Antonio Martino alla Farnesina si impegnò per i diritti degli esuli

L’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia esprime il proprio cordoglio per la scomparsa dell’On. Antonio Martino, già Ministro degli Affari Esteri nel primo Governo Berlusconi: «Nella formazione di liberale di Antonio Martino – commenta Renzo Codarin, Presidente nazionale dell’Anvgd – erano ben presenti il patriottismo e la consapevolezza dell’interesse nazionale. Ne dette prova quando, da Ministro degli Esteri nel 1994, comprese benissimo le istanze degli esuli e cercò di condizionare l’adesione della Slovenia all’Unione Europea ad una revisione del Trattato di Osimo soprattutto con riferimento ai beni abbandonati. Questa impostazione diplomatica, consapevole dei torti subiti dal popolo della diaspora adriatica e della necessità di una riparazione sul piano internazionale, mancò completamente nei successivi governi che spalancarono le porte dell’Europa a Lubiana e a Zagabria»

Ricordiamo, infine, la figura di Antonio Martino attraverso alcuni stralci di un recente lavoro di ricerca a cura di Giuliana Eufemia Budicin (Consigliere nazionale Anvgd) dedicato appunto alla possibile ridiscussione del Trattato di Osimo dopo l’implosione della Jugoslavia vista attraverso gli articoli apparsi sulla stampa negli anni Novanta.

Nel 1994 nella Slovenia indipendente si prospettò di chiedere l’associazione all’Unione Europea, propedeutica all’adesione piena. In Italia il primo governo Berlusconi cercò in qualche modo di porre delle condizioni per questa associazione. Queste condizioni non vennero minimamente recepite dal governo sloveno, supportato soprattutto dall’Austria e dalla  Germania riunificata. Titolare della Farnesina era Antonio Martino, economista affermato e figlio dell’ex ministro degli Esteri Gaetano. Martino jr, però, non era abbastanza agguerrito e smaliziato per proseguire nel solco della politica estera bizantineggiante praticata dai governi italiani sorti durante il compromesso storico e non riuscì ad ottenere nessuno dei risultati sperati. In Italia, nonostante il governo di centrodestra, si ricreò lo stesso schieramento politico sorto all’epoca dell’approvazione del trattato di Osimo. Solo Alleanza Nazionale supportò decisamente la richiesta avanzata da Martino a Bruxelles di ottenere qualche contropartita dalla neonata repubblica, soprattutto permettere agli esuli di riacquisire i beni abbandonati e  ottenere una maggiore tutela della  minoranza italiana rimasta nella parte dell’Istria ora sotto la sovranità slovena.

Mentre era prevedibile la contrarietà a queste richieste da parte della sinistra che, dopo l’annientamento del Psi, era egemonizzata dal PDS, erede del PCI, altrettanto compattamente contrari si dimostrarono gli organi di stampa cattolici quali il Popolo e l’Avvenire, supportati dal Vaticano, che aveva riconosciuto subito l’indipendenza di Lubiana e Zagabria.

Martino a fine maggio ’94 si recò a Washington, cercando di spiegare a Clinton i fini della nuova politica estera italiana. Fra questi rientrava la tutela della minoranza rimasta nella ex Iugoslavia e un equo risarcimento dei profughi. Martino cercò anche di ridimensionare la questione sollevata per l’ingresso dei postfascisti di Alleanza Nazionale nel governo Berlusconi e avanzò la richiesta di diventare membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu.

Durante la Conferenza sulla stabilità in Europa, Martino riuscì ad ottenere, grazie anche all’appoggio della Russia, che la Slovenia non venisse inclusa fra i paesi dell’est candidati all’adesione.  Preoccupata fu la reazione della Slovenia, espressa dal ministro degli Esteri Alojz Peterle e furente quella della Croazia, il cui presidente Tudjman, accusò gli italiani di essere irredentisti e imperialisti.

La Croazia e la Slovenia misero da parte le rispettive divergenze e si allearono contro le richieste italiane di un vertice fra i due presidenti sui confini. Il ministro degli Esteri sloveno Peterle fu sconfessato dal proprio governo, gli sloveni rifiutarono la proposta di revisione del Trattato di Osimo avanzata da Martino e attaccarono il sottosegretario Livio Caputo, considerato da Lubiana un falco. Il disgelo avvenne in occasione dell’incontro a New York fra Martino e Peterle, allorché il governo sloveno ottenne che la propria minoranza in Italia fosse tutelata da una legge apposita. Martino, in un’intervista del 22 ottobre riportata dall’Informazione, si dichiara sorpreso e rammaricato perché il governo sloveno non aveva approvato la dichiarazione congiunta concordata con Peterle a Aquileia il 10 ottobre. Il ministro degli Esteri sloveno, costretto alle dimissioni dopo l’accordo raggiunto ad Aquileia, accusò, in un’intervista apparsa il 3 novembre sul  Corriere della Sera  il suo paese di essere in preda al nazionalismo e di aver pagato la propria amicizia con l’Italia. […]

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