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14 nov – Stangata fiscale per le aziende italiane in Croazia

Decine di aziende coin­volte, un giro di miliardi e una guerra dichiarata: quella dei dazi. A ingaggiarla è stato il Fisco italiano per mano della Dogana che ha deciso di puntare il miri­no sulla Croazia. In sintesi: l’Agenzia del­le Dogane ha iniziato a stangare tutte le aziende che effettuano esportazioni e re­importazioni di prodotti in quel paese sostenendo che devono versare i tributi doganali per tutte le merci che sono sta­te reimportate dal 2002. Una novità che rischia di mettere in ginocchio decine di industriali sbarcati in Croazia per ri­sparmiare sul costo della manodopera. Pochi, infatti, hanno versato i diritti do­ganali perché i più hanno ritenuto di es­serne esenti. Le aziende fin qui raggiun­te dalle inattese, pesantissime sanzioni si sono dunque ribellate e ora lo scontro si è spostato davanti al giudice tributa­rio.

E’ il caso di Stefanel che in Croazia ha delocalizzato diverse lavorazioni: cernie­re, bottoni, lavaggi, stiro e imbustamen­to dei capi. Tutta merce che poi viene ri­portata esentasse in Italia e venduta con il marchio comunitario. L’Agenzia delle Dogane ha detto no: Ponte di Piave do­veva e deve pagare. «La società non ha diritto ad alcun beneficio del trattamento daziario e va sanzio­nata », ha stabilito. Gli avvocati del gruppo tessile veneto hanno scosso la testa: «Ci avvaliamo del regime preferenziale dell’accor­do bilaterale tra Comunità euro­pea e Croazia che prevede la con­cessione di un trattamento agevo­lato (dazio nullo o ridotto, ndr)». L’Agenzia contesta svariate operazioni, dal 2004 al 2007. Lega­li e fiscalisti di Stefanel hanno spiegato di aver effettuato queste operazioni fin dal 2002, anno di entrata in vigore dell’accordo, «senza ricevere mai nel corso de­gli anni alcuna contestazione da parte dell’autorità doganale». Ste­fanel, dunque, si stupisce: com’è che il Fisco si sveglia solo ora? «So­lo in data 21 marzo 2007, all’esito di una revisione dell’accertamento operata da alcuni funzionari su sei operazioni di importazioni effettua­te nel 2004 l’Agenzia redigeva pro­cesso verbale nei confronti di Stefa­nel per contestare l’erronea liquida­zione dei diritti dovuti».

Il giudice, che ha già visionato una se­rie di procedimenti, si è per il momento espresso a favore dell’industria e natu­ralmente contro l’Agenzia: «Per anni l’amministrazione non ha mai eccepito nulla sull’operato di Stefanel – scrive Pie­rantonio Fadel, il relatore, per conto del presidente della settima Commissione tributaria di Treviso – La pretesa dell’Uf­ficio appare infondata tenuto conto che non risulta essere ragionevole che al momento della reimportazione nella Co­munità europea le merci comunitarie subiscano un trattamento peggiore di quello delle merci croate che non paga­no alcun dazio». E cita la Corte di Giusti­zia europea che in un caso analogo, ri­guardante l’Austria all’epoca non comu­nitaria, optò per l’esenzione. Ma la Do­gana non demorde e ha impugnato la sentenza ricorrendo alla Commissione regionale: «Certo, noi andiamo avanti perché siamo convinti che debbano pa­gare. Le reimportazioni comunitarie so­no fuori accordo», ribadisce Giovanni Malcangio, vicedirettore dell’Agenzia di Treviso. La vicenda tocca molte aziende, so­prattutto del Nord Est. Secondo una ri­cerca della Banca nazionale croata negli ultimi dieci anni gli investimenti in quel Paese, che si sta preparando all’in­gresso nella Comunità europea, sono circa quadruplicati, passando dagli 849,7 milioni di euro del 1998 ai 3330 del 2008. Nel settore tessile, oltre a Stefa­nel, ha delocalizzato parte della produ­zione anche Benetton, con Benetton Croazia a Osijek e Benetton Istria.

C’è il gruppo veronese Calzedonia che ha rea­lizzato una fabbrica a Cakovec e dispon­de di quattro stabilimenti. C’è il produt­tore trevigiano di intonaci e calci Fassa Bortolo, la vicentina Helios Tecnology che produce pannelli solari. Oviesse ha tre punti vendita a Pola e sono previste altre aperture a Zagabria. C’è anche la Cooperativa consumatori Nordest e il colosso assicurativo triestino delle Ge­nerali che lì è presente con la controlla­ta Osiguranje. Per quanto riguarda il set­tore bancario Veneto Banka ha aperti 11 sportelli, mentre il Banco Popolare di Verona ha acquisito Banca Sonic ribat­tezzata Banco Popolare Croatia. Questo per dire che l’interscambio fra i due paesi è intenso. E questo solo per rimanere alle grandi società del Nord Est. Non tutte, naturalmente, reim­portano i loro prodotti. Anzi. Le società di servizi sono del tutto escluse dal ri­schio «dazi». Molto più esposte sono in­vece le piccole e medie imprese che fat­turano una bella fetta della quota italia­na degli investimenti e che hanno in corso procedimenti di fronte a doverse Commissioni tributarie del Nord Est. L’avvocato Angela Sirignani ne difen­de alcune, oltre a Stefanel: «Siamo di fronte a due diverse interpretazioni del­la norma. Noi pensiamo che il trattato vada esteso ai prodotti reimportati, loro no. La battaglia dei dazi è appena all’ini­zio ».

Andrea Pasqualetto sul Corriere del Veneto del 13 novembre 2009

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