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A Sidney una fiumana centenaria (Voce del Popolo 09 gen)

Dal presidente del Circolo Fiumano di Melbourne, Sergio Csar, apprendiamo una bella notizia. Il 1.mo dicembre dell’anno appena conclusosi, una fiumana esule in Australia ha compiuto i cent’anni. Si tratta di Ada Viti, nonna di tre nipoti e sette volte bisnonna. Pubblichiamo di seguito la commovente intervista con la festeggiata che ci è giunta via e-mail dalla lontana Australia.

“Sono nata il 1.mo di dicembre del 1909 a Fiume, quando la città faceva ancora parte dell’Impero Austro-Ungarico” – ricorda la signora Ada, figlia di Iginio Viti e Francesca Hervatin. “Nel 1911 nasceva mio fratello Ettore e nel 1915 un altro fratellino, Iginio. Pochi mesi dopo scoppiava la prima Guerra mondiale. Mio padre veniva arruolato nell’esercito e partiva per il fronte lasciando sola e con pochi soldi mia madre, che dovette così trovare un lavoro per mantenere la famiglia. Divenne portinaia. Suo compito era di mantenere l’entrata e le scale del palazzo pulite e di aprire al mattino presto e chiudere, a tarda sera, il portone del palazzo in cui lavorava. In cambio dei suoi servizi la nostra famiglia poteva usuifrire di un appartamento gratis. Il lavoro di mia madre fece sì che io, fin da giovanissima, dovessi badare ai miei fratellini.

“Alla fine della Guerra – rammenta poi Ada Viti – la popolazione di Fiume era tutta in subbuglio perchè non voleva essere più sotto il dominio Austro-Ungarico. Volevano esseri liberi e italiani”. Ricorda poi il 1919, per l’arrivo di Gabriele D’Annunzio ma anche perché fu in quell’anno che nacque sua sorella Amedea. “Io frequentavo la quinta elementare e dovetti lasciare la scuola per rimanere a casa per aiutare mia madre nei lavori domestici”. Poi arrivò un’altra sorella. A quel tempo come adesso, una famiglia di sette persone doveva fare molti sacrifici per sopravvivere. “All’età di 15 anni mio padre volle che io imparassi il mestiere di sarta. E così fu. Dopo 6 anni di apprendistato, divenni brava e qualificata nel mestiere, tanto che la gente mi invitava spesso nelle proprie case, per ordinarmi lavori di cucito”.

Fu in quegli anni che Ada Viti conobbe Corrado Verhovc, che sarebbe diventato poi suo marito. “Una brava persona che lavorava come meccanico specializzato presso la fabbrica di siluri Whitehead di Fiume. Ci sposammo nel 1936 – rileva Ada Viti – e con la nascita di nostra figlia Serena la nostra vita sembrava destinata a proseguire felice e completa. Invece scoppiò la Seconda guerra mondiale che influenzò radicalmente la nostra vita. C’era carestia di generi alimentari. Fiume era attanagliata dal panico. Serena e io eravamo spesso nel rifugio antiaereo, durante i frequenti bombardamenti americani e inglesi che la città subiva quotidianamente”. Il marito, Corrado, lavorò al Silurificio fino alla fine della Guerra. Nel 1945 a Fiume arrivarono i partigiani di Tito che uccisero il fratello Ettore, alla cui memoria nel 2008 la Republica Italiana assegnerà alla figllia Lidia una medaglia commemorativa. Come tanti altri fiumani italiani nel 1948, portandosi via quel poco di valore che poteva stare in una piccola valigia, Ada e la sua famiglia lasciarono Fiume.

“Dopo una breve sosta a Trieste le autorità ci mandarono a Gaeta dove c’era un Centro Raccolta Profughi” – ricorda. Ada Viti. “Era una vecchia caserma militare, dove le condizioni di vita non erano certamente di lusso, anzi erano molto primitive. Iniziò così la nostra odissea. Per fortuna, l’Australia e altre nazioni istituirono un ente chiamato I.R.O. e aprirono il loro confini all’emigrazione dall’Europa. Corrado pensò che per un futuro migliore per la nostra famiglia, sarebbe stato meglio emigrare. L’Australia voleva gente specializzata, e lui scelse l’Australia. Fu così che nel 1950, dopo un lungo viaggio via mare, la nostra nave arrivò a Melbourne. Da qui in treno arrivammo a Bonegilla, un centro di emigranti vicino alla cittadina di Albury-Wodonga, situata nei pressi del confine tra lo Stato del Victoria e quello del Nuovo Galles. Anche questo Centro era stato in precedenza una caserma militare. E le condizioni di soggiorno non erano certamente quelle promesse alla nostra partenza dall’Italia. Ad ogni modo Corrado fu mandato a lavorare in una linea ferroviaria tra le cittadine di Forbes e Parkes, nel Nuovo Galles. Io e mia figlia Serena, invece, andammo da Bonegilla al Centro per emigranti di Parkes, per essere più vicini a mio marito e lì rimanemmo per circa un anno. Ma Corrado si ammalò purtroppo di una grave malattia contagiosa, motivo per cui non potevamo neppure fargli visita. Fu trasferito in seguito in un ospedale di Sydney. Quando guarì e lasciò l’ospedale il suo contratto e l’obbligo di lavoro di due anni con le autorità australiane, era scaduto, motivo per cui cercò e trovò subito un altro lavoro e una sistemazione per la famiglia, così da poter vivere finalmente tutti insieme. In breve tempo riuscimmo a comperare una piccola vecchia casetta ad Alexandria, un sobborgo di Sydney. Tutto andava bene. Pure io trovai un lavoro. Serena iniziò ad andare a scuola. Poi si iscrisse al Collegio T.A.F.E, dove incontrò il suo futuro marito. Nel frattempo, purtroppo, mio marito Corrado si ammalò di cancro ai polmoni.

Morì sei mesi dopo. Era il 1964. Vivere sola per me divenne difficile. Così, dopo un paio d’anni, andai ad abitare con la famiglia di mia figlia, e vissi con loro per 26 anni. Aiutavo mia figlia cucinando e facendo qualche lavoro di cucito. Accudivo ai giovani nipotini, quando era necessario. Fu un periodo ricco di bellissimi ricordi. Quando volevo un po’ di svago e vacanza, andavo a visitare a Melbourne, gli altri membri della grande famiglia dei Viti. Durante una di queste visite, fui investita da un’automobile che mi procurò la frattura dell’osso iliaco. Mia figlia Serena dovette venire a Melbourne e portarmi a casa, dato che io non potevo camminare. Da quel brutto giorno, divenni molto dipendente dall’aiuto di Serena e della sua famiglia. Persi pure il coraggio di vivere sola. Quando la famiglia andava in vacanza, io preferivo restare in una casa di riposo. Andavo all’Austral Scalabrini Village per anziani, in periferia di Sydney e dopo la mia quarta visita decisi di rimanerci. Ormai vivo qui da tredici anni – conclude la centenaria fiumana –.

Sono molto felice, ma vista l’età che ho raggiunto, a volte mi viene da chiedermi che cosa ci faccio ancora in questo mondo”. Si goda un po’ di meritato riposo, carissima signora. Agli auguri del Circolo Fiumano di Melbourne e dei fiumani d’Australia e del mondo aggiungiamo pure i nostri e auguriamo ad Ada Viti tanta salute.

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