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Bjghellonando tra calli e campielli (Il Dalmata set/ott)

di WALTER MATULICH

Bighellono per calli e campielli, sotto una cappa di calura impietosa, spifferi ristoratori avvolgono in Calle San Michele ed in quelle del Borgo, ove ogni mattina si riversa un'umanita' giovanile, vociosa, che centellina bevande fredde. Imperversa la birra che scorre a fiumi. In Piazza dei Signori, sotto ampi ombrelloni estivi, si rilassa una folla più distinta. Vi intravedo volti di conterranei autoctoni, per la verità sempre più rari. E colgo espressioni corrucciate, vi si riflettono le incertezze della quotidianità, sulla quale infierisce un potere d'acquisto che si riduce allo spuntare d'ogni alba. La recessione economica impazza e non fa trapelare prospettive rassicuranti. Nella sede della Comunità degli Italiani, attività ed assembramenti ridotti al lumicino. Il caldo asfissiante orienta verso una rilassante „fiaca". Coi pochi presenti si discorre dell'asilo in lingua italiana, annosa questione, cosa dico? una „Fab-brica del Duomo". Dissolto anche quest'anno il sogno della sua istituzione, con la configurazione di "Sezione Italiana" presso una struttura pubblica croata. Intralci di varia natura, formali e no, ne hanno di nuovo impedito la fondazione. Si punta il dito sul progetto istitutivo coltivato pervicacemente dagli organi deliberativi dell'Unione Italiana, con sede a Fiume. Progetto rivelatosi desolatamente infruttuoso. Che fare ora ? Se la sentiranno, a Fiume, di allestire un pacchetto alternativo e di sciorinarlo all'Amministrazione della Città di Zara? Ricalpesto il lastricato di Piazza Marina, sessant'anni fa tanto familiare. La frequentavo ogni santo giorno, scorribande fanciullesche, lazzi e frizzi coi compagni dell'adiacente Scuola Settennale Italiana. Altre speranze frullavano per la testa, altre rosee visioni si profilavano all'orizzonte. Del vetusto plesso scolastico non e' rimasta traccia: demolito integralmente. Vi si erge una costruzione anonima, grigia, un „casson". Al pianterreno una banca, di fianco un bar / kafić, uno dei tanti che pullulano in centro ed in periferia.

Un passo dietro l'altro e mi ritrovo in Calle Larga, in Calle Santa Maria, in Calle Paradiso, in Sant'Anastasia. Ripenso alle descrizioni che ne fecero su „Zara" i Rime, i Tamino, i Covacev, i Brcic, i Predolin ed „un affetto mi preme l' acerbo e sconsolato„. Scruto la gente che mi passa accanto, tento di cogliervi quelle affinità che indussero ed inducono Missoni a discorrere dei „ fratelli della costa". Azzardato proferire, Ottavio: attecchiranno ancora, verosimilmente, negli «scoi»…. Hanno risollevato l'umore quattro divertenti serate televisive. Si trasmetteva da Spalato l'omonimo festival di musica leggera. Motivi orecchiabili, testi piacevoli in dalmata-ciacavo, cantanti accompagnati e sorretti da „clape". Nelle melodie, evocazioni di antichi costumi e ricorso a venezianismi radicati (tovaja/tavaia; cari-ga/carega; pirun / piron; tinel / tinelo). Presentatori e presentatrici, in ispecie queste ultime, negli intervalli fra canzone e canzone, si cimentano in spunti satirici che hanno per bersaglio i personaggi dell'establishment governativo ed i pochi ma potenti „tycoons". Gusto della battuta e del paradosso feroce, che Bettiza ha spesso descritto nei suoi elzeviri e nelle sue pubblicazioni.

