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08 apr – Toth a Mieli: medaglia Zara e riconciliazione, problemi distinti

Al Dott. Paolo Mieli c/o CorSera – Milano

Roma, 7 aprile 2010

 

     Gentile Direttore,
   
     anche sul “Corriere” di ieri Lei è tornato sulle vicende del confine orientale presentando l’ultimo libro dell’amico Raoul Pupo, “Trieste ’45”.
     Nel frattempo il Suo articolo del 23 marzo sul Martirio di Zara, narrato da Paolo Simoncelli, ugualmente amico, ha aperto un dibattito nel quale mi sento in dovere di intervenire come zaratino e come dirigente di un’associazione di esuli.
     Il disegno di una riconciliazione tra Italia, Slovenia e Croazia è condiviso dall’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia e anche dalla Federazione delle Associazioni degli esuli Istriani Fiumani e Dalmati, che raccoglie la maggior parte dei profughi italiani dai territori ceduti alla ex-Iugoslavia. 
     Una condivisione che ha cercato anche occasioni di dialogo sul piano storiografico e culturale e che ha dato qualche frutto, tanto che negli ultimi anni molto è cambiato in meglio, lasciando intravedere la realizzazione di quegli atti simbolici di riconciliazione che l’Ambasciatore Puri Purini indica nel suo articolo sul Corriere della Sera del 1° aprile scorso. Il pellegrinaggio di Putin a Katin è un esempio significativo.
     Ma innestare sul percorso di questo progetto la questione della medaglia d’oro a Zara, per il periodo di appartenenza della città allo stato italiano, risulta alla prova dei
fatti improprio e controproducente perché sovrappone piani completamente distinti, accentuando le difficoltà della riconciliazione anziché appianarle.
     Come dimostra l’istituzione del Giorno del Ricordo con la legge del 2004, che, dopo qualche reazione immediata, sta aprendo la strada a visioni più serene e obiettive da parte dei tre paesi interessati. Il dialogo è sempre più facile quando si parte da posizioni nette e franche piuttosto che da compromessi tortuosi.
     Farsi ingabbiare da nostalgie e revanscismi come da timidezze retrograde significa tagliarsi il cammino verso l’avvenire.

     Per questo condizionare la pubblicizzazione del conferimento di una onorificenza a dei cittadini – che si considera pacificamente ben meritata – al comportamento di Stati terzi rispetto al rapporto primario tra lo Stato italiano e i suoi cittadini (che più di così non potrebbero esserlo) è un assurdo morale, giuridico e politico.
     Morale perché subordina il riconoscimento di un merito e di un sacrificio, per fedeltà e lealtà all’Italia, alla volontà di Stati che sono formalmente eredi di chi all’epoca dei fatti, fino al trattato di pace, si poneva come nemico dell’Italia, malgrado – paradossalmente – la nostra “cobelligeranza” terrestre e aerea proprio sul fronte balcanico.
     Giuridico perché comporta una rinuncia all’esercizio di un potere sovrano di un organo costituzionale italiano, che deve rispondere soltanto alla sua Costituzione e alle sue leggi, quando opera all’interno del suo ordinamento.
     Politico perché vincola un atto interno dello Stato al consenso di soggetti stranieri che non hanno un interesse diretto a quell’atto e che possono quindi procrastinarlo “sine die”, per loro valide ragioni politiche interne di cui non sono tenuti a render conto.
     Si condiziona così un atto dello Stato ad un evento esterno ed incerto, che potrebbe non arrivare mai.
     Ed è altamente immorale attendere la morte di tutti i cittadini italiani della Zara di allora per non farne più nulla. A pagare il prezzo del dolore e dell’attesa sarebbero sempre gli stessi sacrificati di allora, che si dovrebbero e vorrebbero onorare per i loro sentimenti di amore alla patria.
     Sarebbe come se la medaglia d’oro a Marzabotto fosse stata subordinata all’assenso dello stato tedesco. Che lo avrebbe certo dato, ma al quale nessuno lo ha chiesto. O come subordinare le medaglie d’oro a Cassino, Ortona o Francavilla a Mare all’assenso degli stati alleati che ordinarono i bombardamenti su quelle città.
     Così facendo si perpetua inoltre un’ingiustizia che viola la “par condicio” rispetto a
città che quell’onorificenza hanno ricevuto trovandosi all’epoca nelle stesse condizioni storiche, come Gorizia e Trieste, e non si avvicina affatto la riconciliazione, incastrandola in un groviglio diplomatico inestricabile di “do ut des”. E’ solo tagliando il nodo che si agevola il percorso sognato da tutti.
                    
     Il fatto poi che Zara appartenga oggi ad un altro stato non ha nessuna influenza morale o giuridica perché la medaglia riguarda un’epoca limitata nella quale quella città faceva parte integrante di uno stato sovrano, cui era stata riconosciuta dal diritto internazionale (Rapallo 1920), tanto che fu necessario un altro trattato internazionale (Parigi 1947) per distaccarla.
     I cittadini, la cittadinanza della Zara di allora, cui l’onorificenza è conferita, sono oggi cittadini italiani, che se meritano un riconoscimento hanno diritto di riceverlo, a prescindere dalla cessione della loro città ad uno stato straniero per effetto di un trattato successivo che nessuno contesta, ma che non può avere effetto retroattivo sulla valutazione di atti e comportamenti verificatisi quando su quella città sventolava ancora il nostro Tricolore.
                                                             
On. Lucio Toth, Presidente nazionale ANVGD

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