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04 gen – Esodo e pacificazione: riparazione morale

di ROBERTO MORELLI su Il Piccolo del 4 gennaio

Un solo concetto: che il dibattito riapertosi per iniziativa de Il Piccolo non rimanga un florilegio di buoni propositi, ma dia luogo ad atti concreti. Dopo che sul tema della pacificazione tra Italia, Slovenia e Croazia sono intervenute varie personalità di spicco (Roberto Menia, Stelio Spadaro, Franco Juri, ieri il presidente della Croazia Stipe Mesic e, con una lettera pubblicata oggi, il presidente dell’Unione degli istriani), si può provare a tirare le fila della questione affrontando pure alcuni nervi scoperti. Il tema è quello di un gesto di riparazione morale in favore degli esuli, con una visita dei tre Capi di Stato ai contrapposti luoghi della memoria (la Foiba e la Risiera) che riconosca atrocità e responsabilità, e chiuda per sempre il dopoguerra: il gesto serve, non serve, è troppo o è troppo poco?

Sul tema sussistono all’ingrosso tre posizioni. La prima, purtroppo radicata nella dirigenza politica slovena e croata, è che non serva alcun gesto: Slovenia e Croazia, si argomenta, non sono la Jugoslavia e non ne portano le colpe, la cacciata degli istriani fu la conseguenza del fascismo e la partita dei beni abbandonati è stata chiusa dai trattati. È il ”negazionismo” alla rovescia. All’estremo opposto c’è una posizione pressoché scomparsa dal contesto politico italiano, e ormai ampiamente minoritaria nel mondo dell’esodo: una riparazione morale è acqua fresca, ci vuole un atto di pentimento solenne di Lubiana e Zagabria con la restituzione di tutti i beni abbandonati. Le due posizioni si alimentano a vicenda: di certo la componente “negazionista” d’oltre confine si augura di fronteggiare in eterno argomenti di questo tipo, che garantiscono lo status quo, cioè che nessun gesto venga mai fatto, e non un solo bene restituito.

Nel mezzo, però, è maturata la consapevolezza dell’opportunità ed equità di un atto di riparazione morale, ché la tragedia di un popolo non potrà mai chiudersi con i soli indennizzi pecuniari (per giunta tardivi e insufficienti). Come scrivemmo un paio di settimane fa, non tutto si compra e si vende, e gl’istriani lo sanno meglio di ogni altro. È dunque nel solco di questa consapevolezza, ma facendo chiarezza sugli infiniti distinguo che vorrebbero sminuire un atto di portata solenne, che va costruito il gesto di pacificazione.

E poiché in diplomazia la forma è sostanza, è opportuno che la visita dei Capi di Stato si svolga in due luoghi simbolo (Foiba e Risiera appunto), senza dare la stura a una grottesca proliferazione di siti in cui ognuno ne pone uno in più. E che una dichiarazione congiunta esprima senza infingimenti la condanna per quel che accadde nella Venezia Giulia, con una chiara manifestazione di responsabilità e di scuse storiche per chi subì le atrocità da una parte e dall’altra. Certo che, come dice il presidente croato Mesic, «fascismo e antifascismo non vanno messi sullo stesso piano»; e ci mancherebbe altro.

Ma le foibe e l’esodo non furono il prodotto dell’antifascismo, bensì del comunismo jugoslavo, che mirava a sostituire una dittatura con un’altra, e nei propri confini vi riuscì.

In questo contesto, e avendo ben presente gli sforzi della Croazia per ricongiungersi all’Europa e la giusta disponibilità del nostro governo a sostenerla, può trovare spazio anche la restituzione di beni abbandonati. Fossimo nel ministro Frattini, che fra otto giorni sarà in Croazia, proporremmo che un numero congruo d’immobili storici in rovina nell’Istria interna venga donato alla Federazione degli esuli. Sarebbe un gesto simbolico di grande peso e nell’interesse della stessa Croazia, che sta riqualificando il proprio patrimonio.

Vi sono molte altre alternative immaginabili. L’unica da non perseguire è purtroppo la più probabile: non far nulla, giacché qualsivoglia proposta solleva malumori e interdizioni, e lasciare che lo scorrere del tempo faccia scomparire le vittime e il vissuto della tragedia. Nei confronti degli istriani, e nell’apparente cecità di alcuni dei loro rappresentanti, sarebbe un ulteriore, definitivo, scandaloso insulto storico.

 

 

 

 

 

 

 

(Il logo della FederEsuli)

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