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23 ago – Toth: Vergarolla, un’altra strage italiana

UN’ALTRA STRAGE ITALIANA MISTERIOSA E IMPUNITA
VERGAROLLA, POLA,  18 AGOSTO 1946

Comunicato stampa ANVGD

La recente storia italiana è costellata di stragi rimaste senza una risposta sicura sui responsabili, da Portella della Ginestra al DC 9 di Ustica.

Una di queste stragi è quella di Vergarolla, spiaggia vicino a Pola, del 18 agosto 1946, ove persero la vita – per l’esplosione improvvisa di una cospicua quantità di ordigni bellici ritenuti inerti – oltre sessanta persone, tra le quali venti bambini. Un centinaio furono i feriti.

Ricordiamo i nomi delle vittime: 

Balducci Leambruno, Berdini Emilio, Berdini Amalia, Berdini Ornella, Berdini Luciana, Brandis Ferruccio, Brandis Ida, Brandis Alberto, Bressan Salvatore, Bronzin Francesca, Cherpan Paolo, Crosina Adelina in Ruppillo, Deboni Caterina in Marchi, Dinelli Giovanna, Dinelli Olao, Dinelli Amalia, Dinelli Otello, Dinelli Dorina, Giurina Nadia, Luchez Rosita, Lussi Maria in Deboni, Marani Valeria, Marchi Silvana, Maresi Franco, Maresi Graziella, Maresi Marina, Gilve Jolanda in Maresi, Maresi Caterina in Micheletti, Micheletti Alberto, Micheletti Carlo, Micheletti Renzo, Marini Liliana, Martin Argia, Martin Nicolò, Mingaroni Palmira, Mingaroni Riccardo, Vidovich Giovanna ved. Mingaroni, Muggia Vitaliano, Niccoli Maria Luisa, Quarantotto Anita, Ricato Aurelio, Rocco Mario, Rocco Camilla, Rocco Licia, Rocco Gianna, Roici Lucio, Roici Gianfranco, Sabatti Francesco, Saccon Trifone, Faraguna Stefania in Saccon, Saccon Riccardo, Saccon Fulvio, Contus Emma in Saccon,  Sponza Alberto, Succi Carlo, Toniolo Francesco, Novak Maria in Toniolo, Vivoda Sergio, Vicchi Vilma, Volchieri Iolanda, Volchieri Alfredo, Zaversnich Francesco, Zelesco Edmondo.

Alle 14,10 di quella domenica la spiaggia e la pineta di Vergarolla erano gremite di polesani che oltre a fare il bagno assistevano a una gara di nuoto della storica società sportiva, fondata in epoca austriaca, «Pietas Julia», dal nome romano della città augustea.

Dal giugno dell’anno prima Pola era occupata dalle truppe anglo-americane del Governo Militare Alleato della Venezia Giulia. A Parigi era riunita la conferenza della pace ove si decidevano le sorti dell’Istria, di Trieste, di Fiume, di Gorizia e di Zara. Si succedevano le manifestazioni della popolazione polesana per dimostrare la sua volontà di restare italiana. Tra il 26 e il 28 luglio – come ha ricordato l’on. Corrado Belci – erano stati censiti oltre 28.000 polesani su 33.000 abitanti pronti a lasciare la città nel caso fosse stata assegnata alla Iugoslavia.

Anche la gara nautica del 18 agosto era un’altra manifestazione di italianità.

Ai funerali delle vittime per le vie cittadine, dall’Arco dei Sergi all’Arena, la popolazione si strinse intorno al vescovo Mons. Raffaele Radossi: «Non scendo all’esame delle cause che hanno determinato un simile macello; io rimetto tutto al giudizio di Dio, il quale conosce come è fatta la materia ed anche come sono composti gli spiriti e al quale nessuno potrà sfuggire nell’applicazione tremenda della sua inesorabile giustizia».

A distanza di oltre mezzo secolo la giustizia umana non è ancora arrivata.

Ha scritto Nelida Milani: «Lo scoppio fece abbassare il volume alla città. A quel punto si operò lo scollamento decisivo, inevitabile. L’impalpabile nevrosi della catastrofe vicina era diffusa nell’aria e fra la gente. Lì, a quel funerale, dilagò il senso dell’ineluttabile e della sua accettazione, lì ci furono scene drammatiche, scelte di fuga da un luogo di morte».

Da recenti ricerche negli archivi britannici emerge che i servizi segreti italiani erano certi che l’esplosione fosse opera di agenti dell’OZNA, il servizio segreto della Iugoslavia comunista. L’inchiesta alleata escluse la causa accidentale: le mine, disinnescate, non potevano esplodere da sole. Ma non andò più in là. Un’omertà generale coprì la tragedia. Istriani, italiani  di serie B, carne da mine! 

«Già intimoriti dall’esperienza delle foibe – scrive lo storico Raoul Pupo – gli italiani lessero nella tragedia di Vergarolla non solo un segno del destino ma anche un messaggio politico ben preciso: restare non si poteva, per salvarsi – cioè per conservare la vita, gli affetti, la propria identità – altra possibilità non c’era, se non partire».

Quei funerali furono il solo plebiscito concesso alla popolazione di Pola prima dell’esodo.

Roma, 12 agosto 2010
                                                  
Lucio Toth, presidente nazionale ANVGD

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