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Hansen interviene su Sanremo News

Al Direttore Sanremo News
Sig.Carlo Alessi

Si legge sul sito «www.sanremonews.it» l’intervento del 12 febbraio scorso del signor Andrea Gandolfo sul Giorno del Ricordo, con il quale egli ritiene di fornire alcuni «dati oggettivi» sulla questione del confine orientale nell’arco dei tragici anni del secondo conflitto mondiale. Non sono noti suoi studi specifici sull’argomento, peraltro estremamente complesso, tant’è che il suo commento non è suffragato – come sarebbe d’obbligo per uno storico di professione – da fonti e riferimenti bibliografici puntuali, facendo egli riferimento generico a «fonti slovene e jugoslave» e a «fonti tedesche e italiane» e ad una serie di numeri non riscontrati. In realtà, l’intervento in questione sembra ricalcare semplicemente le vecchie tesi giustificazioniste, se non negazioniste, già care al regime comunista jugoslavo ed oggi riecheggiate dai suoi tardi epigoni, sopravvissuti al crollo delle ideologie totalitarie del Novecento.

Al signor Gandolfo sfuggono con ogni evidenza le ragioni che hanno condotto nel 2004 il Parlamento italiano all’approvazione, pressoché all’unanimità di centro-destra e di centro-sinistra, della legge istitutiva del Giorno del Ricordo, segno della maturazione, nella sinistra riformista, di una consapevolezza storica finalmente libera dai dogmi imposti dalle passate obbedienze politiche.

Allo stesso modo, si dovrebbe ricordare, nella genesi degli eventi che ha portato le istituzioni italiane a riconoscere formalmente il dramma della popolazione italiana autoctona della Venezia Giulia e della Dalmazia, il grande dibattito sul tema scaturito negli anni Novanta all’interno della stessa sinistra e sui maggiori organi di stampa nazionali, con gli interventi – fra i molti altri – di intellettuali e storici come Claudio Magris, Gian Enrico Rusconi, Ernesto Galli della Loggia, Paolo Simoncelli, per citarne soltanto alcuni. Sembra che il signor Gandolfo non abbia notizia dell’ormai vasta bibliografia storica prodotta da diverso tempo dai migliori studiosi dell’argomento (Marina Cattaruzza, Giuseppe de Vergottini, Gianni Oliva, Giuseppe Parlato, Raoul Pupo, Guido Rumici, Fulvio Salimbeni, Roberto Spazzali) storici di formazione e orientamento diversi ma accomunati dal rigore dell’indagine e dalla libertà dai condizionamenti ideologici che hanno minato per oltre 60 anni la conoscenza di quegli eventi.

Circa l’occupazione italiana della provincia di Lubiana, l’Italia repubblicana ne ha doverosamente ed ampiamente fatto ammenda, così come di tutta la politica condotta dal fascismo nei territori allogeni (al pari di altri Paesi europei a quel tempo, come la Francia a partire dal 1919, il che ovviamente non stempera la condanna della nostra coscienza contemporanea). Una equilibrata visione del contesto dovrebbe prevedere anche la cospicua entità del collaborazionismo offerto da molti ambienti sloveni alle autorità italiane e soprattutto tedesche, le quali organizzarono i reparti militari locali sul modello germanico. Attenzione e rispetto si dovrebbe, per altro verso, alla Resistenza giuliana (liberale, cattolica, repubblicana, socialista) antifascista ma nettamente contraria all’annessione di quei territori, storicamente a maggioranza italiana, alla Jugoslavia di Tito, che ne aveva unilateralmente proclamata la destinazione a conflitto ancora in corso e dunque ben prima di ogni trattativa di pace. Gli esponenti di quella Resistenza patriottica pagarono con la vita i sentimenti di italianità: dagli autonomisti di Fiume (Mario Blasich, Giuseppe Sincich, Mario Skull ed altri) agli esponenti del CLN goriziani Licurgo Olivi (socialista) e Augusto Sverzutti (Partito d’Azione), tutti potenziali rappresentanti della rinata democrazia italiana che al disegno annessionistico jugoslavo avrebbero opposto le ragioni del diritto internazionale e della democrazia liberale.

In ultimo, è necessario, evidentemente, ricordare gli interventi dei Presidenti Ciampi e Napolitano susseguitisi dal 2006 ogni 10 Febbraio in occasione della solenne cerimonia al Quirinale, nel corso della quale vengono insigniti di un’onorificenza (gratuita per lo Stato) i congiunti delle vittime degli infoibamenti e delle deportazioni nei campi di concentramento jugoslavi, avvenuti ben oltre la fine della guerra. Ad entrambi i Capi dello Stato dobbiamo pronunciamenti di grande valore storico e morale, riportati puntualmente dai mass media nazionali e non solo, che tanto più acquistano rilievo in quanto provengono da esponenti di incontestabile formazione democratica, dei quali nessuno, crediamo, vorrà contestare la legittimità e la credibilità.

Tanto più preziosi, quegli interventi, in quanto sottraggono finalmente il sacrificio delle genti istriane, fiumane e dalmate – di ogni ceto sociale e di ogni orientamento politico – alle manipolazioni di una lettura vetero-ideologica della storia che sposta e fraintende arbitrariamente la centralità del tema oggetto della legge istitutiva, l’esodo di centinaia di migliaia di italiani, per lo più autoctoni, dal loro territorio di antico insediamento storico.

Patrizia C. Hansen, Addetto stampa ANVGD

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