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Cossiga e il rapporto con Trieste e Tito (Il Piccolo 18 ago)

di SILVIO MARANZANA

TRIESTE «Questi dell’Ulivo e della Margherita che nel segreto dell’urna a Bolzano hanno votato per il ripristino del nome Piazza della Vittoria in una terra che non è mai stata italiana, abbiano il coraggio di fare a Trieste un monumento a Tito». Erano le nove di sera del 14 agosto 2004 e Francesco Cossiga raggiunto telefonicamente dal Piccolo all’hotel Santer di Dobbiaco dove aveva appena finito di cenare si era espresso in questo modo. Non solo, aveva aggiunto: «Siccome Tito io l’ho conosciuto, posso dire che era un grand’uomo. Nessuno mi può smentire sul fatto che la Jugoslavia grazie a lui fosse strettamente legata alla Nato. L’Adriatico è sempre stato un mare amico e noi abbiamo risparmiato centinaia di miliardi in difese militari su quel versante. Quale esercito vittorioso fu il primo a entrare a Trieste alla fine della guerra se non quello jugoslavo?»

È il medesimo Cossiga che nella prefazione al libro di Andrea Pannocchia e Franco Tosolini dal titolo ”Gladio. Storia di finti complotti e di veri patrioti” uscito appena l’anno scorso si scaglia contro «quegli organi di stampa legati alla sinistra comunista che tentano di immettere nel circuito informativo consistenti livelli di intossicazione per occultare ciò che documenti come l’Archivio Mitrokhin hanno reso pubblico e che potrebbe essere riassumibile con la formula dell’esistenza di una Gladio Rossa». I gladiatori hanno sempre acclamato Cossiga come l’unico politico che li difese strenuamente tanto da autodenunciarsi con una lettera inviata nel novembre 1991 al giudice Casson che aveva aperto un’inchiesta penale poi archiviata e da presentare successivamente da senatore un disegno di legge mai approvato che equiparava la militanza in Gladio al servizio prestato nelle Forze armate oltre a prevedere l’istituzione di un distintivo onorifico.

Anche l’elogio a Tito potrebbe dunque essere letto in chiave atlantista quale garanzia antisovietica. Ma c’è un episodio raccontato da uno dei più noti comunisti italiani Armando Cossutta che complica ancor di più il ruolo giocato da Cossiga ben prima di diventare picconatore. «Certo che ricevevo soldi da Mosca per il Pci – ha raccontato Cossutta al Piccolo cinque anni fa – ma quando un solerte funzionario governativo lo scoprì e andò ad avvisare l’allora ministro dell’Interno Francesco Cossiga, questi rispose: ”Ben vengano, l’Italia ne ha bisogno”. I soldi venivano cambiati in lire da un cambiavalute in Vaticano – spiegò Cossutta – era lo stesso che cambiava i dollari che la Dc riceveva da Washington».

Lo strano rapporto tra Cossiga e Trieste continuò nei momenti culminanti della fine della Guerra fredda. Nell’ottobre 1991 al momento della disegregazione della Jugoslavia, in una conferenza stampa improvvisata affermò che l’Italia aveva accondisceso alla richiesta del Governo jugoslavo di far transitare attraverso il porto di Trieste le unità militari che dovevano lasciare la Slovenia. In città riapparvero gli incubi del maggio 1945 e scoppiò una mezza rivoluzione. Una manifestazione di protesta proclamata dalla Lista per Trieste riempì piazza Unità e il passaggio dei carrariarmati jugoslavi venne scongiurato. Forse per farsi perdonare, un mese dopo Cossiga fu il primo Capo dello Stato italiano a rendere omaggio alla Foiba di Basovizza.

Ma fu lo stesso Cossiga a rivelare in una lettera al Piccolo del 2004, in occasione del cinquantenario del ritorno all’Italia, i particolari di quella visita. «Mi venne posta la condizione o comunque formulato il consiglio da parte delle autorità triestine – rivelò – di visitare prima la Risiera di San Sabba. Ma voglio suscitare anche un altro scandalo – aggiunse – Ricordandomi di Cesare Battisti che tra la cittadinanza e la fedeltà alla legge optò per la sua nazionalità italiana volevo deporre un mazzo di fiori nel luogo in cui per sentenza fascista del Tribunale supremo per la difesa dello Stato furono fucilati dei ragazzi sloveni per attività antinazionale, ma mi fu proibito poiché evidentemente vi è traditore e traditore e patriota e patriota».

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