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Beni nazionalizzati affogano nell’oblio (Voce del Popolo 13 feb)

di dario Saftich

La Dalmazia e la sua diaspora italiana sono riuscite a imporsi al centro dell'attenzione negli ultimi anni per tutta una serie di incisive azioni di carattere culturale mirate al recupero di un patrimonio storico di tutto rispetto. Ma in genere, negli ultimi due secoli, le vicende dell'italianità dalmata sono state spesso antesignane delle situazioni che hanno poi interessato l'Alto Adriatico. Questo filo conduttore potrebbe forse ripetersi anche nel caso spinoso dei beni abbandonati, che fatica a trovare una soluzione positiva. Di punto in bianco, infatti, Sebenico è balzata in primo piano in proprio nel campo delle vertenze legate ai beni confiscati dal regime comunista jugoslavo. I discendenti del principe ed eroe albanese Giorgio Castriota Scanderbeg – che nel XV secolo combattè con i veneziani contro i turchi per frenare l’avanzata ottomana – hanno vinto una battaglia difficile. Sono gli eredi di Giacinto Mattiazzi, classe 1880, morto nel 1950, cittadino italiano che vide nazionalizzati nel secondo dopoguerra palazzi, terreni, azioni (anche un palco di proprietà al teatro Mazzolini) che possedeva a Sebenico: Vincenzo e Paola Mattiazzi e il ramo Castriota Scanderberg della famiglia hanno visto riconosciuto tribunale civile di Venezia il diritto ad un maxirisarcimento pari a quasi 950mila euro per una serie di beni e proprietà site a Sebenico. Ma non è naturalmente il caso di lasciarsi andare a facili entusiasmi dopo questa sentenza. Gli esponenti del mondo degli esuli invitano alla prudenza. "L’avvocato Enrico Cornelio, difensore degli eredi di Giacinto Mattiazzi ed esperto della materia indennizzi, invita però a non disperare e ribadisce che la sentenza riguardante i beni nazionalizzati a Sebenico può rappresentare un precedente importante. Il presidente dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, l'esule zaratino Lucio Toth, concorda con l’avvocato Cornelio: "Facendo causa allo Stato si ottiene – rileva Toth – dieci volte ciò che si riceverebbe altrimenti per la via normale. Questo l’abbiamo detto più volte ai nostri associati. Come, allo stesso modo, siamo stati chiari nell’avvisarli che un iter legale può durare tanto tempo e magari non risolversi positivamente". Ad esempio per la mancanza di qualche documento. C’è poi il fatto che una causa comporta un importante impegno economico per le spese legali. Che non tutti possono permettersi. Però "se avessimo fatto causa al ministero tutti quanti – riflette Toth – avremmo messo in ginocchio lo Stato. Intanto ci sono ancora dodicimila domande di risarcimento che aspettano di essere soddisfatte. Ciò vuol dire che conteggiando i vari eredi sono interessate qualcosa come trenta-quarantamila persone".

Sul versante negoziale va rilevato che tempo addietro si è iniziato a operare sull’identificazione di eventuali casi non coperti dai trattati, che potrebbero essere numerosi soprattutto in Dalmazia. Sul versante della restituzione comunque il cammino appare in salita. Nella recente visita a Roma, nel corso della quale si è incontrato con il presidente della Camera, Gianfranco Fini, il presidente del Sabor Luka Bebić, ha lasciato intendere che il Parlamento di Zagabria potrebbe approvare modifiche di legge nel campo dell'indennizzo dei beni ai cittadini stranieri. Ma la diplomazia croata ha fatto presente che nulla è in cantiere. Un "corto circuito" sulla direttrice tra la Città alta e lo Zrinjevac o un modo per prendere tempo in attesa che il velo dell'oblio copra tutto con il passare del tempo?

 

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