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Gli Stock, un pezzo di Trieste nel mondo (Il Piccolo 25 ott)

di PIETRO SPIRITO

C’è aria di mito nella storia della famiglia Stock. Liliana Stock Weinberg, ultima rappresentante del ramo che discende direttamente da Lionello, il padre del brandy più famoso del mondo, è una giornalista e una scrittrice (cinque volumi all’attivo, l’ultimo dei quali il saggio dal titolo “L’Unità d’Europa. Storia di un’idea”, 2006), abituata perciò, come tutti i narratori, a cercare nelle vicende di questo mondo un tratto mitico, che fa epopea. Avventura, intuito, generosità, fortuna sono gli ingredienti delle grandi storie, specie se cominciano male. E quella della famiglia Stock inizia con una rapina lungo una mulattiera nella foresta di Planina, al confine con l’altopiano carsico. Siamo alla fine del Settecento, e un giovane ebreo di nome Lazzaro Stock sta attraversando la foresta per raggiungere Trieste. Giorni prima ha lasciato la sua città natale, Francoforte, perché sa per certo che laggiù, in cima all’Adriatico, si fanno soldi a palate. Chiuso il negozio di gioielli ereditato dal padre, messi in una borsa i migliori gioielli per avere un buon capitale di partenza, Lazzaro ha preso la via di Trieste. Dopo giorni di viaggio, arrivato nella foresta di Planina, in quella che ancora oggi è nota come ”gola dei ladroni” Lazzaro viene aggredito e depredato dai briganti. Riuscirà ad arrivare a Trieste, ma pesto e senza un soldo. Potrebbe essere la fine di un uomo e delle sue speranze, invece è l’inizio della fortuna di una famiglia.
«Lazzaro – racconta oggi la sua diretta discendente Liliana Stock – non riuscì mai a risollevarsi dalla sfortuna, e non ebbe nemmeno la possibilità di avere cariche all’interno della Comunità israelitica di Trieste, visto che era considerato un forestiero». Sarà invece il figlio di Lazzaro, Abramo, a riscattare il genitore. Nel 1844 Abramo, all’età di appena 14 anni, lascia Trieste e si avventura verso la Dalmazia, fino a Spalato. Qui lavora come apprendista nel magazzino di telerie di Leone Valenzin, insegnante di ebraico nella Comunità spalatina. Un giorno entra nel negozio la figlia di Leone, Gentile, ragazza bella e dallo sguardo dolce, e Abramo se ne innamora perdutamente. La sposerà solo dopo aver compiuto 18 anni, al termine di un lungo e implacabile corteggiamento. Sarà un matrimonio solido e felice, con dodici gravidanze, dieci delle quali andate a buon fine, in un’alternanza geometrica di figli biondi e bruni. E tra i figli di Abramo sarà il secondogenito, Lionello, a gettare le basi di un ricco futuro.

Compiuti 14 anni, Abramo spedisce Lionello a Trieste, affidandolo alle cure del rabbino Melli e delle sue premuorse figlie. Lionello Stock si iscrive all’Accademia del Commercio, che termina in quattro anni. Dovrebbe tornare a Spalato, ma indugia a lasciare a Trieste. Assieme a un coetaneo, Carlo Camis, decide di avviare un commercio, quale che sia, e chiede mille fiorini di capitale al padre. Abramo glieli manda specificando che si tratta della dote delle sorelle, e che per favore restituisca la somma quanto prima. La ditta ”Camis & Stock” inzia un’attività di compravendita di un po’ di tutto, in particolare ombrelli e copricapi. Poi, un giorno, Lionello Stock nota che in porto c’è un gran traffico di vino dalla Dalmazia verso la Francia. È successo che un parassita, la peronospera, sta distruggendo le viti di mezza Europa. In particolare la regione di Charent, dove si produce il Cognàc, è tra le più colpite, ed è costretta a importare il vino dalla Dalmazia. Lionello ha l’intuizione di abbreviare la filiera: perché non distillare il vino direttamente a Trieste? Il socio è d’accordo, e presto i due giovani impiantano una prima distilleria a vapore a Barcola. Cominciano in sordina, Lionello deve più volte impegnare l’orologio per pagare gli operai, ma presto il distillato, invecchiato nelle botti del pregiato rovere della Slavonia, si fa strada. Il Cognàc triestino piace, tanto da guadagnarsi l’appellativo di ”Medicinal”. Lionello è poco più che ventenne quando le bottiglie con l’etichetta ”Stock” dalla grafia orientaleggiante si impongono sui mercati interni dell’Impero. Il giovane restituisce al padre la dote delle sorelle moltiplicata per tre, si divide, restando in amicizia, dal suo socio (che avvierà un’altra fortunata attività) e prosegue per la sua strada. L’impresa Stock esce integra sia dalla prima che dalla seconda guerra mondiale seguendo la filosofia hegeliana per cui «bisogna sempre muoversi, anche se poi le cose accadono né come si crede, né come si teme, né come si spera». Una filosofia diventata linea guida per tutta la famgilia Stock, compreso il fratello di Lionello, Gino, di 25 anni più giovane, il padre di Liliana Stock.

