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12 lug – 11/13 luglio: da Spalato a Trieste il passato che ritorna

Nell’estate del 1920 il clima politico in tutta Europa era teso per la gravissima crisi economica del primo dopoguerra e per le contese nazionali per la spartizione delle province dei tre imperi sconfitti: la Gemania, l’Austria-Ungheria, la Turchia.

In esecuzione del Patto di Londra del 1915 le truppe regolari italiane avevano occupato il territorio ex-austriaco al di qua delle Alpi Giulie, esclusa Fiume, e la Dalmazia settentrionale, da Zara a Sebenico.

Dal settembre dell’anno prima alcune migliaia di militari italiani ribelli e di volontari guidati da Gabriele D’Annunzio avevano occupato Fiume, chiamati dal Consiglio Nazionale fiumano, che rappresentava la maggioranza cittadina di lingua italiana. La città era assediata dall’esercito regolare e dalla marina italiana per conto delle potenze alleate.

Il resto della Dalmazia era occupato dai reparti del neonato Regno dei Serbi Croati e Sloveni, in attesa della definizione dei confini. Truppe iugoslave avevano anche occupato la Carinzia meridionale, poi restituita alla Repubblica Austriaca.

A Spalato era ancorata nel porto la nave da guerra “Puglia” con il compito di proteggere la popolazione italiana autoctona della città, di cui era stato podestà in epoca austriaca il patriota autonomista Antonio Baiamonti e che costituiva ancora una cospicua minoranza di qualche migliaio di persone.

La sera dell’11 luglio, a seguito di tafferugli tra italiani e slavi e di un precedente tentativo di aggressione al Caffè Nani e ad altri circoli frequentati da italiani, il comandante della “Puglia” Tommaso Gulli era sceso a terra con pochi marinai per sedare i tumulti e ricondurre a bordo un gruppo di ufficiali che tornava da una festa in una casa italiana. 

Si avvertirono colpi di arma da fuoco. Il comandante Gulli e il motorista Aldo Rossi rimasero gravemente  feriti  e morirono nelle ore successive. I funerali si svolsero in forma solenne nelle città di Sebenico e di Zara, dove la popolazione italiana accompagnò i feretri in un clima di grande emozione. 

L’allora Presidente del Consiglio Giovanni Giolitti nella riunione del Consiglio dei Ministri a Palazzo Braschi del 14 luglio riferì sulla  "situazione determinatasi sull'altra sponda dopo la brutale aggressione di Spalato e le provocazioni iugoslave a Trieste. L'on. Giolitti ha comunicato ai ministri i risultati di una prima inchiesta compiuta dall'Ammiraglio Millo (che comandava la Dalmazia occupata, cioè i distretti di Zara e Sebenico) e i provvedimenti presi per esigere riparazioni esemplari e garantire la vita degli italiani." (dal quotidiano triestino “Il Piccolo”).

A Trieste infatti il 13 luglio era stato assalito e incendiato durante una manifestazione di protesta per i fatti di Spalato il centro culturale iugoslavo (Narodni Dom) ospitato nell’Albergo Balkan. Durante gli scontri erano morte tre persone: due italiani e uno sloveno.

In un comunicato della Camera del Lavoro triestina, di indirizzo socialista, si legge:"Gli avvenimenti si riconnettevano, in linea  diretta, con le vittime italiane immolate a Spalato dal cieco fanatismo di razza…" (da "Il Piccolo").

Le violenze reciproche e gli scontri tra italiani e slavi erano frequenti in quegli anni nei territori orientali adriatici, con incendi di aziende, devastazione di poderi, uffici di società, studi professionali delle opposte etnie.

A seguito del Trattato di Rapallo del novembre 1920, che assegnava all’Italia la piccola enclave di Zara e le isole di Lagosta e Pelagosa, migliaia di italiani del resto della Dalmazia abbandonarono le città natali. Fu il primo esodo del Novecento. Altre migliaia di sloveni e croati abbandonarono la Venezia Giulia assegnata all’Italia.

La Redazione del sito

 

 

 

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