Il Tribunale penale dell’Aja (Tpi) ha fallito nel rendere giustizia e nel favorire la riconciliazione nei Balcani poiché ha individuato nei serbi l’unico popolo responsabile dei crimini commessi nella ex Jugoslavia. Parola di vicepremier e ministro della Difesa della Serbia, Aleksandar Vucic, intervenuto a New York alla riunione periodica del Consiglio di sicurezza dell’Onu dedicata all’attività del Tpi.
Con riferimento alle recenti assoluzioni all’Aja dei due generali croati Ante Gotovina e Mladen Markac e dell’ex leader dell’Uck Ramush Haradinaj, che Belgrado ritiene colpevoli di crimini di guerra contro i serbi, Vucic ha aggiunto che la legge internazionale va applicata a tutti in modo uguale, e non in più per alcuni Paesi e in meno per altri. Per centinaia di migliaia di profughi serbi e migliaia di morti e feriti, il Tpi – ha osservato Vucic – ha condannato soltanto alcune guardie di un campo di prigionia bosniaca e due kosovari albanesi. «La Serbia vuole integrarsi in Europa e vuole cooperare con tutti i popoli della regione. La Serbia accetta gli obblighi internazionali, e porta avanti il dialogo con Priština sotto l’egida della Ue, ma l’unica cosa che esige è la giustizia, né più è meno». «Le guerre nella ex Jugoslavia – ha concluso Aleksandar Vucic – hanno avuto una dimensione civile, etnica e religiosa. Nessuna parte è stata innocente, tutte hanno preso parte ai conflitti, hanno commesso crimini e subito vittime».
Tra Belgrado e Zagabria, dunque, è guerra fredda dichiarata. A livello di Nazioni Unite va rilevato che la Germania, la Gran Bretagna, gli Stati Uniti e la Francia hanno difeso l’operato del Tpi giudicandolo uno strumento indispensabile. Ma a fianco della Serbia si è schierata, con toni non troppo accesi in verità, la Cina e, con forte enfasi, invece, la Russia. Insomma per Belgrado due alleati di non poco conto. E che Mosca guarda con un occhio di riguardo ai fratelli slavi del Sud lo dimostra anche l’enfasi con cui i media di Belgrado hanno seguito ieri la posa della prima pietra (o meglio del primo tubo) del gasdotto South Stream a cui non è voluto mancare neppure uno zoppicante, a conferma delle voci su presunti problemi alla schiena, presidente russo Vladimir Putin.
La cerimonia si è svolta ad Anapa – regione di Krasnodar – dove Gazprom ha segnato simbolicamente la partenza del gasdotto South Stream. Il capo del Cremlino è intervenuto alla «posa della prima pietra» della stazione di compressione a terra «Russkaia», da cui in seguito partirà la tratta offshore del maxigasdotto, che porterà il gas russo in Europa occidentale, passando lungo 925 chilometri sotto il Mar Nero, per approdare in Bulgaria e arrivare fino al Tarvisio in Italia, attraverso Serbia, Ungheria e Slovenia. La struttura trasporterà fino a 63 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Il gasdotto, che ha un costo di 16 miliardi di euro, è finanziato da Gazprom, Eni, EdF e Wintershall, e dovrebbe essere operativo nel 2015. Gazprom detiene il 50% della società mista.
(fonte “Il Piccolo” 8 dicembre 2012)