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Don Bonifacio, il prete vittima delle foibe (Avvenire 04 lug)

Di Francesco dal Mas

È l’11 settembre 1946. «Quella sera –racconta monsignor Eugenio Ravignani, vescovo di Trieste– don Francesco Bonifacio scendeva da Grisignana verso casa. Lassù l’aveva accolto, come sempre, un sacerdote a­mico e l’incontro era stato momento di consolazione e di grazia. Lungo la strada fu aggredito, brutalmente picchiato e barbaramente ucciso. In una delle foibe che solcano in profondità la terra istriana scomparvero le sue spoglie». La Chiesa triestina ha un nuovo beato: don Bonifacio martire, ucciso in odio alla fede. Monsignor Ravignani, quando ha ricevuto la notizia della firma del decreto che riconosceva il martirio del sacerdote, ha immediatamente telefonato ai vescovi di Capodistria (Slovenia) e di Pola-Parenzo (Croazia), per condividere la gioia del figlio di questa terra salito agli onori degli altari.

Nato a Pirano, in Istria, il 7 settembre 1912, secondogenito di sette tra fratelli e sorelle, di famiglia semplice e povera, Francesco Bonifacio viene ordinato prete nella Cattedrale di San Giusto il 27 dicembre 1936. Dopo il primo ministero a Pirano e a Cittanova, don Francesco diventa cappellano nel 1939 nella Curazia di Villa Gardossi che conta circa 1300 anime distribuiti in tante piccole frazioni o casolari. Condivide con la sua gente le tragedie che si consumano dopo l’ 8 settembre 1943, in una terra stretta tra gli occupatori tedeschi e il fronte titino di liberazione. Don Francesco si prodiga per soccorrere tutti, per impedire esecuzioni sommarie, per difendere persone e beni.

Ancora Ravignani: « Era divenuto scomodo quel giovane prete. Qualcuno disse che lo si sarebbe dovuto eliminare, che si doveva colpire il pastore per disperdere il gregge. Ma egli non pareva tenesse nel debito conto le necessarie prudenze. Continuava a predicare con chiarezza il Vangelo, a curare la catechesi nella sua comunità, stupiva il suo coraggio, convinceva la fortezza della sua fede».

L’11 settembre 1946, dopo essersi recato a Grisignana per la confessione, ritorna verso casa. Lungo la strada –come confermato da parecchi testimoni– viene avvicinato e fermato da alcune guardie popolari, la milizia jugoslava. Che poi scompaiono nel bosco.

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