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Fino all’ultimo respiro (Voce del Popolo 02 ott)

di Aljoša Curavić

Il mondo è inquinato, e noi ci siamo dentro, fino all' ultimo respiro.

Fino all'ultimo respiro, è il titolo di un bel film di Jan Luc Godard. È la storia di un truffatore, magistralmente interpretato da Belmondo. Perché fino all'ultimo respiro? Perché fino alla fine si è quello che si è, senza possibilità di scampo. Il personaggio principale della pellicola apprende di essere un malandrino leggendo i giornali, dove scrive che è braccato dalla polizia. Scopre dai giornali di essere arrivato all'ultimo respiro. Lo stesso succederà con noi, anche se, qua e là, qualche giornale mente, spudoratamente. Soprattutto quando si parla di inquinamento.

Da queste parti nessuno, a parte l'Alpe Adria Green, ha protestato in seguito alla notizia, lanciata dal direttore del direttorato governativo per l'Ambiente, Mitja Pavliha, che la Slovenia vorrebbe costruirsi da sola un rigassificatore, con tecnologie e approcci più sicuri di quelli che verrebbero usati in Italia. C'è stata qualche perplessità, anche da parte dei compagni di partito del direttore, ma nulla di più. Non c'è stata l'alzata di scudi della politica e della società civile, non c'è stato lo sdegno mediatico che assistiamo nei confronti dei rigassificatori progettati dall'Italia. Il sospetto è che l'ex giardino altoadriatico sia diventato un campo di battaglia per la supremazia energetica e lo sdegno della sparuta società civile ecologista slovena, perlopiù pilotata dalla politica, non sarebbe che fumo negli occhi dei cittadini. Speriamo di no. Anche perché siamo convinti che smentellare il progetto dei rigassificatori dei vicini di casa, per costruirne uno qualche metro più in qua, rischia di provocare una reazione a catena che farà crescere i rigassificatori come funghi, in un'ambiente ormai saturo e altamente inquinato. Perché questo è il vero problema. Nella cloaca altoadriatica si è ormai da tempo superata la soglia dello sviluppo sostenibile e una nuova guerra per il controllo delle vie energetiche, motivata da logiche nazionali e nazionaliste, rischia di mettere un'ipoteca non soltanto sulle generazioni future, ma anche su quella presente. La via da seguire dovrebbe essere quella delle sinergie comunitarie, dello smantellamento e dell'unione delle strutture industriali e portuali. Non serve leggere i giornali, ma basta guardare oltre la finestra per capire che ci sono troppi porti, troppe ciminiere, troppi materiali polverosi e troppe incognite inquinanti. La verità è che stiamo ormai inalando l'ultimo respiro.

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