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Dolenc: quadri dell’Italia ma un accordo è possibile (Il Piccolo 27 gen)

Nessuna discussione sulla «proprietà» che è e rimane «dello Stato italiano». Ma un accordo con «Slovenia e Croazia» si può cercare e trovare «per garantire un’adeguata esposizione permanente delle opere in territorio istriano, a testimoniare in maniera nobile i legami indissolubili tra quel territorio e la cultura veneta dalla quale ha mutuato l’espressione linguistica quotidiana la comunità dei nostri connazionali tuttora colà residenti». Igor Dolenc sceglie di citare, con quest’ultimo passaggio, Roberto Damiani. Una riflessione datata 2005, quella dello scomparso ex vicesindaco e uomo politico di primo piano in città.

L’esponente del Partito democratico riprende la proposta di allora e la fa sua, intervenendo così nella vicenda dei quadri istriani che, sottolinea Dolenc, «ha un sapore antico», mentre «noi invece abbiamo bisogno di dare risposte nuove a tempi nuovi». Di quali risposte parla l’ex consigliere regionale? Chiarisce lui stesso: «Non si può mettere in discussione che quei capolavori siano di proprietà dello Stato italiano e che da esso dipenda la loro sorte». Qui si chiude la premessa. E il ragionamento prosegue: «Dato però che le opere d’arte non sono mai oggetti neutri ma portano con sé una storia e un messaggio, bisogna poi intendersi sul senso storico e culturale che quei quadri rivestono e sul compito che noi, italiani e sloveni, intendiamo attribuire loro». «Devono essere il segno di una continuità oppure di una rottura?», si chiede Dolenc. Da qui, la citazione di Roberto Damiani che nel 2005 «proponeva che – spiega Dolenc -, mantenendo comunque la sua proprietà, lo Stato italiano si accordasse con Slovenia e Croazia». Una sottolineatura ulteriore: «Non si deve rinunciare a nulla, né cedere a richieste illegittime. Si tratta di preservare anche una verità storica e una continuità recisa dall’esodo». Proprio «i quadri istriani – prosegue Dolenc – possono essere uno spartiacque, su cui mettere alla prova la buona fede e la volontà dei governi, ma anche quella delle comunità e delle minoranze di qua e di là di un confine sempre meno percepito e comprensibile».

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