Gorizia ricorda i nomi di altri deportati dai titini durante l’occupazione del 1945

Ancora una volta, in occasione dell’inaugurazione del nuovo Lapidario nel Parco della Rimembranza di Gorizia, è stato ribadito da tutte le autorità presenti quanto da sempre la nostra Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, la Lega Nazionale e il Comitato dei congiunti dei deportati in Jugoslavia continuano a ripetere, anche se per troppi decenni la loro voce è rimasta inascoltata.

Finalmente i colpevoli vengono indicati in modo esplicito: come ha affermato infatti Luca Urizio, Presidente della Sezione di Gorizia della Lega Nazionale, il nuovo monumento è «un’occasione per dire basta agli “omissis”». Per questo motivo, sulla targa c’è scritto “Nel ricordo delle tante vite spezzate dalle deportazioni in Jugoslavia per mano di partigiani comunisti filo-Jugoslavia – Il loro sacrificio sia da invito a vivere in un clima di pacifica convivenza – Ad imperitura memoria”.

Effettivamente, la verità è emersa da tempo, non c’è più spazio per menzogne ed omissioni: testimoni, storici, uomini politici, capi di Stato italiani e sloveni sono concordi nell’affermare che le violenze, le deportazioni di cittadini inermi,  i crimini commessi nelle ultime fasi del secondo conflitto mondiale e poi proseguiti a guerra finita da parte dei partigiani comunisti rientravano in un piano preordinato per eliminare, in via preventiva, oppositori veri o presunti e chiunque potesse costituire un ostacolo per il regime comunista che si stava instaurando.

Concetti sintetizzati in modo particolarmente efficace più volte dal presidente Sergio Mattarella, ed in particolare il 9 febbraio 2020 : ”Queste terre, con i loro abitanti, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, conobbero la triste e dura sorte di passare, senza interruzioni, dalla dittatura del nazifascismo a quella del comunismo. Quest’ultima scatenò, in quelle regioni di confine, una persecuzione contro gli italiani, mascherata talvolta da rappresaglia per le angherie fasciste, ma che si risolse in vera e propria pulizia etnica, che colpì in modo feroce e generalizzato una popolazione inerme e incolpevole.

Un’ondata di violenze che colpì intere famiglie, compresi una sessantina di bambini e ragazzi con un’età compresa tra 0 e 17 anni che vennero uccisi dai partigiani jugoslavi o  filo-jugoslavi, rintracciati tra la Venezia Giulia, l’Istria e la Dalmazia, dal 1945 in poi.

Da anni sappiamo che a Gorizia e Trieste, come in tutta la Slovenia, in innumerevoli località, da Laško e Huda Jama, a Maribor, a Kočevski rog, dopo la fine della guerra si susseguirono senza sosta esecuzioni sommarie di massa di prigionieri di guerra e di civili: sloveni, croati, tedeschi e italiani, uomini e donne, di ogni età, compresi bambini e adolescenti. Una barbarie testimoniata anche dai circa cento ragazzi tra i 15 e i 17 anni, trascinati sull’orlo della voragine di Kočevski rog e fucilati, uccisi secondo il criminologo Pavel Jamnik per responsabilità dell’Ozna, la polizia segreta jugoslava.

La Commissione istituita dal governo della Repubblica della Slovenia per indagare sulle stragi delle vittime del comunismo, dopo aver individuato circa 600 fosse comuni, che per decenni hanno nascosto le salme di 90 mila vittime che non avranno mai un nome, ha sottolineato che “a quel tempo, gli omicidi di migliaia di persone in pochi giorni sarebbe stato impossibile da organizzare senza il sostegno delle più alte autorità politiche e militari della Jugoslavia.” (Mitja Ferenc, docente di storia all’Università di Lubiana, membro della Commissione)

Per quanto riguarda i deportati dalla nostra città, le loro famiglie non hanno una tomba dove piangerli e poter portare un fiore, perché sono “scomparsi”, oltre confine. Scomparsi nel nulla, ma non dalla memoria dei loro cari e della comunità civile, di chi non teme di denunciare anche questi come crimini contro l’umanità, in particolare quelli avvenuti non in un contesto di guerra ma a guerra finita, non contro militari che imbracciavano le armi, ma contro inermi civili.

Accanto al Lapidario eretto nel 1985, con i nomi dei 665 deportati già identificati, ora, dopo quasi ottant’anni, ci sono i nomi di altre 97 vittime e, finalmente, questa volta c’è il riferimento a coloro che furono i responsabili della loro morte.

Maria Grazia Ziberna
Presidente del Comitato provinciale di Gorizia dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia

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