Continuano a pesare sui rapporti tra Italia e Slovenia, le questioni irrisolte riguardanti la realtà degli esuli dalle terre dell’Adriatico Orientale. Schemi che si ripetono – come durante la visita di questi giorni del premier Romano Prodi a Lubiana dove si è incontrato con il suo omonimo Janez Jansa – sia sul tema dei beni abbandonati, sia sulla richiesta di riposizionamento delle opere d’arte nelle chiese d’origine, sostanzialmente del Capodistriano.
Due punti che continuano ad essere usati in modo arbitrario e non mancano, ad ogni occasione, di suscitare sofferenza per la palese mancanza di delicatezza nei confronti di chi porta ancora forti i segni della sofferenza imposta dalla storia.
Durante la conferenza stampa a conclusione dei colloqui, è stato il premier Jansa – rispondendo alla domanda di un giornalista – a dichiarare che in questa occasione, tra le delegazioni, non si è parlato espressamente di beni abbandonati anche perché, a suo parere – così ha risposto al giornalista – la Slovenia ha già pagato la sua parte depositata in una banca del Lussemburgo. La cosa lascia alquanto perplessi. Ci rendiamo conto che si tratta di argomenti spesso affidati ai sottosegretari ma da una visita ufficiale ci si attende sempre quantomeno un segnale di rispetto della Slovenia e dell’Italia in particolare nei confronti dei giuliano-dalmati, della loro storia e delle loro richieste. Indignati da questo comportamento, esigiamo una spiegazione da parte del nostro Governo che stiamo sollecitando.
La seconda questione, quella dei quadri, è molto più semplice. La proprietà delle opere è indubbiamente italiana. Sono state spostate nel 1940 quando in questi territori vigeva la sovranità italiana. Evidentemente c’è chi vorrebbe alimentare tensioni che di fronte alla nuova Europa dovrebbero finalmente trovare altre soluzioni. Ricordiamo che l’Italia ha provveduto al restauro delle opere e che le stesse sono in mostra a Trieste. Così nel comunicato riportato dall’Ansa si usano termini quali “opere trafugate” invece di “opere spostate”, oltre a dare notizia dell’esistenza di una fantomatica commissione che starebbe valutando la possibilità di riportare le opere nelle chiese d’origine in territorio ora sloveno. Non si dice di che commissione si tratti, creando perplessità. Andando alla fonte – la registrazione della conferenza stampa – si scopre che si tratta di una commissione tra “proprietari” dei siti in parola, vale a dire la chiesa slovena che su questo argomento sta portando avanti il dialogo con la chiesa italiana.
Il fatto che i premier concordino sul fatto di attendere gli esiti del dialogo in corso, come esuli, non ci conforta. La proprietà delle opere – ribadisco – è certa, si tratta di stabilire ora se esiste un principio che regolando i rapporti tra i due Paesi renda possibile il ritorno in loco delle opere in una forma comunque da concordare. Lo stesso principio però dovrebbe valere anche per le pendenze della Slovenia nei nostri confronti che non può farsi scudo con un pagamento arbitrario ed unilaterale: una strada a due sensi, è quello che dovrebbe essere ed è quanto abbiamo avuto modo di ribadire a più riprese anche durante gli incontri con il nostro Governo. E’ una posizione ferma la nostra, che come Federazione delle Associazioni degli Esuli continueremo a sostenere.
Il Presidente della Fed.Ass.Esuli
Renzo Codarin