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grandain.com – 180507 – Cuore Alpino a Cuneo

Quante mai saranno le bandiere tricolori di un’Adunata Alpina? Nessuno le ha contate, ma tutti sanno che quelle migliaia di vessilli, grandi e piccoli, sono il simbolo di un’immensa anima collettiva, in cui tutti gli Alpini si riconoscono senza distinzioni di gradi e di ruoli. In questo caso, il tricolore italiano non è retorica, ma simbolo degli autentici valori di sano patriottismo e di profonda umanità consolidati da 135 anni di storia, in cui gli Alpini hanno sempre creduto, nella buona e nell’avversa fortuna.

L’Adunata Alpina, da un anno all’altro, è testimonianza di fede e di amicizia, basi sicure di una vera ricchezza spirituale e morale, tanto più apprezzabile in un mondo come quello di oggi in cui tutto va di fretta, nella sterile rincorsa dell’edonismo fine a se stesso. Proprio per questo, costituisce sempre un’emozione che si rinnova e che diventa sempre più viva, sia per gli Alpini, sia per tutti coloro che hanno la fortuna di condividerla: la difesa dell’altruismo, della gratuità e dell’impegno civile nella gretta epoca dei consumi elevati a sistema, coinvolge, commuove e conquista.

A Cuneo, città civile ma non per questo meno partecipe, l’appuntamento si è rinnovato con forte entusiasmo e manifestazioni di passione vibrante, condivise da uno straordinario concorso, in apparenza di folla, ma nella sostanza, di 450 mila cuori. Come non avvertire un nodo alla gola, al cospetto di un reduce della campagna d’Abissinia e dei superstiti di quelle d’Albania e di Russia? Come impedire il toccante turbamento indotto dalle memorie della Grande Guerra, con le crocerossine, le portatrici, le salmerie e gli indicibili sacrifici dell’Arma Alpina? Come non provare partecipe gratitudine per i ragazzi che si prodigarono nel nobile volontariato per il Vajont o per i terremotati del Friuli e dell’Irpinia? Come non ammirare i ragazzi di oggi, missionari di pace in tante contrade del mondo?

Coi loro cori e le loro fanfare, ma nello stesso tempo, con la loro disciplina e semplicità, gli Alpini sono in grado di impartire parecchie lezioni, a cominciare da quella che permette di coniugare al meglio il nobile sentire con il forte agire: cosa non semplice che richiede, innanzi tutto, una profonda onestà ed una straordinaria pulizia morale, di cui è specchio quella fisica, unitamente al rispetto per l’ordine e per le cose.

Per dirla con un aforisma d’epoca ma sempre attuale, se gli Alpini non fossero esistiti si sarebbe dovuto inventarli. In ogni caso, debbono essere apprezzati, non solo per la grande storia di cui sono stati protagonisti dall’Africa alle Dolomiti o da Perati a Nikolajewka, ma nello stesso tempo, per la matura consapevolezza civile con cui hanno accettato la recente trasformazione del Corpo in unità specializzate su base volontaria: cosa che non pregiudica le vocazioni tradizionali, ed in qualche misura le corrobora, come dimostrano le presenze in Afghanistan e nel Kosovo, improntate a spirito di servizio, e nello stesso tempo ad una ragionevole duttilità che non è segno di debolezza ma di intelligenza.

Il Cuore Alpino è sempre giovane, e l’Adunata di Cuneo, ammesso che ve ne fosse bisogno, lo ha confermato ancora una volta, portando alla ribalta un’Italia profonda da additare ad esempio per le ragioni etiche da cui è sorretta, ma nello stesso tempo, per l’organizzazione e per la tradizionale autonomia operativa, nell’ovvio rispetto istituzionale. Ecco un monito da memorizzare, e naturalmente, da meditare.

E’ un insegnamento che trascende latitudini e longitudini ed annulla quasi miracolosamente le distanze: altrimenti, come avrebbero potuto sfilare gli Alpini emigrati in Argentina od in Australia, in Canada o negli Stati Uniti, in Scandinavia od in Brasile? E come potrebbero farlo, a 60 anni dall’esodo, gli Alpini di Fiume, Pola e Zara, preceduti, al pari di tutti gli altri, da quelli che sono “andati avanti “? E’ un insegnamento che vale la pena di rammentare a quanti hanno potuto apprezzarlo, ma soprattutto, di illustrare a tutti coloro che, spesso non per colpa propria, continuano ad ignorarlo: una mancanza da cancellare con solerzia nel comune interesse, perché quella degli Alpini è proprio una lezione di vita.

Carlo Cesare Montani

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