Commemorare a Gorizia i deportati dai partigiani jugoslavi crea ancora polemiche

Quando la legge 92/2004 istitutiva del Giorno del Ricordo parla di “complessa vicenda del confine orientale”, a Gorizia abbiamo un periodico esempio di cosa significa.

È consolidata tradizione, infatti, che nel fine settimana più vicino al 19-20 gennaio l’Associazione Combattenti Xa Flottiglia MAS – RSI, che raccoglie reduci e simpatizzanti della X Mas (con particolare riferimento alla Divisione Decima organizzata dal Comandante Junio Valerio Borghese dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943), svolga il suo raduno a Gorizia in concomitanza con l’anniversario della battaglia di Tarnova della Selva. Nel gennaio 1945, infatti, un distaccamento della Decima (battaglione Fulmine) si trovò circondato da formazioni partigiane comuniste italo-slovene nella piccola località dell’altipiano sovrastante Gorizia. Dopo aspri combattimenti, l’accerchiamento fu spezzato ed i combattenti della Decima pur denunciando numerosi caduti, rivendicarono il merito di aver tenuto lontano dal capoluogo isontino l’esercito “titino”. Da parte partigiana, a Tarnova c’è un imponente monumento che ricorda la vittoria in quella battaglia con cui furono cacciati dall’altipiano i fascisti. Al di là della ricostruzione bellica di quelle giornate, da una parte vi era una formazione militare sorta su base volontaria, che mal si inquadrava nei ranghi delle forze armate della Repubblica Sociale Italiana, aveva sì collaborato ai rastrellamenti antipartigiani con le truppe naziste dislocate nella Zona di Operazioni Litorale Adriatico ma aveva un rapporto teso con i comandi tedeschi che in zona preferivano, in spregio all’italianità della Venezia Giulia, avvalersi di collaborazionisti sloveni, i quali peraltro abbatterono col benestare germanico il Monumento ai caduti della Grande Guerra presente in centro a Gorizia. Dall’altra parte della barricata c’erano stati partigiani che combattevano in nome della libertà dei popoli e della morte al fascismo, ma auspicavano l’instaurazione di una dittatura di stampo comunista nonché l’annessione delle conquiste italiane della Prima Guerra Mondiale lungo il confine orientale (e di parte del Friuli) alla nascente Jugoslavia comunista di Tito appunto. Alcuni battaglioni della Decima furono perciò schierati da Borghese (già Medaglia d’oro al valor militare per le imprese come sommergibilista della Regia Marina) con l’auspicio di proteggere la Venezia Giulia da una seconda ondata di stragi nelle foibe allorchè l’inevitabile sconfitta tedesca avrebbe creato un vuoto di potere di cui avrebbero nuovamente approfittato i partigiani jugoslavi per attuare progetti espansionistici e di epurazione politica nei confronti degli oppositori ai propri piani. Tale proposito incontrava l’interessamento del Regno del Sud, ove i servizi segreti della Marina e la X Mas costituita da incursori subacquei lealisti cercarono di raccordarsi con i reparti di Borghese. Contatti ci sarebbero stati anche con la divisione partigiana “bianca” Osoppo, di matrice patriottica e contraria all’espansionismo jugoslavo, nel quale invece si riconosceva la brigata Garibaldi – Natisone, dai cui ranghi proveniva il nucleo di gappisti che un paio di settimane dopo la battaglia di Tarnova compì l’eccidio di Porzus. Antifascismo e anticomunismo, italianità ed espansionismo jugoslavo, ingerenze tedesche e di servizi segreti: una situazione complessa che avrebbe portato ai tragici sviluppi consumatisi a guerra finita, allorchè Gorizia, tutta la Venezia Giulia e Fiume furono occupate dai “Liberatori” jugoslavi. Deportazioni, processi sommari ed eliminazioni sbrigative di “nemici del popolo”: una lapide nel municipio di Gorizia ricorda i dipendenti comunali sequestrati e spariti nel nulla nel terribile maggio-giugno 1945 di occupazione jugoslava.

