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14 feb – Basovizza lordata: altre reazioni a Trieste

di PIERO RAUBER su Il Piccolo del 14 febbraio 2011

«Il vescovo, la curia, la Chiesa di Trieste tutta, condannano fermamente, in maniera totale e radicale, le scritte apparse a Basovizza». Monsignor Giampaolo Crepaldi, sull’episodio dell’oltraggio dell’altra notte al monumento nazionale della Foiba, vorrebbe arrivasse un amen condiviso dall’intera comunità cittadina. Da più parti, d’altronde, s’avverte in queste ore la paura che monti, e peraltro a tre mesi dalle elezioni, una sequela di sfregi di ”rappresaglia”, a mo’ di faida, dei luoghi-simbolo del Novecento triestino, di cui proprio la Foiba di Basovizza e la Risiera di San Sabba sono le icone. Sarebbe di certo un dolore per chi – come l’arcivescovo di Trieste venuto dal Vaticano, dov’era segretario del Pontificio Consiglio di Giustizia – ha messo da subito il percorso di pacificazione tra le priorità della sua missione pastorale in questa terra di confine, al punto da darne prova, fuor di diplomazia, fin dalla solenne messa d’insediamento a San Giusto, un anno e mezzo fa. «L’onorevole Menia non ha capito la versione in sloveno della mia omelia, della quale vado orgoglioso…», aveva messo così, monsignor Crepaldi, il suo pacato amen alle polemiche di allora. Ora, invece, non ci sono polemiche da spegnere, bensì estremismi da zittire. Il vescovo, ieri, non era a Trieste per questioni personali. Ha rimandato a oggi, quando uscirà un comunicato ufficiale della curia. Ha voluto però, telefonicamente, anticipare la «ferma condanna, totale e radicale, dell’episodio di Basovizza».

IL SINDACO Un amen, nella sua laicità, andrebbe di metterlo pure a Roberto Dipiazza, che già sabato aveva liquidato il raid al monumento della Foiba della notte prima come un caso isolato e basta. Non si sente infatti, il sindaco, scottato o messo in discussione nel suo orgoglio di pacificatore dichiarato. Di primo cittadino che ha portato a Trieste i tre presidenti di Italia, Slovenia e Croazia per il concerto del maestro Muti.

«Sono solo due cretini che cercano un certificato di esistenza in vita – ha tagliato corto ieri Dipiazza – se le cose vanno come devono andare il processo di normalizzazione rimane irreversibile». «È chiaro che a chi ha vissuto politicamente sullo scontro ideologico questa tendenza non vada bene, ma sono persuaso che quello di Basovizza sia stato l’ultimo colpo di coda di qualche interprete di idee vecchie, che stanno morendo», conclude il sindaco non dando alcun peso neanche al «Trst je naš!» del ”Playboy” di Lubiana: «È una pura provocazione a fini commerciali, fatta per vendere più copie, ma quale rivendicazione…».

LO SLOVENO La piena sintonia sulla condanna netta dell’oltraggio messo a segno da ignoti alla Foiba, espressa per l’appunto tanto dal capo del potere spirituale della città quanto da quello del potere temporale, arriva infine anche dal leader morale della cultura slovena di Trieste: Boris Pahor «È una porcheria», sospira l’autore di Necropoli, la cui rappresentazione teatrale, a favore della quale lo stesso Dipiazza si è mosso come un caterpillar, è fresca di passaggio (epocale) al Teatro Verdi. «Si capisce che condanno l’accaduto, non c’è neanche da discutere», insiste Pahor. Che poi sibila: Condanno per principio tutte le azioni che sembrano fatte apposta per rinfocolare situazioni scabrose per queste terre. Mi viene come l’idea che si faccia apposta per far resuscitare vecchi disaccordi. È un atto di vandalismo, e credo forse neppure di reale stampo politico. Ricordo, ad esempio, che tre mesi fa qualcuno aveva sporcato la Casa della cultura con il mio nome». Il riferimento è al «Pahor kapo» comparso sulle mura del Teatro sloveno a fine ottobre, accanto al simbolo di Avanguardia nazionale.

IL FATTO È proprio la firma politica che manca, invece, alla scritta lunga oltre dieci metri e alta due – «Nessun ricordo per i fascisti di ieri, nessuno spazio per quelli di oggi» – fatta con lo spray nero sulla pietra esterna del Centro di documentazione della Foiba di Basovizza nella notte fra venerdì e sabato. Un particolare – l’assenza di simboli politici, per l’appunto – che non è mero dettaglio, su cui sta lavorando la Digos, oltre che sui caratteri squadrati delle lettere e sul tipo di vernice usata. Vernice che, come annunciato già sabato dal Comune, sarà tolta tra oggi e domani col metodo complesso ma nel contempo collaudato dei getti di sabbia ad alta pressione sparati contro la roccia.

 

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