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26nov12 – Festival di Storia e Cultura «Adria-Danubia»

Si è svolta ieri presso la Biblioteca Statale “Stelio Crise” di Trieste la prima delle tre giornate del I Festival di Storia e Cultura “Adria-Danubia”, organizzato dall’Associazione Culturale Italoungherese  “Pier Paolo Vergerio” e dalla Sodalitas adriatico-danubiana. L’apertura è stata affidata al Convegno Internazionale di Studi con il tema “La via della Guerra. Italia e mondo adriatico-danubiano alla vigilia della Grande Guerra”, che ha visto la partecipazione di numerosi storici italiani ed internazionali.

 

Adriano Papo, della “Pier Paolo Vergerio”, nell’intervento di apertura ha voluto sottolineare l’importanza del convegno, “in un momento in cui ci avviciniamo sempre di più alle celebrazioni per il centenario della Grande Guerra. Gli interventi di questo convegno, oltre ad essere riccamente specifici della realtà adriatico-danubiana, sono importanti perché verranno raccolti in un volume di Atti che vedrà la luce nei prossimi mesi”.

 

Gianluca Pastori, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha parlato delle “Grandi potenze e gli equilibri balcanico-danubiani da Santo Stefano a Sarajevo”. “In quegli ultimi anni del XIX secolo si profila uno scenario del tutto nuovo in Europa. L’area di interesse europeo diventano i Balcani e con ciò si prefigura lo scacchiere della politica internazionale prebellica. L’area balcanica diventa così il luogo dove viene giocata la partita tra le potenze. Dal 1891 in poi, la spartizione pacifica dei Balcani da parte delle grandi potenze sarà una realtà. Si arriverà così alla convinzione europea che, dopo le crisi balcaniche, la guerra come strumento legittimo di soluzione dei conflitti, sarà la solita soluzione di cancelleria. La storia, come sappiamo, dimostrò il contrario”.

 

Tibor Szabó, dell’Università degli Studi di Szeged, ha guardato con interesse al movimento futurista italiano e cercato al contempo una comparazione con quello ungherese. “Il futurismo cambiò la mentalità delle persone prima e durante la Grande Guerra. L’avanguardia futurista era molto popolare soprattutto tra i ceti bassi della popolazione, riuscendo a fare grandi proseliti e convincendo parte del popolo italiano della bontà di un intervento bellico. Pochi furono tuttavia i futuristi che non tollerarono l’entrata in guerra. Giovanni Papini, nel 1922 a Mosca scrisse un resoconto per Trockij sul movimento futurista italiano e fu uno dei pochi a rivedere le proprie posizioni a conflitto finito”.

 

Antonio Sciacovelli, dell’Università dell’Ungheria Occidentale, ha portato un intervento dal titolo “Le donne, i cavallier, i sapori: l’aureo passato (ri)costruito da Gyula Krúdy alla vigilia della Guerra europea”. “Krùdy ritrae magicamente un’Ungheria mitica, con gli occhi del tempo, cercando di riprendere i luoghi di quando gli uomini non erano definiti moderni. Cerca attraverso i suoi scritti di descrivere una società, quella ungherese, senza mai tralasciare i suoi rapporti con l’esterno, come una realtà fatta ancora di grandi differenze, di solchi profondi tra le masse contadine, gli operai e gli strati alti della società magiara”.

 

Kristjan Knez della Società di studi storici e geografici di Pirano, ha relazionato su “Gli slavi del sud della Duplice Monarchia nelle considerazioni di Karl Slanc”. “Trieste fu per un certo periodo l’obiettivo principale delle classi dirigenti slovene e croate, soprattutto prima del conflitto. Trieste rappresentava l’emporio dell’Impero, il luogo dove si accumulava ricchezza. Ciò che le classi dirigenti slovene e croate cercarono di fare fu di esercitare pressioni sul governo di Vienna affinché il loro ruolo potesse crescere d’importanza. Nel 1916 tuttavia sia Pola che Trieste erano ancora interessi austriaci. Negli sloveni e nei croati cominciano a prendere piede istanze nazionali. I croati guardano agli sloveni come “croati alpestri” e così, i croati vedono nell’Italia uno strumento antiaustriaco. Il Regno d’Italia guarda con preoccupazione le scelte estreme e radicali nei Balcani. Nel 1914 prende forma il conflitto e tutto viene rimandato”.

 

Marina Rossi, dell’Istituto per la Storia del Movimento di Liberazione di Trieste, ha parlato de “Le donne nelle province meridionali dell’Impero: tra condizionamenti sociali e lotta per l’emancipazione”. “Trieste è al tempo realtà industriale dove lavorano migliaia di donne. Ci sono all’inizio del XX secolo quasi 1500 impiegate, 1000 cassiere, poi sarte, cucitrici, lavoratrici impiegate nell’edilizia, nello stabilimento di pilatura del riso a San Sabba, centinaia di calzolaie, moltissime lavoratrici a domicilio (lavoro nero). Tantissime tra i 12 e i 18 anni, nessuna iscritta alla cassa ammalati. Lavorano dalle 9 fino alle 10 ore al giorno, non c’è riposo settimanale, il regime di cottimo sfrutta i lavoratori. Ci sono 5mila apprendiste prive di contratti di tirocinio; lo stipendio, che andava da una ad una corona e mezza, era la metà di quello di un uomo”.

 

Il convegno è proseguito nel pomeriggio con gli interventi di Paolo Radivo della Società di studi storici e geografici di Pirano, su “Il Regno d’Italia e gli italiani dell’Austria-Ungheria 1878-1914”, di Gianfranco Hofer della Deputazione di Storia Patria della Venezia Giulia, con una lezione su “Mondo della scuola e nazionalismi. Uno scritto inedito di Francesco Timeus”, di Giovanni Cerino-Badone dell’Università del Piemonte Orientale con “Gli ultimi trecento metri. Il campo di battaglia da Solferino alla Marna” e di Stefano Pilotto dell’Università degli Studi di Trieste, con “L’Italia e l’Europa centrorientale fra il 1909 ed il 1914”.

 

Nicolò Giraldi

“La Voce del Popolo” 23 novembre 2012

 

 

 

Una stampa ironica raffigurante le potenze del Continente europeo (1870 circa)

 

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