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11 feb – L’intervento di Letta al Quirinale

Dopo aver pubblicato i discorsi al Quirinale di Brazzoduro e Napolitano in occasione del Giorno del Ricordo, ecco il testo completo dell'intervento del Sottosegretario Gianni Letta, cha ha aperto l'incontro allla Presidenza della Repubblica.

 

Ci sono voluti più di 60 anni per vincere “la congiura del silenzio”, ma la solennità del Quirinale fa giustizia –finalmente- di tanti ritardi, di tante sofferenze, di tante incomprensioni e di tante colpevoli omissioni.

E l’accoglienza del Presidente della Repubblica Vi dice più e meglio di tante parole il grande valore civile ed umano che questa celebrazione assume per mantener viva la memoria di un periodo tragico della storia del nostro Paese: gli eccidi delle foibe e quell’esodo doloroso e non dimenticato che, senza retorica, qualcuno ha definito biblico. Furono 350mila gli italiani abitanti dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia che dovettero abbandonare le loro terre, le case, il lavoro, gli amici e gli affetti per scampare alla ferocia di una persecuzione inaudita. E decine di migliaia furono uccisi nelle foibe e nei campi di concentramento.
Lo dice e lo ricorda a tutti gli italiani, ma soprattutto a Voi, istriani, fiumani e dalmati che avete avuto il solo torto di essere e di sentirvi italiani. “
Siete – come ha detto l’On. Toth – il solo popolo che abbia subito persecuzioni, pulizie etniche, genocidi soltanto a causa della propria identità nazionale”.

A Voi tutti, agli esuli, ai parenti e alle famiglie della Vostra grande comunità desideriamo manifestare oggi, nel “giorno del ricordo” un sentimento di sentita condivisione, di solidarietà sincera e di vicinanza spirituale. Un sentimento che esprimo a nome del Governo e del Presidente del Consiglio.

Le numerose iniziative che oggi si svolgeranno in tutta Italia hanno proprio questa finalità: riaffermare la continuità della memoria, soprattutto per le nuove generazioni attraverso: la conoscenza di quegli eventi; la valorizzazione del contributo dato da quegli Italiani allo sviluppo sociale e culturale della sponda orientale dell’Adriatico; attraverso; la custodia delle tradizioni delle comunità istriano-dalmate residenti nel territorio nazionale o all’estero.

La memoria aiuta a capire la verità del passato e ancor di più ad affrontare il futuro.

Lo ha detto con parole toccanti e con accenti poetici, Claudio Magris, proprio qui in questa sala il 27 gennaio scorso, celebrando “l’altra storica e pesante ricorrenza”. La giornata della Shoah.

La memoria – disse – non è il passato, bensì l’eterno presente, di tutto ciò che ha senso e valore: l’amore, la preghiera, l’amicizia, la sofferenza, la felicità. Tutto ciò che ha senso “fa parte della storia del cosmo”, per citare un passo di Singer; ciò che è soltanto funzionale sparisce nell’oblio, appena esaurita la sua finzione, ma tutte le cose essenziali sono nell’eternità del loro presente. Shakespeare è, non era, un poeta. Memoria significa pure rapporto con la propria identità e consapevolezza – ma non stolta e feroce idolatria – di quest’ultima. La memoria è anche una garanzia di libertà…”

Ma il ricordo, per essere efficace, deve unirsi al monito ed alla speranza.

Un monito ad edificare argini forti e sicuri che ci difendano dalle “piene” dell’incomprensione, quelle che, nell’epoca buia dell’Europa, favorirono il prevalere di rancori e rivendicazioni e la brutale uccisione di migliaia di persone.

La speranza è quella che tutti riponiamo nel “sogno” europeo. Viviamo il tempo dell’unità, della riunificazione e della riconciliazione, del superamento del passato.

Vi è un solido patrimonio di valori condivisi alla base del progetto europeo: democrazia, rispetto dei diritti umani, stato di diritto, solidarietà. Il progetto europeo è stato l’antidoto ai veleni che intossicarono il vecchio continente all’inizio del secolo scorso; è stata l’idea e lo strumento che hanno reso possibile l’affermazione della pace sulla guerra, della solidarietà e del rispetto della dignità umana su razzismo e xenofobia, di libertà, democrazia e diritto su fascismo e stalinismo.

Ce lo ha ricordato ancora una volta pochi giorni fa, nell’esercizio del suo alto magistero, il Presidente della Repubblica che ringrazio a nome del Governo. Era il 4 gennaio e il Presidente Napolitano, parlando a Lussemburgo, ha rievocato con parole illuminanti la visione dei padri fondatori dell’Europa e i principi ispiratori della costruzione Europea.

Non stupisca – ha detto – questo mio richiamo alle origini. Da un lato intendo così sottolineare come l’Italia fu parte integrante dell’avvio della costruzione Europea, la cui linea ispiratrice sostenne da allora, per decenni, con determinazione e coerenza, sulla base di una crescente condivisione in Parlamento. E nello stesso tempo considero essenziale un richiamo a quella visione originaria, perché essa costituisce la bussola da non smarrire nella fase complessa, incerta, e altamente impegnativa che l’Unione Europea sta attraversando.

E non è un caso che lo abbia detto davanti alla Corte di Giustizia che ha giustamente definito come l’istituzione che più di ogni altra ha tenuto fermo il timone della visione originaria della costruzione Europea e ne ha garantito il graduale, deciso progredire. Perché, non solo come ha detto Jacques Delors “l’Europa non sarebbe stata possibile senza la giurisprudenza”, ma “è il diritto che deve restare alle fondamenta della costruzione Europea”.

È questa la strada della pace, della riconciliazione, della collaborazione tra i popoli d’Europa, anche quelli che la storia ha visto per tanto tempo su posizioni contrapposte. Il modo per ricomporre le divisioni del passato e per superare le incomprensioni, quelle antiche e anche quelle recenti. Il viatico per un futuro migliore. Un futuro comune al quale guardare con fiducia, nella convinzione che le diversità sono fattori di reciproco arricchimento e che le radici e le tradizioni di ognuno debbano essere rispettate nella loro piena dignità.

Il Governo italiano riconosce e rispetta i diritti delle Minoranze in Italia e riconferma il proprio sostegno alla Minoranza italiana in Slovenia e Croazia. In tale ottica siamo più che mai convinti che il confine dell’Italia orientale possa oggi divenire un crocevia strategico per l’incontro di popoli e nazioni. Un confine vivo, non più una barriera da presidiare. Un confine aperto che non nega la nostra identità né la nostra storia o la nostra civiltà, ma che favorisce l’incontro delle diverse “Europe”, la loro riunificazione per un destino comune.

È così che sentiamo il “Giorno del Ricordo”, è così che dobbiamo viverlo, un passo concreto verso il raggiungimento di questi obiettivi, verso la ricostruzione di una matura ed equilibrata coscienza nazionale.

Non un punto di arrivo, ma un punto di partenza per il riconoscimento, non solo simbolico, dei torti subiti. Un atto dovuto, un atto di giustizia, di rispetto, ma aperto alla fiducia nel futuro.

L’auspicio è che questa celebrazione, toccando la coscienza di tutti, contribuisca alla costruzione di un mondo, il nostro, che solo una rinnovata unità di intenti e di ideali potrà rendere autenticamente migliore.

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