia…». Tutto ciò è costato, fra l’altro, la cessione di 8000 kmq di territorio italiano, con tutto quanto sopra edificato! 350.000 esuli, 125 milioni di dollari /oro per danni di guerra, ecc. A già tanto vanno aggiunti gli enormi vantaggi che la Jugoslavia ha conseguito non solo con i nefasti Memorandum del 1954 e Trattato di Osimo del 1975, ma anche con decine di «trattati ineguali» italo-jugoslavi, anche questi pagati con la pelle e i beni degli istriani, mentre nessuno degli infiniti torti da noi subiti viene ammesso né tanto meno riparato! Per quanto riguarda le colpe civili, politiche e nazionali del fascismo – di cui anche gli istriani sono stati vittime –, per gli slavi esse sono state sanate fin dal 1945. Forse qualcosa cambierà quando uno dei tanti ex gerarchi comunisti ancora al potere a Lubiana o a Zagabria, ammetterà che non solo il fascismo ma anche il comunismo è stato un «male assoluto».

La sola vera riconciliazione sarebbe quella determinata da una ferma volontà nata da un sincero pentimento di riparare integralmente e in tempi rapidi tutti i danni, morali e materiali, inflitti al popolo istriano dalle istituzioni di Italia, Slovenia e Croazia. Purtroppo esse hanno sostituito «la forza del diritto», fondamento dell’Europa civile, con «il diritto della forza e della furbizia», dimostrando così di appartenere a una Europa minore.

Appare significativo il «gesto» sloveno che ha visto proprio nel Giorno del Ricordo del 2008 la polizia slovena intimidire e multare ripetutamente e illegalmente ultrasettantenni esuli istriani, illusisi che, con l’ingresso della Slovenia nell’Ue e poco dopo la «festosa» caduta dei confini, fosse finalmente possibile recarsi in corriera a depositare un fiore sulla foiba di Roditti e davanti alla «Villa triste» di Capodistria, dove l’Ozna aveva infierito dal 1945 contro tanti capodistriani sospettati di non essere filo-jugoslavi.

È dunque cieco chi non vede come una volta completato il genocidio del popolo istriano esso fatalmente finirà per costituire un ingombrante e inamovibile macigno sulla strada che doveva portare alla fraterna e proficua intesa tra i nostri popoli: allora sarà a tutti evidente che sulle sponde dell’alto Adriatico ha vinto una prevaricante logica tribale balcanica. Con un solo vantaggio: non dovremo più subire le odierne stentoree litanie dei nostrani pifferai, fautori di una assurda riconciliazione del popolo istriano con i tre cavalieri della Apocalisse che lo stanno martirizzando.

Massimiliano Lacota, presidente dell’Unione degli Istriani

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