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Dugulin/Delbello:conoscere passato,rispettare presente(La Voce del Popolo 23 giu)

TRIESTE – I lavori al Civico Museo della Civiltà Istriana, Fiumana e Dalmata, che il Comune di Trieste sta realizzando nella centralissima via Torino, sono in fase finale. Quale migliore occasione, dunque, per intervistare il direttore dell’Area Cultura e Sport dei Civici Musei di Storia ed Arte e del Civico Museo Teatrale “Carlo Schmidl”, Adriano Dugulin e Silvio Delbello, direttore dell'Istituto Regionale per la Cultura Istriano-fiumano-dalmata di Trieste (IRCI), che hanno inquadrato brevemente la nuova istituzione.
“I Civici Musei di Storia ed Arte sono formati da 12 musei. Si tratta di istituzioni di media grandezza realizzate con l’intento di far conoscere le diverse sfaccettature del comune territorio. Tra poco ce ne sarà un tredicesimo, un numero perfetto – scherza Adriano Dugulin –, ossia il Civico Museo della Civiltà Istriana, Fiumana e Dalmata, ente di proprietà del Comune di Trieste e sarà inserito nel museo multiplo Civici Musei di Storia ed Arte, che comprenderà in questo modo tredici istituzioni”.
"Sarà gestito dall’Istituto Regionale per la Cultura Istriano-fiumano-dalmata (IRCI) – continua il primo responsabile dei musei triestini – sempre con la collaborazione del Comune di Trieste. C’è un discorso di sinergia tra l’ente pubblico e l’istituzione privata (l’IRCI) che è riconosciuta a livello regionale e statale. È importante che questo museo si trovi all’interno della catena dei musei triestini, poiché ci sono altri musei storici, quali il Civico Museo del Risorgimento, il Museo di Storia Patria, il Civico Museo della Risiera di San Sabba e il Museo della Foiba di Basovizza, solo per citarne alcuni, quindi questo nuovo museo sarà inserito in un percorso che consentirà di conoscere e approfondire la storia dei nostri territori, non soltanto triestino, ma in tutte le sue sfaccettature. Verrà ripercorsa la storia sociale e culturale, fino all’evoluzione sociologica. Si parte dal 1848, anno simbolo, ossia l’inizio del risorgimento, sino ai giorni nostri. A questo itinerario saranno collegati altri siti quali la prima e la seconda guerra mondiale, il periodo fascista, il dopoguerra. La nuova istituzione dedicata alla civiltà istriana, fiumana e dalmata, completa degnamente il percorso storico per molti anni sconosciuto al grande pubblico”.
Quali sono le sue aspettative come primo responsabile dei Musei Civici di Trieste, riguardo a questo nuova istituzione?
“Credo che aprire un nuovo museo così specializzato sia un fatto molto importante. Primo, perché non è usuale l’apertura di nuovi musei. Secondo, l’aspetto primario è quello di informare ed educare le nuove generazioni. I musei che dirigo intendono seguire questa logica di percorso e sono tutti caratterizzati da una forte presenza didattica. Nel nuovo museo ci sarà pertanto personale specializzato, visite guidate, servizi didattici e diversi allestimenti, tutti con l’intento di stimolare nei giovani, come pure negli adulti, la crescita culturale. Ci saranno poi diversi materiali in esposizione che si apprestano a piccole ricostruzioni e proposte di ambiente. C’è la possibilità di fare tantissimi studi: tutte le nostre istituzioni sono provviste di biblioteche, archivi e fototeche, materiali di carta fondamentali, che data la loro enorme mole non sono disponibili a tutti. Probabilmente saranno utilizzabili per iniziative mirate, come lavori didattici. Parlare dell’allestimento è quasi prematuro, poiché è un procedimento che impegnerà le due istituzioni interessate per anni. Attualmente possiamo solo avanzare dei progetti d’allestimento, niente di più. I lavori edilizi dovrebbero finire entro quest’anno, poi per allestire e completare il museo occorrerà un anno e mezzo circa. L’ente ha tre piani e per presentare il materiale nel percorso espositivo ci vorranno al minimo sei mesi per ogni piano”.
Che cosa ci può dire riguardo alla collaborazione con il Museo civico di Fiume?
“Dal 2005 lavoriamo insieme al Museo civico di Fiume. Una collaborazione e cooperazione nata inevitabilmente poiché nel mondo della cultura e dei musei ci sono delle sinergie e competenze che portano ad incontrarsi e a creare qualcosa di nuovo. Al di là delle differenze, la cultura è in grado di trovare ciò che accomuna le persone. Siamo ambedue nell’Adriatico e fin dai tempi di Maria Teresa ci sono sempre stati due grandi porti, Fiume e Trieste. A Fiume, inoltre, è stato formato il Network dei Musei di storia dell’Europa Centrale, di cui anche noi siamo parte integrante. Ma la cultura merita un discorso più ampio. Nell’Europa che cresce la cultura è la garanzia della preservazione delle peculiarità dei territori e una buona collaborazione e cooperazione su tematiche che consentono di conoscere e conoscersi è d’obbligo. In questo modo la cultura riesce a non appiattire tutto, a far emergere ciò che è caratteristico. È questo, secondo me, il ruolo principale della cultura. Siamo tutti fratelli, abbiamo leggi comuni, ma la cultura deve essere la sentinella che consente di non perdere le nostre specificità, partendo dal passato, per interpretare i fatti del presente”.
