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Bracco da Neresine: fatiche e successi di un pezzo d’Italia (Il Sole 24 Ore 24nov12)

Nella vicenda umana e imprenditoriale di Fulvio Bracco, fondatore del gruppo farmaceutico, c’è davvero un pezzo d’Italia. I suoi dolori e le sue felicità. Le sue traversie e i suoi successi.

Il volume “Fulvio Bracco. Da Neresine a Milano. Memorie dell’imprenditore Fulvio Bracco”, pubblicato dalla fondazione di famiglia, ripercorre la traiettoria collettiva di un popolo che è passato attraverso la seconda guerra mondiale con le sue tragedie ma soprattutto con il suo respiro di libertà, per approdare alla modernizzazione tumultuosa del boom economico. Ha assistito alle tensioni sociali ma anche allo sviluppo del tessuto industriale degli anni Settanta. Ha vissuto la crescente europeizzazione degli anni Ottanta e si è misurato, negli anni Novanta, con l’irruzione della globalizzazione. Una globalizzazione sperimentata – nel caso del gruppo lombardo – con l’acquisizione, nel 1994, della Squibb Diagnostics negli Stati Uniti.

Società ed economia. Dimensione nazionale e internazionale. Nella storia corale del nostro Paese, la pagina specifica delle terre “a mezzo” fra Italia e Jugoslavia viene raccontata direttamente da Fulvio Bracco, in una pagina scritta da anziano e riportata all’interno dell’autobiografia: «Oggi che i miei molti anni mi fanno compagnia con i loro ricordi, vivo ancora più intensamente i sentimenti che mi legano all’Istria. Il Trattato di Parigi del ’47 aveva significato per la mia famiglia un taglio doloroso con Neresine. Nessuno di noi poteva rimettere piede su quelle terre, l’Istria, Fiume, la Dalmazia, consegnate a Tito». Neresine è uno dei cuori emotivi di questa vicenda: «Aspettavo le vacanze estive, che trascorrevo sempre a Neresine» scrive, lui che era nato il 15 novembre del 1909 appunto nell’Isola di Lussino, ricordando gli anni dell’infanzia e delle giovinezza vissute nel capoluogo lombardo («per recarmi a scuola prendevo il tram numero 23, che attraversava mezza Milano»), dove il padre Elio aveva preso la rappresentanza italiana della Merck, la grande società farmaceutica tedesca. Con, tanti anni dopo, il racconto del ritorno a Neresine e l’incontro con uno sconosciuto: «Che cosa cercate?». «La casa dei Bracco». «Lei è Fulvio? Mi sono anche Bracco».

In mezzo, fra l’impossibilità di rientrare d’estate a Neresine e l’esperienza del ritorno consumata tanti anni dopo («l’uomo mi ha indicato la casa, certamente difficile per me da riconoscere: era coperta da due o tre alberi»), c’è la storia di un Paese. Per esempio, l’apporto dato dai grandi architetti alla nostra cultura industriale. Fulvio Bracco, con la sua società, affida a Giordano Forti, del Politecnico di Milano, nell’immediato dopoguerra, la realizzazione dello stabilimento di Lambrate. Il progetto finirà sulla rivista “Architettura”. Oppure, il passaggio dalla manifattura alla ricerca, in questo caso, con il centro ricerche Eprova. Una scelta, già nei primi anni Cinquanta, nel segno dell’internazionalizzazione. Il centro viene infatti fondato a Sciaffusa: «La Svizzera aveva la legge brevettuale sui farmaci, che in Italia non esisteva: con un centro ricerche a Sciaffusa avrei potuto esportare i miei prodotti brevettati nei Paesi in cui vigeva il brevetto. Anche per quanto riguardava i ricercatori, sapevo che là c’era la gente giusta». Gli anni Sessanta e Settanta sono un viaggio continuo, alla ricerca di nuovi mercati. Non solo Europa, ma anche India, Brasile, Venezuela, Colombia, Messico, Stati Uniti e Cina. Con una internazionalizzazione commerciale, ma anche produttiva: per citare due casi, sono stati essenziali nella espansione del gruppo lombardo gli stabilimenti della Bracco de Mexico e della Bracco Novotheràpica di San Paolo.

Negli anni Sessanta, che per la Bracco come per molte altre imprese italiane costituiscono il giro di boa fondamentale per determinare la direzione delle traiettorie successive, le fabbriche in Brasile e in Messico fanno il paio con il complesso industriale di Lambrate, nove filiali in Italia, cinquanta rappresentanze in tutto il mondo e il centro di ricerche in Svizzera.

Nei decenni successivi, la vicenda industriale dell’imprenditore e del suo gruppo si intreccia con la storia nazionale vissuta attraverso le esperienze dell’associazionismo e della rappresentanza (soprattutto confindustriale). Fino al profilo degli ultimi anni, che fanno del gruppo Bracco uno degli esemplari migliori del Quarto Capitalismo studiato dall’ufficio studi di Mediobanca, le medie imprese ultra-internazionalizzate che tengono in piedi l’Italia nella dura, durissima, competizione globale.

P.Br. Su Il Sole 24 Ore del 24 novembre 2012

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