È sempre stato complicato parlare di foibe in una nazione uscita devastata dalla Seconda Guerra Mondiale e dalla dittatura nazi-fascista: eppure anche queste sono storie di deportazione, di esodi forzati, di allontanamenti familiari. Di privazione e spesso, di morte. Dal 2003 si celebra il Giorno del Ricordo, solennità civile nazionale italiana, celebrata il 10 febbraio di ogni anno per commemorare le vittime dei massacri delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata. Questa mattina, nell’auditorium della biblioteca Beghi della Spezia, si è svolto un incontro per riportare l’attenzione dell’opinione pubblica su questo tema. A partire dal maggio del 1945 iniziò l’esodo massiccio degli Italiani d’Istria e di Fiume. Un caso particolare fu quello della città di Pola, che dopo essere stata occupata dagli iugoslavi, era stata posta sotto l’amministrazione alleata. […] Amorino Armenio, profugo di Pola, ha raccontato le tristi vicende legate all’esodo e alle foibe. Molti italiani, che da generazioni abitavano in quella regione, a Istria, furono uccisi, spesso gettati vivi nelle foibe, oppure furono costretti alla fuga dando vita a un esodo di massa che svuotò intere città fra cui Pola e Fiume. Molti degli esuli scelsero di vivere in Liguria. È il caso di Armenio, che aveva solo quattro anni quando dovette lasciare la propria città e arrivò alla Spezia. Centinaia di esuli istriani arrivarono in riva al Golfo passando per Ancona, a volte Bologna: da Pola ma anche da Parenzo, Capodistria, Orsera, praticamente se ne andarono il 90 per cento della popolazione etnicamente italiana.
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