Staffan de’ Mistura, originario di Sebenico, è il nuovo Sottosegretario agli Esteri del governo Monti.
Nato a Stoccolma nel 1947, dopo una carriera di 36 anni in varie agenzie dell’ONU, il Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon lo ha nominato Rappresentante Speciale per l’Iraq nel 2007. Nel luglio del 2009 de’ Mistura è divenuto vice direttore esecutivo per le Relazioni Esterne del Programma Alimentare Mondiale a Roma. Nello stesso anno ha ricevuto il “Premio Tommaseo” dall’Associazione Dalmati Italiani nel Mondo. A marzo 2010 de Mistura è stato designato Rappresentante Speciale in Afghanistan.
Le precedenti cariche di De Mistura presso l’ONU includono quella di vice Rappresentante Speciale in Iraq e direttore del centro informazioni ONU a Roma. Il suo lavoro lo ha portato in molti dei luoghi più problematici ed instabili del mondo tra cui Afghanistan, Iraq, Libano, Rwanda, Somalia, Sudan ed ex Jugoslavia.
Dopo la foto, in cui Ottavio Missoni gli conferisce il “Premio Tommaseo” a nome di tutti i Dalmati, trovate l’intervista rilasciata al quotidiano Il Piccolo in quella occasione.
da Il Piccolo dell’11 settembre 2009
«Accolgo con molta fierezza e orgoglio il riconoscimento che l’Associazione dei dalmati italiani nel mondo ha voluto assegnarmi; le vicende della famiglia di mio padre, costretto all’esilio da Sebenico, hanno avuto una parte importante nelle motivazioni che mi hanno spinto a impegnarmi, ormai da 38 anni, in una sorta di guerra alle guerre in ogni parte del mondo».
Staffan de Mistura, alto dirigente italo-svedese delle Nazioni Unite, da un mese vice direttore generale mondiale del World Food Programme, il Programma alimentare mondiale dell’Onu con base a Roma, volerà direttamente da Washington a Trieste apposta per ricevere il Premio Tommaseo, sabato 19 settembre nella sala del Consiglio comunale in occasione del 56.o Raduno nazionale dei dalmati.
«Sono sempre stato molto legato alle mie origini – spiega de Mistura – anche perché ho letto e mi sono documentato tanto su questa terra nel corso degli anni. Io sono nato subito dopo la guerra, quando mio padre lasciò la Dalmazia ma d’altronde un mio zio è stato tra le vittime delle Foibe. A Trieste, infine, vive l’unica persona che porta ancora il mio cognome, Armando de Mistura».
Ma i collegamenti tra la Dalmazia e il funzionario internazionale, veterano di tante missioni di pace o diplomatiche dell’Onu come la memorabile Operation Lifeline Sudan a cui diede impulso contro la carestia nella nazione africana a fine anni Ottanta o l’attività in Kosovo come consigliere dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati e amministratore regionale Onu di Mitrovica dopo i raid del 1999, non finiscono qui.
«Durante la guerra nell’ex Jugoslavia – racconta – fui chiamato a intervenire a difesa della popolazione di Ragusa, con la quale condividetti per molti giorni rischi e pericoli, tanto che alla fine mi attribuirono la cittadinanza onoraria. Che accettai, ovviamente, e di buon grado, consapevole del diritto di ogni gente a decidere del proprio destino e a vivere pacificamente nei suoi territori».
Ma riguardo a nazionalità e cittadinanze, Staffan de Mistura sottolinea come nacque apolide, come lo era all’epoca il padre dopo essere riparato in Italia e prima di trasferirsi in Svezia, dove a Stoccolma incontrò durante una cena la futura moglie, appartenente a una famiglia nobile locale, come la sebenzana paterna.
«Avevo sempre desiderato acquisire anche la cittadinanza italiana – spiega – e mentre lavoravo a Mitrovica, forse anche per i risultati raggiunti, il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, ”motu proprio”, me la concesse. Ne fui molto felice».
L’essere di origine dalmata, per sua stessa ammissione, ha contribuito in maniera sostanziale non solo a fare intraprendere all’italo-svedese la carriera nelle Nazioni Unite ma anche a ottenere successo e a trovare una soluzione a diverse situazioni difficili che ha dovuto affrontare nella militanza a favore della pace e della convivenza.
«Intanto i dalmati – spiega de Mistura – sono molto cosmopoliti e in genere poliglotti. Parlano almeno tre lingue, poiché storicamente la regione ha visto la prevalenza di etnie diverse. Secondariamente, ho sempre avuto scolpito nella mente quanto mio padre ha sofferto per la perdita dell’identità e della sua terra come conseguenza di una guerra, sviluppando una particolare repulsione verso la violenza, compresa ovviamente quella tra nazioni».
Ma nella storia personale del dirigente Onu ha giocato anche un fattore emotivo decisivo:
«Ho sempre sentito raccontare da papà quanto sia difficile vivere lontani dalla propria terra, dalla quale si è stati strappati. Ecco, così è cresciuta in me una spiccata sensibilità verso chiunque sia sfollato, emigrato o rifugiato, non solo in senso materiale ma anche culturale e intellettuale».
Una spinta motivazionale che l’ha accompagnato fin da quando aveva 17 anni e lavorava come stagista al Wfp a Cipro: «Un giorno sulla Linea blu sotto i miei occhi un ragazzo fu ucciso da un cecchino. Provai un sano senso di sdegno. Mi fa andare avanti ancora oggi».