Si trattava di personale amministrativo che fu eliminato perché rappresentava la presenza dello Stato italiano con le sue istituzioni, uno Stato che, benché liberatosi dalla dittatura fascista, doveva sparire per far posto agli apparati della Jugoslavia comunista. E la delegazione dell’Associazione nel suo annuale ritrovo goriziano rende sempre omaggio a questi connazionali, alla presenza di un rappresentante della Giunta comunale. Quest’anno sabato 20 gennaio c’era la Vicesindaco Ester Gatta, la quale ha assistito in silenzio indossando la fascia tricolore alla breve cerimonia, al termine della quale nel piazzale antistante il municipio è stato fatto il saluto della divisione di Borghese (“Decima marinai, Decima comandante”), il tutto in maniera ordinata e sobria, mentre una contromanifestazione promossa dall’ANPI portava in piazza anche altre sigle e le polemiche maturate nei giorni precedenti in merito all’opportunità di tale iniziativa. Il segretario dell’associazione reducistica Roberto Pulli ha indicato nei contromanifestanti gli eredi di coloro che in nome di una sedicente “Liberazione” arrecarono invece lutti e tragedie alla comunità goriziana, mentre il Presidente della Sezione di Gorizia della Lega Nazionale Luca Urizio ha ricordato le sue ricerche che hanno portato all’incisione nel lapidario al Parco della Rimembranza di nuovi nomi di goriziani deportati dai partigiani comunisti ed ha riferito che ulteriori indagini hanno portato a identificare ancora nuove vittime. Da un lato in definitiva si sono commemorati dei morti (domenica 21 vi sono stati ulteriori momenti di raccoglimento), dall’altra si è insistito sulla necessità dell’antifascismo nel 2024, con riferimento anche alla presenza di militanti di Casa Pound alla commemorazione.

Il Sindaco di Gorizia Rodolfo Ziberna era assente per impegni istituzionali, in quanto si era recato alla cerimonia di inaugurazione di Pesaro Capitale italiana della Cultura 2024, alla ricerca di spunti e di sinergie in vista del 2025 che vedrà la sua città e la dirimpettaia Nova Gorica congiuntamente Capitale Europea della Cultura. L’idea più interessante emersa in tale sede riguarda il coinvolgimento e la valorizzazione dei Comuni della provincia, mentre, interpellato sulle manifestazioni e contromanifestazioni, ha ribadito al quotidiano Il Piccolo e anche in Consiglio comunale la sua linea: «La presenza del Comune, quando si rende omaggio a cittadini deportati ed uccisi, ancor più se dipendenti comunali, ovviamente è un atto assolutamente dovuto. Il Comune non chiede e non chiederà mai l’orientamento politico o religioso a chi viene a rendere ad essi omaggio, ovviamente purché tutto si svolga nell’ambito delle leggi. Lo stesso atteggiamento lo riserveremmo anche nei confronti di coloro che si sono resi responsabili delle deportazioni ed uccisioni o di chi in essi si riconosce, se venissero a portare un fiore ai nostri defunti».

Dall’altra parte del labile confine che separa Nova Gorica da Gorizia, invece, il sindaco Samo Turel, a differenza del suo predecessore che aveva sempre glissato riguardo tale manifestazione, ha stigmatizzato l’avvenuto, in particolare con un commento apparso sul profilo social dell’ente che organizza gli eventi per la Capitale Europea della Cultura. Tale commento è poi stato cancellato, mentre il primo cittadino di Nova Gorica ha chiuso la faccenda invitando a pensare al futuro e alle iniziative che l’anno prossimo interesseranno le due città, simbolo di cooperazione transfrontaliera e di superamento delle vecchie ideologie, concetti che qualcuno ha visto messi in pericolo da una manifestazione di Casa Pound in Piazza della Transalpina, che sarà proprio il centro della riqualificazione urbanistica che caratterizzerà GO!2025.

Lorenzo Salimbeni 

 

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