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Artisti, navigatori, papi, scienziati…croati (Voce del Popolo 15 mar)

Ci risiamo. L’elenco degli illustri personaggi distintisi nei campi più diversi dello scibile umano spacciati per croati aumenta. La brigata dei grandi nomi comprende: l’esploratore Marko Polo (Marco Polo), l’architetto Juraj Dalmatinac (Giorgio Orsini), il filosofo Frane/Franjo Petrić, Petrišević o Petrišić (Francesco Patrizio) – i contraffattori non si sono ancora accordati sulla versione definitiva –, lo scienziato Ruđer Bošković (Ruggiero Giuseppe Boscovich), l’uomo d’affari Andrija Ljudevit Adamić (Andrea Lodovico Adamich) e tantissimi altri ancora. Compreso un pontefice: Sisto V! I rimanenti – che in questa sede non menzioneremo perché potremmo riempire pagine –, proprio come i sopraelencati, sono stati croatizzati d’ufficio, senza troppi imbarazzi.

 

D’altra parte la carta si lascia scrivere. È sufficiente che una persona sia nata sul suolo oggi appartenente alla Croazia, o, in alcuni casi, sia semplicemente approdata da altri lidi, ed è spacciata per croata. Non c’è imbarazzo, ormai ci troviamo di fronte a una sfacciataggine che non conosce limiti. Anche chi si è battuto per l’italianità, in alcuni casi, è diventato, grottescamente, croato, specie se il cognome non è proprio “toscano”. Oppure si usa l’etichetta di “talijanaš”, vale a dire un rinnegato della Patria passato alla controparte. Questa formula serve anche a sminuire l’apporto della componente italiana autoctona di questi territori. Il ragionamento bislacco, però, vale solo a senso unico. Nessuno, ad esempio, si sognerebbe di definire “austriaco” o “tedesco” un esponente ottocentesco di rilievo come il vescovo di Ðakovo, mons. Josip Juraj Strossmayer, considerato uno dei padri della nazione croata. Gli studiosi degli altri Paesi si occupano di ben altri problemi storiografici anziché di queste fesserie.

 

L’area adriatica, per sua natura eterogenea, non può essere classificata “sic et simpliciter” croata: è antistorico, non ha alcun fondamento. I falsificatori di turno però non si pongono il problema: l’onomastica cognominale viene stravolta, quella di “nuovo conio” è uno scempio compiuto da chi disprezza e letteralmente saccheggia un retaggio che non gli appartiene, facendolo passare per suo. Giulio Bajamonti, diventato nel frattempo Julije, è presentato come un enciclopedista croato. Con quale diritto ci si arroga la facoltà di attribuire un’identità a un personaggio che in primo luogo era uno spalatino di cultura italiana? Nella seconda metà del XIX secolo un altro grande della città di Diocleziano, il podestà Antonio Bajamonti, alla Dieta di Zara, di fronte agli attacchi di coloro che si proponevano di decapitare il partito autonomista dalmata, affermò: “Slavi anche domani, Croati giammai”.

 

Con ciò vogliamo dire che non ha alcun senso attribuire a priori l’identità dei personaggi del passato. Essi appartengono a una dimensione che non è la nostra e di conseguenza, per coglierla, dobbiamo immergerci nel contesto di una determinata età storica. Altrimenti dovremmo parlare dello storico “turco” Erodoto e del filosofo “russo” Immanuel Kant, perché nati rispettivamente ad Alicarnasso (oggi in Turchia) e a Königsberg, già Prussia orientale (oggi Kaliningrad, città della Federazione russa).
Solo qualche anno fa a Nafpaktos (Lepanto) si tenne una cerimonia e fu affissa una targa – in croato, greco e inglese, affinché “si conosca” – in onore di quella che, sottovoce, qualcuno identifica come una “vittoria croata” e in ricordo dei morti croati per l’appunto. La questione era stata proposta e affrontata già qualche decennio prima, addirittura in ambito accademico, in occasione del 400.esimo anniversario dello scontro navale del 1571 nelle acque del golfo di Patrasso.

 

Che nell’imponente schieramento militare della Lega Santa vi fossero anche soldati, rematori e marinai croati è innegabile; la Repubblica di Venezia aveva reclutato migliaia di uomini in ogni angolo dei suoi possedimenti. Parlare però di galee croate capitanate da croati – nomi storpiati, ovviamente – è semplicemente assurdo. L’omaggio era rivolto alle migliaia di Dalmati, Bocchesi e Istriani coinvolti e/o caduti. Secondo una logica nazionalistica, quest’ultimi sarebbero stati tutti croati, senza distinzione; nemmeno un cenno sulla partecipazione degli Italiani di quelle stesse regioni. Non esistono.

 

Ora c’è un gran parlare circa un’improbabile origine croata di papa Sisto V, al secolo Felice Peretti. Gli studiosi che hanno lavorato seriamente sulle fonti d’archivio hanno da tempo dimostrato l’inconsistenza della tesi. Nonostante questo ci sono ancora determinati ambienti, sia religiosi, nell’ambito dell’Istituto di San Girolamo degli Illirici o degli Schiavoni, sia culturali, come l’Accademia croata delle Scienze e delle Arti, che non demordono. Si annunciano scoperte sensazionali e si sbandiera l’esistenza di documenti, che, naturalmente né si presentano né si pubblicano.

 

Quest’ennesima singolare trovata assomiglia molto a un’altra corbelleria: quella della presunta origine slovena di Santorio Santorio, da alcuni ribattezzato Svetina, che penne immaginose cercano goffamente di far passare. Ma non riuscendo nella maldestra operazione, senza uno straccio di prova, furbescamente sfuggono o si nascondono dietro a generiche e patetiche affermazioni. Adesso nel “Pantheon croato” si vuole sistemare un Santo Padre. Attendiamo la prossima fanfaronata.

 

Kristijan Knez

“La Voce del Popolo” 15 marzo 2012

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