Decine di aziende coinvolte, un giro di miliardi e una guerra dichiarata: quella dei dazi. A ingaggiarla è stato il Fisco italiano per mano della Dogana che ha deciso di puntare il mirino sulla Croazia. In sintesi: l’Agenzia delle Dogane ha iniziato a stangare tutte le aziende che effettuano esportazioni e reimportazioni di prodotti in quel paese sostenendo che devono versare i tributi doganali per tutte le merci che sono state reimportate dal 2002. Una novità che rischia di mettere in ginocchio decine di industriali sbarcati in Croazia per risparmiare sul costo della manodopera. Pochi, infatti, hanno versato i diritti doganali perché i più hanno ritenuto di esserne esenti. Le aziende fin qui raggiunte dalle inattese, pesantissime sanzioni si sono dunque ribellate e ora lo scontro si è spostato davanti al giudice tributario.
E’ il caso di Stefanel che in Croazia ha delocalizzato diverse lavorazioni: cerniere, bottoni, lavaggi, stiro e imbustamento dei capi. Tutta merce che poi viene riportata esentasse in Italia e venduta con il marchio comunitario. L’Agenzia delle Dogane ha detto no: Ponte di Piave doveva e deve pagare. «La società non ha diritto ad alcun beneficio del trattamento daziario e va sanzionata », ha stabilito. Gli avvocati del gruppo tessile veneto hanno scosso la testa: «Ci avvaliamo del regime preferenziale dell’accordo bilaterale tra Comunità europea e Croazia che prevede la concessione di un trattamento agevolato (dazio nullo o ridotto, ndr)». L’Agenzia contesta svariate operazioni, dal 2004 al 2007. Legali e fiscalisti di Stefanel hanno spiegato di aver effettuato queste operazioni fin dal 2002, anno di entrata in vigore dell’accordo, «senza ricevere mai nel corso degli anni alcuna contestazione da parte dell’autorità doganale». Stefanel, dunque, si stupisce: com’è che il Fisco si sveglia solo ora? «Solo in data 21 marzo 2007, all’esito di una revisione dell’accertamento operata da alcuni funzionari su sei operazioni di importazioni effettuate nel 2004 l’Agenzia redigeva processo verbale nei confronti di Stefanel per contestare l’erronea liquidazione dei diritti dovuti».
Il giudice, che ha già visionato una serie di procedimenti, si è per il momento espresso a favore dell’industria e naturalmente contro l’Agenzia: «Per anni l’amministrazione non ha mai eccepito nulla sull’operato di Stefanel – scrive Pierantonio Fadel, il relatore, per conto del presidente della settima Commissione tributaria di Treviso – La pretesa dell’Ufficio appare infondata tenuto conto che non risulta essere ragionevole che al momento della reimportazione nella Comunità europea le merci comunitarie subiscano un trattamento peggiore di quello delle merci croate che non pagano alcun dazio». E cita la Corte di Giustizia europea che in un caso analogo, riguardante l’Austria all’epoca non comunitaria, optò per l’esenzione. Ma la Dogana non demorde e ha impugnato la sentenza ricorrendo alla Commissione regionale: «Certo, noi andiamo avanti perché siamo convinti che debbano pagare. Le reimportazioni comunitarie sono fuori accordo», ribadisce Giovanni Malcangio, vicedirettore dell’Agenzia di Treviso. La vicenda tocca molte aziende, soprattutto del Nord Est. Secondo una ricerca della Banca nazionale croata negli ultimi dieci anni gli investimenti in quel Paese, che si sta preparando all’ingresso nella Comunità europea, sono circa quadruplicati, passando dagli 849,7 milioni di euro del 1998 ai 3330 del 2008. Nel settore tessile, oltre a Stefanel, ha delocalizzato parte della produzione anche Benetton, con Benetton Croazia a Osijek e Benetton Istria.
C’è il gruppo veronese Calzedonia che ha realizzato una fabbrica a Cakovec e disponde di quattro stabilimenti. C’è il produttore trevigiano di intonaci e calci Fassa Bortolo, la vicentina Helios Tecnology che produce pannelli solari. Oviesse ha tre punti vendita a Pola e sono previste altre aperture a Zagabria. C’è anche la Cooperativa consumatori Nordest e il colosso assicurativo triestino delle Generali che lì è presente con la controllata Osiguranje. Per quanto riguarda il settore bancario Veneto Banka ha aperti 11 sportelli, mentre il Banco Popolare di Verona ha acquisito Banca Sonic ribattezzata Banco Popolare Croatia. Questo per dire che l’interscambio fra i due paesi è intenso. E questo solo per rimanere alle grandi società del Nord Est. Non tutte, naturalmente, reimportano i loro prodotti. Anzi. Le società di servizi sono del tutto escluse dal rischio «dazi». Molto più esposte sono invece le piccole e medie imprese che fatturano una bella fetta della quota italiana degli investimenti e che hanno in corso procedimenti di fronte a doverse Commissioni tributarie del Nord Est. L’avvocato Angela Sirignani ne difende alcune, oltre a Stefanel: «Siamo di fronte a due diverse interpretazioni della norma. Noi pensiamo che il trattato vada esteso ai prodotti reimportati, loro no. La battaglia dei dazi è appena all’inizio ».
Andrea Pasqualetto sul Corriere del Veneto del 13 novembre 2009