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Esuli e debito pubblico (Il Piccolo 13 ott)

LETTERE

Mi riferisco alla pagina del «Il Piccolo» deò 22/9/2010 dedicata alla visita dell’on. Fini in Croazia e in particolare all’articolo intitolato «Il Presidente: ora riannodare anche i legami con gli esuli. L’abbraccio con i connazionali a Pola: Grazie per aver mantenuto l’italianità», nel quale Fini annuncia (a Pola) che «il Parlamento italiano si impegna a modificare la legge triennale sui finanziamenti alla minoranza italiana che risiede in Slovenia e Croazia, trasformandola in una norma di interesse permanente che dia certezza di fondi alle nostre comunità». Si tratta di una promessa che il Governo italiano probabilmente non potrà mantenere con l’attuale esorbitante debito pubblico dell’Italia, pari al 118,50% del Pil (massimo consentito dal patto di stabilità dell’Ue 60%) – il terzo più alto debito del mondo (dopo Stati Uniti e Giappone), ma nel nostro caso senza essere la terza economia del mondo. Inoltre, con l’attuale deficit del 5% del Pil (massimo consentito 3%), si prevede che il debito pubblico raggiungerà il 119,5% del Pil nel 2011.

L’on. Fini, evidentemente, non ha tenuto conto di quanto ha detto a Udine il Presidente della Repubblica Napolitano il 14 luglio 2010 e cioè: «Ridurre il debito pubblico è dovere di tutti. Un debito che abbiamo accumulato e che è un pesante fardello sulle nostre spalle, che schiaccia le finanze dello Stato e impedisce la ripresa». Al giusto monito del nostro Presidente ha fatto seguito ora (29/9/2010) anche la presa di posizione della Commissione europea che rende più severi i vincoli del patto di stabilità sui debiti pubblici eccessivi per evitare un nuovo caso Grecia. Ecco come si è espresso il presidente della Commissione Ue Barroso: «Un debito pubblico enorme è qualcosa di deleterio e di antisociale, perché vuol dire che non si possono fare spese nei settori in cui c’è bisogno». Infatti, nell’ultima Finanziaria il Governo italiano ha tagliato gli stanziamenti anche a settori che dovrebbero avere la priorità assoluta, come sanità, scuola, ricerca, welfare, protezione civile e sicurezza. Quindi bisogna cominciare subito a ridurre il debito pubblico e tutti gli italiani dovrebbero astenersi dal chiedere finanziamenti che lo Stato non può più dare, seguendo anche l’esempio degi esuli che, considerando l’attuale crisi e la succitata stretta dell’Ue sui conti pubblici, hanno proposto al Governo di saldare quanto loro dovuto con pagamento fra vent’anni di solo il 41% dell’attuale prezzo di mercato dei loro beni.

Silvio Stefani

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