“Nel costruire il Network fiumano – ricorda Dugulin – c’è stato un aspetto molto interessante. Si diceva che per poter costruire i nuovi rapporti in Europa si sarebbe dovuti partire dall’anno 1946, tagliando tutto quello che avvenne prima, perché forse in questo modo avremmo potuto parlare del futuro. Io ho precisato che per Trieste bisognerebbe partire addirittura dal 1955, l’anno in cui sono nato, tanto per dire che qui abbiamo avuto problemi fino al 1954! Si tratta, naturalmente, di una formulazione provocatoria. Intendevo dire, invece, che non bisogna essere spasmodicamente legati al passato facendone una ragione come unico riflettore puntato. Il passato ci serve per il futuro. Quando si creano musei nuovi si cerca di proporre uno stimolo, una riflessione, soprattutto mirando ai giovani, costruire un futuro che sia consono al passato e che sia rispettoso dell’identità del territorio. Molte volte il passato diventa un peso per il futuro. Per me dovrebbe essere un bagaglio e non un fardello”.
Ad illustrare la disposizione del futuro Museo è Silvio Delbello, presidente dell’IRCI, esule a soli sedici anni con la famiglia da San Lorenzo, una piccola cittadina tra Umago e Cittanova.
“Del museo – racconta – faranno parte le masserizie degli esuli. La gente quando scappava si portava dietro diversi mobili. Queste cose venivano depositate nel Porto Vecchio di Trieste, dove gli esuli venivano sistemati in un primo momento. Molti non li hanno più ritirati perché partirono o avevano mobili che non stavano nelle nuove case, o addirittura morirono. Questi beni lo stato li ha ceduti all’IRCI. Il nostro museo ha circa tremila metri quadrati di superficie, un palazzo napoleonico, di proprietà del comune. A suo tempo era sede dell’Ufficio Igiene. Vi saranno esposti una selezione delle masserizie degli esuli, fotografie e documenti in gran parte inediti a testimonianza del grado di civiltà raggiunto dal popolo della diaspora. Nel piano terra ci sarà la sala d’accoglienza, la biblioteca che già ora conta di circa 15 mila volumi e un centro di documentazione storica. L’IRCI è custode degli archivi del Comitato di Liberazione Nazionale per l'Istria (CNL). Si tratta di varie migliaia di schede delle persone che sono andate via, con rapporti descrittivi. L’intenzione era di gettarla nell’immondizia, noi invece l’ abbiamo recuperato, insieme ad altri documenti storici di vario genere, diversi dei quali provenienti anche da privati. Avremo pure un centro di documentazione multimediale. L’IRCI è in possesso di decine e decine di migliaia di immagini d’epoca sull’Istria, da far invidia a tanti archivi! Questo catalogo sarà consultabile via Internet; l’unica restrizione il divieto di stampare. Nel museo saranno situati pure gli uffici dell’IRCI. Al secondo, terzo e quarto piano ci sarà l’esposizione vera e propria con diverse sale.
Perché la scelta del nome di Museo della Civiltà istriana-fiumana-dalmata?
Civiltà e non cultura poiché quest’ultima è una parte della vita. La civiltà comprende tutti gli aspetti della vita. E dunque anche l’esodo, non nel senso di descrivere il fenomeno in se stesso, ma come significato di violento taglio nel nostro modo di vivere. L’esodo è un’istantanea di vita. Per l’allestimento è previsto che ci sia un comitato di gestione di sette persone. Il vero allestimento sarà poi curato da Adriano Dugulin e da un curatore scelto tra i collaboratori dell’IRCI. Stiamo ancora lavorando per ristrutturare il palazzo, questo è il terzo anno, dobbiamo avere ancora un po’ pazienza, fino alla fine del 2008, quando dovrebbero concludersi i lavori.
Quanto materiale c’è?
“Migliaia di metri cubi di masserizie, migliaia di immagini, di documenti e libri. Abbiamo, ad esempio, un archivio con le immagini di tutte le pietre tombali istriane. I cimiteri sono una parte importante della nostra civiltà, poiché sono la prova sicura della presenza italiana, nel nostro caso. Il museo vuole essere una testimonianza didattica anche perché i giovani possano apprendere e capire che cosa sia successo in queste terre durante e dopo la guerra. Non solo per i giovani discendenti degli esuli, ma anche per i rimasti. Affinché non succeda che i giovani figli dei rimasti non trovino più niente di ciò che c’era”.
Le masserizie?
“Abbiamo recuperato un ‘fogoler’, ossia il tipico forno istriano. Nel museo sarà riprodotta interamente la cucina tipica istriana. Abbiamo pure un’officina orafa di Pirano, città con una forte tradizione di artigiani nel campo delle catenine d’oro. Nel museo dovrebbe ritrovarsi questa bottega, completa di tutti gli attrezzi. Abbiamo scovato pure una vecchia macchina per la stampa del 1800 in uso in una tipografa istriana, una battana, e ancora utensili dei contadini, di pescatori e dei fabbri e oggetti di casa. E poi fotografie, tanti giornali, quaderni di scuola, tutto questo per dare uno spaccato della nostra vita”.

Gianfranco Miksa

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