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Gli Economo, dall’Impero ottomano all’Emporio di Trieste (Il Piccolo 05 dic)

di PIETRO SPIRITO

Dalla finestra della casa di Salita Cedassamare si spalanca un’ampia vista sulla distesa azzurra del golfo. Dentro, nelle stanze del pianterreno, gli antichi arredi raccontano una storia che parte da lontano. Su un tavolo, l’edizione originale dell’«Historia antica e moderna, sacra e profana della città di Trieste» di Ireneo della Croce (1689) ricorda che quella storia partita dall’Impero ottomano arriva fin qui, a Trieste, e qui si ferma. Gabriella Economo, 81 anni, sfoglia gli album di fotografie con le immagini ordinate lungo lo scorrere di un paio di secoli e dice: «Io e mia nipote Elena siamo le ultime esponenti degli Economo». Ma anche se così sarà, in città rimarrà il segno profondo lasciato da sei generazioni di Economo, un segno che non è solo inciso nella facciata del palazzo di piazza Libertà che ne porta il nome, oggi sede della Soprintendenza, oppure nell’omonima via sulle Rive, o ancora nell’atrio dell’ospedale Burlo Garofolo. Il nome degli Economo resta inciso in profondità i quel tessuto sociale su cui è cresciuta la Trieste moderna.

Le radici della famiglia sono dall’altra parte dell’Adriatico, in Grecia. Laggiù, nella città di Edessa, in Macedonia, allora parte del dominio ottomano, nel 1750 nasce Andrea Giovanni Economo. Discende da una schiatta di proprietari terrieri e suo figlio maggiore, Giovanni, dà il via a una numerosa progenie. Dei suoi cinque figli, Giovanni Andrea (1790-1860) avrà a sua volta otto figli. Il maggiore di questi, anche lui Giovanni Andrea, nato nel 1834, verso la metà Ottocento si stabilisce a Braila, porto fluviale della Valacchia, nella Romania orientale, assieme a Bucarest il maggior centro commerciale dei principati romeni. Città portofranco come Fiume e Trieste, Braila è una terra piena di promesse sia per il commercio che per l’industria. Ma superata la metà del secolo XIX, Giovanni Andrea Economo, che nel frattempo ha sposato Elena Murati, di famiglia greca residente a Budapest, decide di emigrare verso nuovi lidi. Sceglie un altro portofranco, Trieste, dove già vive e lavora suo fratello Demetrio Andrea, e qui arriva nel 1872. Dopo l’apertura del Canale di Suez la città è in pieno fervore economico, e i due intraprendenti fratelli decidono di fare le cose in grande. Costruiscono un mulino a vapore, il primo a Trieste il più grande di tutta la monarchia imperiale, su modello di quelli ungheresi, i migliori del tempo. Il mulino macina grano e produce soldi: il frumento arriva da Braila, viene lavorato a Trieste, caricato sulle navi e rivenduto in grosse partite all’estero, fino in America, sgravato da dazi. Gli affari vanno a gonfie vele tanto che il mulino dà lavoro a trecento operai. Nel 1877 Giovanni Andrea si trasferisce con la famiglia definitivamente a Trieste, fa costruire il palazzo di Piazza Libertà su disegni dell’architetto Giovanni Scalmanini (l’edificio verrà acquistato dallo Stato solo nel 1973), e si afferma come uno dei maggiori industriali dell’Impero. Nel 1903 l’imperatore Francesco Giuseppe gli conferisce il titolo di barone per sé e i suoi discendenti, ma proprio quell’anno il mulino viene distrutto da un incendio. L’incidente non scalfisce le fortune di Giovanni Andrea, che dopo la morte del fratello Demetrio nel 1877 assume la direzione di tutte le società e si lancia in una nutrita serie di avventure industriali. Prima fonda a Monfalcone, assieme ad altri soci, il Cotonificio triestino. Poi, a Trieste, impianta la Raffineria di olii minerali, e ad Hrastnigg, in Slovenia, una fabbrica di prodotti chimici e lo Iutificio triestino. Acquista nuove terre e soprattutto allarga la famiglia consolidando vincoli di solidarietà con la comunità greca. Dei suoi sette figli (due morti in giovanissima età) la primogenita Sofia sposa il ricco commerciante greco di Marsiglia Polybo Zafiropulo, il secondogenito, Demetrio, convola a nozze con Eugenia Ralli, di Londra, figlia di sir Luca Ralli, baronetto e a capo della grande casa commerciale Ralli Brothers. Gli altri due figli penseranno invece a cementare – come facevano altre grandi famiglie del tempo – l’élite triestina con quella austriaca: Costantino, destinato a diventare valente scienziato, sposerà la principessa Lili von Schönburg-Hartenstein, mentre Leonida, porterà all’altare la bellissima principessa Wilhelmina von Windischgraetz.

