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Ratzenberger e de Angelini replicano a Sergio Romano – 05set13

A seguito dell’intervento dell’Amb. Sergio Romano sulle pagine del “Corriere della Sera” a proposito dei toponimi italiani in Istria e Dalmazia (http://www.anvgd.it/notizie/15856-sergio-romano-qsuperatiq-i-toponimi-italiani-in-istria-e-dalmazia-04set13.html), pubblichiamo gli interventi di replica di queste ore a firma del fiumano Egone Ratzenberger e del rovignese Gianclaudio de Angelini.

 

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Caro ambasciatore,

Leggo con interesse sul Corriere di oggi il commento su “Fiume, Pola e Zara. Come ricordare il passato”.

No, direi che Fiume era italiana a pari titolo di Zara e Pola. Soprattutto la prima, se ricordo bene, registrava anch’essa una minoranza croata, come, sulla base del censimento asburgico del 1912, ce l’aveva per un 30, 35% Fiume stessa. Ma sappiamo che il restante 70% era appunto italiano perché la componente ungherese era molto ridotta ed esisteva comunque solo dal 1867 allorché, nel quadro della divisione dell’impero fra Austria ed Ungheria, la città passò sotto la dominazione magiara. Ciò di cui Fiume fu felicissima perché nei venti anni precedenti, a seguito di un colpo di mano del bano Jelacich aveva dovuto sottostare ai croati. Fiume restò comunque sempre molto gelosa della sua identità italiana tanto che entrò alla fine dell’800 in conflitto con le autorità di Budapest che volevano magiarizzare tutte le scuole e che per quanto attiene ai licei ci riuscirono, tanto che la vecchia generazione colta parlava un ottimo ungherese fra cui vorrei menzionare il padre del nostro comune collega Sergio Kociancich.

Riterrei pertanto che possiamo tranquillamente continuare o sforzarci di continuare, ad avvalerci in tutti i settori dell’appellativo Fiume, magari appaiandolo per maggior chiarezza e per rispetto delle realtà odierne con quello croato di Rijeka. Fra l’altro seguendo il segnale che ci dà la minoranza croata di lingua italiana residente a Fiume e che con spontanea naturalezza segue il tradizionale appellativo. Non credo che vogliamo essere più realisti del re perché in tal caso dovremmo essere coerenti e chiamare “Nice” Nizza e “Zagreb” Zagabria.

Qui non si tratta in nessun modo di revanscismo che del resto ha sempre allignato solo in alcuni circoli e non fra la stragrande maggioranza degli esuli anche essi erano e sono sempre nostalgici della loro città natale. Si tratta solamente di rispettare la realtà odierna nonché la nostra Storia. Unitamente al rispetto verso i nostri vicini orientali che da luglio sono divenuti i nostri sodali nell’Unione Europea che arricchiranno dei loro valori culturali ed umani. Gli esuli hanno comunque già fatto un primo importante passo in tal direzione. Lo scorso 15 giugno vi è stato il primo incontro fra l’Ente che li rappresenta e cioè il Libero Comune di Fiume e la Comunità degli Italiani di Fiume che raccoglie appunto i fiumani della città liburnica e che ha rappresentato un successo.

Con memori saluti

Egone Ratzenberger, ambasciatore emerito

 

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Gentile redazione

Ho letto la risposta data da Sergio Romano alla lettera inviatagli da Carlo De Vergottini sull’uso dei toponimi dell’Istria, Fiume e Dalmazia. Una risposta che sinceramente lascia basiti.

Scrivendo in italiano è logico e doveroso usare i toponimi italiani. Cosa che del resto facciamo tranquillamente per Nizza, Corsica, Principato di Monaco ecc. ecc.

Non si capisce perchè usare toponimi storici come Pola, Fiume, Zara o Rovigno sembra avere per lui un che di revanscista, come se tali nomi fossero stati imposti dal fascismo e non siano invece la toponomastica originale. Non si tiene poi conto che in quelle città esiste tuttora la Comuntà degli Italiani e che in alcune d’esse come Rovigno, la mia città natale, il bilinguismo integrale è previsto nello statuto cittadino.

Un giornalismo serio non si porrebbe neanche il problema come del resto a nessun giornale tedescofono viene in mente di scrivere Bolzano per Bozen.

Ma come dice Romano, pare che dobbiamo dimenticare quel pezzo della nostra storia nazionale al grido italico del “chi ha avuto, ha avuto; chi ha dato, ha dato..” ma scordarsi del passato non aiuta neanche ad impostare in quelle terre un futuro di convivenze e reciproco rispetto, strano che l’ex ambasciatore Romano non lo capisca.

Distinti saluti

Gianclaudio de Angelini, vicepresidente dell’Ass.ne per la cultura fiumana, istriana e dalmata nel Lazio

 

 

 

Gianclaudio de Angelini

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