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16 dic – Mons. Crepaldi agli istriani: custodire il passato ma coltivare il futuro

«È la mia prima bora a Trieste, questa. Che fatica per salvare lo zucchetto!». Sceglie l’ironia il vescovo di Trieste, per spezzare il ghiaccio alla sua prima visita all’Unione degli istriani, a meno di due mesi e mezzo dall’insediamento. Ma monsignor Giampaolo Crepaldi chiarisce subito il messaggio di cui vuole farsi portatore nella sede di palazzo Tonello: «È difficile chiudere capitoli storici dolorosi come il vostro, ma serve il coraggio di andare avanti. Custodire il passato è importante quanto coltivare il proprio futuro».

Con la sua visita Crepaldi spiega di volere trasmettere un po’ di consolazione e di conforto a tutti gli esuli: «Vengo a riconoscere a nome della Chiesa di Trieste – dice – il vostro dolore, che ha visto anche voi crocifissi come Cristo a causa di vicende storiche tanto drammatiche».

Ma è anche un ringraziamento, quello del vescovo, ai membri dell’Unione degli istriani: «Tocco con mano – racconta – quanto l’arrivo degli istriani a Trieste sia stato una boccata d’aria per la diocesi locale: le chiese, in una città tradizionalmente laica, si sono riempite di cattolici e con gli istriani è arrivato un plotone di grandi preti che hanno rimesso in marcia questa chiesa». Da qui l’invito a restare aggrappati alla fede: «La vostra identità se ne andrà quando vi allontanerete dalle radici cristiane che vi hanno sempre caratterizzato».

Dopo la presentazione della storia dell’Unione da parte del presidente Massimiliano Lacota, anche il vescovo si racconta al pubblico: «La mia strada pastorale iniziò con una disobbedienza: a tre giorni dall’ordinazione mi chiamò il vescovo, dicendomi che mi voleva nominare vicerettore in un collegio vescovile. Io rifiutai: volevo occuparmi di una parrocchia. Il vescovo per fortuna capì. Ma la svolta per me arrivò con la nomina a delegato per la pastorale sociale. A 37 anni fui chiamato a Roma, come direttore dell’ufficio nazionale della Conferenza episcopale italiana. Ho messo fine alla stagione romana per occuparmi di questa Diocesi: era ora di passare dalle carte alle persone. Sono contentissimo – conclude il vescovo – di stare a Trieste: è una città molto bella e complessa».

Giulia Basso su Il Piccolo del 16 dicembre 2009

 

 

 

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