«A dire il vero – dice oggi Liliana – questa non mi sembra certo una storia eccezionale. Eccezionale è forse il fatto che, usciti nella stessa generazione dalla stessa famiglia, vari uomini, i fratelli Stock, abbiano percorso molta strada indipendentemente l’uno dall’altro; la famiglia infatti non si restringe a Lionello e Gino: il secondo figlio maschio Emilio dà inizio con successo a un’altra dinastia, quella della fabbricazione dei cementi; i suoi discendenti ancora oggi avendo fatto proprio il suo motto ”costruire è bello” producono tutto quello che vi è connesso». «Mio padre ha esercitato la professione medica – continua Liliana -, fu lui a fondare la casa di cura Igea, ed è sempre stato molto vicino a Lionello». Un’unità che ha permesso agli Stock di superare anche gli anni più difficili, quelli del secondo conflitto mondiale e della persecuzione ebraica. Nel 1938 tutta la famiglia fu costretta alla fuga. «Mio zio Lionello andò a Roma – ricorda Liliana – e noi, mio padre Gino, mia madre Otty Flaschner e mia sorella Renata, ci rifugiammo a Velletri, nascosti nella soffitta di un’amica». Furono anni durissimi: «Non riuscivo a capacitarmi del fatto di non poter più andare a scuola, non capivo perché dovevamo lasciare Trieste, la nostra amatissima città, che a un tratto si comportava come una matrigna».

Nei dolori della guerra almeno una fortuna: «In quegli anni – racconta ancora Liliana – a Trieste le case degli ebrei furono requisite e saccheggiate. Noi abitavamo in un bell’appartamento di via Romagna, che fu occupato da un alto ufficiale medico nazista». Quando l’ufficiale si insediò nell’appartamento, notò subito una fotografia che ritraeva il giovane Gino Stock ai tempi dell’Università a Vienna, in un gruppo di studenti tutti con il camice bianco. E fra quegli studenti si riconobbe lo stesso ufficiale: Gino Stock era stato suo compagno di corso. Il nazista diede allora ordine la casa fosse tenuta con il massimo della cura. «Così – ricorda Liliana – quando nel 1945 tornammo a Trieste non mancava nulla, neanche uno spillo. Mio padre ci fece notare che quello era un esempio di come la cultura può fare superare tutte le berriere».

Lionello morì nel 1948, il fratello Gino, che gli era succeduto alla guida della ditta, nel 1950. Negli anni l’albero geneaolgico degli Stock si era infoltito, allungando i suoi rami fino in America, mentre la ditta si sviluppò finché lo Stock divenne il brandy più venduto nel mondo. «Io ero la nipote prediletta di Lionello Stock – dica ancora Liliana -, e per 25 anni ho collaborato al Consiglio di amministrazione dell’azienda, fino a diventare vice presidente e poi presidente delle distillerie Stock International». «Quando la maggioranza decise la vendita dell’impresa- continua -, noi che facevamo parte di un piccolo gruppo di opposizione tentammo in tutti i modi di impedirlo. Constatata l’impossibilità di cambiare il corso delle cose abbiamo dovuto accettare il fatto di non avere più nessun legame con la Stock». «Da allora spiega Liliana -, mio marito Emilio, mio figlio Dany ed io abbiamo indirizzato la nostra attività in altra direzione: ottenere la permanenza della Stock a Trieste, mantenere vivo in città il nome del fondatore». La lista delle inziative è lunga: pubblicazione del libro scritto da Liliana sulla figura di Lionello (”Lionello Stock – Vita di un imprendiotre triestino”, Fachin editore), l’istituzione del Premio Lionello Stock per Giovani imprenditori innovativi, l’intitolazione a Lionello Stock della Scuola Media di Campi Elisi, la collocazione del ritratto di Lionello, dipinto da Maddalena Springer, alla Galleria del Museo Rivoltella, la conservazione a Trieste per merito Fondazione CRTrieste della prestigiosa Collezione Stock e l’Arte, raccolta che stava per finire all’estero, creazione di una Fondazione Stock per gli Studi sulla coesistenza tra i popoli. «Per mantenere -conclude Liliana – l’aspetto più bello di tutta questa storia, quello che è il sogno di ogni uomo, l’universalizzazione del sua opera».

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