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Ai croati conviene fare la spesa in Italia (Il Piccolo 01 set)

FIUME Se prima era unire l’utile al dilettevole (acquisto di jeans, caffè e detersivo e in più un salto in pizzeria), ora lo shopping a Trieste e dintorni è diventato per fiumani, istriani e in genere per i croati, uno dei rari modi per lenire gli effetti della crisi che sta tormentando il Paese. Un tempo era difficile vedere gli acquirenti croati comprare il barattolo di tonno o la passata di pomodoro, essendo i loro sforzi concentrati sulle “traperice” (i jeans) e su altri capi di vestiario, come pure sulle mitiche calzature italiane. Oggi invece il portamonete non permette – le eccezioni comunque esistono – di recarsi in pizzeria dopo avere fatto la spesa.

Intanto perché la pizza e le bevande sono più costose che in Croazia e poi bisogna risparmiare il risparmiabile, sennò a che serve venire in Italia. La recessione, fatta di minori stipendi e anche di gente che resta senza lavoro, ha legato mani e piedi a diversi croati, il che è stato puntualmente notato dai commercianti del Borgo Teresiano e del suo circondario. Resta comunque apprezzabile la presenza degli abitanti della repubblica postjugoslava, sicuramente più numerosi rispetto ai primi anni del nuovo secolo, quando la calata in Croazia degli ipermercati (Getrò, Metrò, Lidl, Mercator, Billa, ecc) portò ad un generale e significativo calo dei prezzi di alimenti ed elettrodomestici. Ma da circa 4-5 anni, i listini sono tornati nuovamente a spiccare balzi verso l’ alto, costringendo gli abitanti della Lijepa Nasa (Bella Nostra) a prendere i calcolatori in mano e a lasciare in disparte l’ amor patrio e le storielle lanciate da campagne promozionali intitolate “Kupujmo hrvatsko”, ossia acquistate prodotti croati. Insomma, a Trieste, Monfalcone, Muggia, Palmanova, Opicina (come pure in Slovenia) si possono facilmente risparmiare i soldi spesi per arrivare fin lì, acquistando neanche tanti prodotti. Qualche tonno in scatola, un paio di confezioni di pasta, due o tre bottiglie di olio d’ oliva, il formaggio da grattuggiare, il caffè e il più e fatto.

Qualche esempio: un pacchetto di pasta Barilla da 750 grammi costa in Italia sui 79 centesimi di euro, circa 5,7 kune. In Croazia, per la stessa pasta e lo stesso peso, si debbono sborsare un euro e 40 centesimi. C’ è poi il tonno. A Trieste per un chilo di tonno in scatola si devono pagare 5 euro, ossia 36 kune, mentre nella Penisola istriana e a Fiume la gente è costretta a estrarre dal portafoglio 100 kune, che fanno 13 euro e 40 centesimi. L’olio d’ oliva: con 4-5 euro si può portare a casa un prodotto non eccezionale, ma comunque accettabile. Non è così invece in Croazia, dove devi spendere come minimo 6-7 euro.

Andrea Marsanich

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