Siamo agli albori del Novecento, e presto i baroni Economo, in particolare Demetrio e Leonida, entrano nei gangli del potere economico triestino ricoprendo le alte cariche di direttori e consiglieri di amministrazione in una lunga lista di enti e compagnie. I due fratelli compaiono ai vertici della Banca commerciale triestina, della Banca popolare triestina, delle Assicurazioni Generali, della Riunione Adriatica di Sicurtà, della Spremitura olii vegetali, della Società triestina tramway, di varie fabbriche di iuta, torrefazioni, società ferroviarie, e persino nella Società degli alberghi di Opicina. In più gli Economo contano un numero indefinito di onoreficenze pubbliche.

Cittadini austriaci, allo scoppio della Grande guerra i baroni Economo scendono in campo sotto le insegne dell’aquila bicipite. Giovanni, il più giovane dei fratelli, in predicato per una promettente carriera diplomatica, parte volontario e viene ucciso nel 1916 sul fronte dell’Isonzo. Leonida è in trincea come luogotenente del feldmaresciallo barone Svetozar Boroevic von Bojna, il Leone dell’Isonzo, mentre Costantino, senza accantonare gli amati studi di medicina, diventa un temerario aviatore, e prima combatte sui cieli della Venezia Giulia, quindi viene inviato come medico militare alla clinica di Wagner von Jauregg a Vienna (ed è lì che studierà l’encefalite letargica, iscrivendo per sempre il suo nome nell’albo d’oro della scienza medica).

La sconfitta dell’Austria-Ungheria non sconfigge gli Economo. Leonida e i suoi fratelli, decorati per il loro coraggio vestendo la divisa da ufficiali austriaci, salutano il passaggio di Trieste all’Italia senza battere ciglio. «Così come sono stato un buon cittadino austriaco, così sarò anche un buon cittadino italiano», sentenzia Leonida, che pochi anni dopo il conflitto vedremo partecipare a battute equestri di caccia assieme al Duca d’Aosta.

Intanto alle fortune imprenditoriali della famiglia si affianca un’intensa attività benefica. Cinque fondazioni, intitolate quattro a Demetrio, Sofia, Giovanni, Giovanni Andrea e una a favore dei lavoratori, versano borse di studio e proviggioni a sostegno di orfani, vedove, studenti indigenti oltre alla promozione di opere letterarie e artistiche per la comunità greco ortodossa.

Allo scoppio della seconda guerra mondiale dei sette fratelli Economo sono rimasti solo Leonida e Demetrio. Il primo ha avuto dalla principessa Guglielmina quattro figli, Giovanni, Cristiana, Carolina e Gabriella, mentre dal matrimonio fra Demetrio e Eugenia Ralli sono nati Jack, Elena e Maria Nora. I primi due sono destinati a una tragica fine: Jack muore di polmonite nel 1930, mentre Elena, che ha sposato il conte austriaco von Trauttmansdorf, verrà fucilata dalle SS naziste nel 1945 assieme al marito, esponente della resistenza in Austria. Invece Giovanni, primogenito di Leonida, che ha combattuto in Africa, tornerà vivo dalla guerra e dalla prigionia in India.

«E ormai siamo arrivati quasi ai nostri giorni», dice Gabriella Economo nella sua casa di Cedassamare. «Mio padre Leonida – continua Gabriella – morì nel 1952, non prima che il fratello Demetrio si adoperasse con le autorità alleate per l’ampliamento di quello che oggi è il Burlo Garofolo. Ricordo che si piazzò nell’entrata dell’ospedale e disse: ”Non me ne vado finché non avremo i soldi per iniziare i lavori”». Degli altri figli di Leonida, Cristiana ha sposato in Austria il conte Federico von Seilern-Aspang, dal quale ha avuto tre figli e dieci nipoti, che oggi vivono in varie città d’Europa, Carolina è rimasta nubile mentre dal matrimonio di Giovanni con Polissena Afenuli è nata Elena, l’ultima degli Economo. «Siamo stati una famiglia molto unita – conclude Gabriella -, una grande famiglia molto unita e che è sempre stata molto legata a Trieste».

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