Nella mia Borgo Erizzo incontro gli Isidoro/Isi, gli Aurelio, i Salvatore, i Gigi, gli Italo, gli Eddy: vengono da Melbourne, Milano, Brescia, Bologna. Invecchiati, acciaccati, c'incontriamo alle Colovare, ricalchiamo quei grebani puntuti sui quali saltellammo impavidi decenni fa. Come me, si sono intestarditi e s'intestardiscono a tornare nella modesta casetta
avita, riattata col sostenimento di spese non indifferenti, dopo aver superato le forche caudine delle defatiganti dispute successorie. Tensioni e tenzoni con parenti e vicini e lontani. È valsa la pena? Perseguitano dubbi atroci. La koiné è mutata, il patrimonio di memorie comuni coi residenti autoctoni impoverito, se non dissipato. Gli amici d'infanzia, rimasti, o scomparsi o notevolmente „cambiati". Travolti da stirpi calate da oltre il Velebit e le Dinariche. Coi loro ineleganti, talvolta goffi portamenti, col favellare ruvido, hanno stravolto ameni rituali cui si indulgeva nell'agora. Col più anziano tra noi, ottantacinquenne, ex giocatore di basket, una vita spesa in Australia, la sorte non è stata benigna. Problemi circolatori gli hanno tolto il vigore alle gambe, che pur possenti erano in uno sportivo a tutto tondo. Costretto in carrozzella ha, vero, la vicinanza ed il conforto di antichi amici, sparsi anche negli Appennini. Gli faccio compagnia di tanto in tanto: evochiamo gli albori della pallacanestro zaratina, di cui fu protagonista. Riemergono gli Zeraushek, i Novasellich, i Nadoveza, i Rochlitzer, i Boria, i Domini. Telefonate di solidarietà e di condivisione di pene da oltre Adriatico alleviano, se non le sofferenze, la noia di lunghe, afose giornate da trascorrere in casa o nell'annesso giardino con patio. Per cogliere compiutamente il senso delle diversità impiantatesi in queste plaghe, basta inoltrarsi negli spazi della stazione delle corriere, che ha invaso i rigogliosi orti del vescovado. Complesso mastodontico: trentotto pensiline, un incessante rullare di motori, una fiumana inarrestabile di gente, assiepata intorno ai tavolini degli innumerevoli bar, in paziente attesa della corriera che porterà nelle località dell'entroterra, quando non a Fiume, Pola, Spalato, Ragusa, Zagabria, Slavonia, Trieste, Basilea, Monaco di Baviera, Francoforte sul Meno. Facce squadrate, arse dal sole, abbigliamento trasandato, approssimativo, portamenti stanchi, eloqui ornati che sanno disinvoltamente trascendere in turpiloqui, critiche al vetriolo ai provvedimenti di politica economica che il Governo sta per varare. Tagli a stipendi, salari, pensioni; aumenti delle tariffe dell'energia elettrica e del gas: raffredderanno , eccome, il tepore del prossimo autunno. Mi confondo tra la folla, gironzolo da un angolo all'altro della stazione. E m'interrogo. Sono nato proprio qui? Sono il prodotto di questo humus? Mi avvio mesto verso casa, incuneata in fondo ad un cortiletto. Un'oasi tranquilla. La consorte m'accoglie con un sorriso, spadella intorno ai fornelli. Rinasco. Il televisore diffonde (grazie all'antenna satellitare) la loquela di Dante: mai i programmi della RAI e di Mediaset apparvero così accattivanti, così appaganti.

Il frinire delle cicale nel meriggio ardente accheta „lo spirto guerrier / che entro mi rugge„. Sul volgere della sera ci incammineremo verso la Fossa, la Riva Nova. Rispolveremo per l'ennesima volta memorie impossibili da smantellare: il secondo dopoguerra, i quattro anni scolastici trascorsi nella Scuola Elementare Italiana, il centro cittadino ridotto ad un ammasso di macerie, i viottoli impervi lungo i quali raggiungevamo la sede scolastica, i primi innocenti sguardi e rossori.
Sorbiremo una bibita rinfrescante in Riva Nova, seduti sul terrazzo del bar/ristorante allestito nella sede dell'ex Hotel Bristol e mireremo il Canale, i riflessi del tramonto sulle onde, le luci di Oltre/Preko e del Lazzaretto. Ed „il naufragar sarà dolce in questo mare„.

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