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01 mar – Slovenia: Esuli respinti per omaggio a foiba

COMUNICATO DELL'UNIONE DEGLI ISTRIANI

“Nulla è cambiato, proprio nulla da sessantacinque anni a questa parte”. Questo l’unanime commento delle oltre settanta persone che hanno partecipato questa mattina in Slovenia a Corgnale di Divaccia (Lokev), alla commemorazione delle vittime italiane barbaramente torturate e gettate nella foiba Golobivnica, situata nelle immediate vicinanze della località slovena subito oltre confine, a 12 km da Trieste.

Si è cosi ripetuto l’episodio di odio razziale e intolleranza manifestatosi il 10 febbraio dello scorso anno a Roditti (Rodik), quando una comitiva molto più numerosa, che aveva inteso omaggiare presso l’omonima voragine il sacrificio dei 97 finanzieri prelevati dai partigiani comunisti jugoslavi dalle caserme di Campo Marzio e via Udine a Trieste i primi giorni di maggio del 1945 durante l’occupazione slava della città e colà fatti precipitare dopo sevizie e torture, venne fermata illegalmente e multata ripetutamente dalla polizia locale per una asserita mancanza di autorizzazione.

Quest’anno l’Unione degli Istriani aveva chiesto, con l’assistenza dell’Ambasciata d’Italia a Lubiana e per il tramite del Consolato generale d’Italia a Capodistria, tutte le autorizzazioni necessarie, anche se con notevoli poche difficoltà.

La delegazione dell’Unione degli Istriani, guidata dal presidente Massimiliano Lacota, è partita da piazza Oberdan alle ore 9.30, raggiungendo in meno di mezz’ora la località di Corgnale dove al pullman è stato impedito di proseguire lungo la strada secondaria: di prima mattina, infatti, degli operai del comune avevano installato appositamente un nuovo segnale stradale di divieto di transito per i pullman. Il gruppo, costituito da anziani e da alcuni parenti delle vittime, è stato costretto a scendere parecchie centinaia di metri prima per proseguire poi a piedi lungo una stradina asfaltata costeggiate da case all’epoca dei fatti di sangue inesistenti. Mentre si proseguiva in marcia silenziosa con un crocifisso in segno di pace e misericordia, da lontano si udivano dei canti e si vedevano tra i rami spogli degli arbusti a lato della strada le prime bandiere slovene e jugoslave con tanto di stella rossa e, inaspettatamente anche un grande tricolore con la stella rossa al centro.

La delegazione ha proseguito sino allo sbarramento umano. Ad accoglierli, al grido del mai dimenticato e sopito motto di odio e vendetta “smrt fašizmu, svoboda narodu”, gli esuli hanno trovato una gruppo di persone inferocito, in perfetta divisa partigiana e titovka in testa con stella rossa, tra i quali molti giovinastri avvinazzati, e manifestamente pronti al contatto fisico. Alcuni di loro tenevano in mano dei bastoni con punte di ferro e diverse fotografie del periodo bellico, tra le quali immagini dell’incendio del Balkan e di alcuni partigiani, presumibilmente slavi, riversi a terra.

Incredibilmente, in prima fila, c’erano diversi bambini in tuta mimetica e berretta con stella rossa. Una strumentalizzazione pazzesca.

Sono così iniziate le trattative con la polizia che, pur riconoscendo la validità delle autorizzazioni e ammettendo che i manifestanti sloveni ne erano provvisti, avendo occupato il sito alle prime luci dell’alba, non potevano fare nulla ed invitavano il gruppo a rinunciare alle commemorazione e, casomai, ripeterla successivamente.

Il presidente Lacota, ignorando le pesanti provocazioni, le urla e le accuse di “porci italiani” e “sporchi fascisti”, ha voluto invece insistere affinché la commemorazione, regolarmente autorizzata secondo le volontà, ma anche secondo i capricci della burocrazia slovena, non venisse sospesa. Dopo un’attesa di quasi un’ora, in un clima di crescente ostilità e di intollerabile discriminazione etnica, la Delegazione ha deciso di deporre i fiori sul prato adiacente, al bordo della strada, recitando alcune preghiere e omaggiando così gli infoibati innocenti – anche parecchi sloveni dello stesso villaggio – fatti colà precipitare.

Il tutto si è poi concluso con il rientro a piedi verso il pullman, mentre proseguivano i canti e gli insulti (tra cui Berlusconi fascista e Dipiazza fascista, che si sono sentiti a lunga distanza).

La Foiba Golobivnicà è uno dei quasi seicento luoghi di sepoltura che la Repubblica di Slovenia ha formalmente riconosciuto a seguito di numerosi studi iniziati negli anni ’90 da diversi ed autorevoli ricercatori sloveni. Fra tutti primeggia lo storico Mitja Ferenc, autore di una pubblicazione (in lingua slovena) dal titolo Prikrito in očem zakrito (in italiano: nascosto e celato agli occhi) e di una significativa mostra inaugurata nel 2005 nel Museo civico della città di Celje, nella quale per la prima volta venivano resi noti i risultati delle ispezioni effettuate in varie foibe e cavità dell’intero territorio sloveno, con l’indicazione delle nazionalità delle vittime della pulizia etnica di Tito: civili e militari italiani, militari tedeschi, civili e militari sloveni, serbi, croati, magiari e persino russi. Il volume in oggetto riporta la foiba di Golobivnica come luogo di sepoltura.

Numerosissime sono le testimonianze circa gli eccidi commessi e gli infoibamenti avvenuti dai primi giorni di maggio del 1945 e fino addirittura al 1946 presso questa cavità. Gran parte di queste sono contenute nel volume recentemente uscito dal titolo Tudi mi smo umrli za domovino (in italiano: anche noi siamo morti per la patria) edito a Lubiana – e disponibile anche in lingua italiana – dall’Associazione per la sistemazione dei sepolcri nascosti della Slovenia, e curato da cinque autori sloveni: Franc Perme, Anton Zitnik, Franz Nucic, Janez Crnej e Zdenko Zavadlal.

Va ricordato ancora che nell’elenco ufficiale delle foibe della Repubblica di Slovenia presente su internet compare al n. 401 la Foiba Golobivnica (Grobišče jama Golobivnica), con la precisa indicazione delle nazionalità delle vittime precipitate: sloveni ed italiani.

Senza tuttavia voler fare di tutta l’erba un fascio, l’episodio ripetutosi quest’anno è sintomatico di quanta strada dev’essere ancora percorsa per poter realmente ed onestamente compiere il tanto auspicato gesto di pacificazione tra Italia, Slovenia e Croazia.

L’Unione degli Istriani, del resto, lo aveva previsto da molto tempo che nella coscienza dei popoli vicini, le cui nuove generazioni ignorano del tutto le brutalità commesse dai partigiani comunisti durante e dopo la seconda guerra mondiale, non è nemmeno maturata la consapevolezza che per una condivisione della memoria è necessaria prima una profonda e completa rilettura dei fatti storici che hanno interessato la Slovenia, la Croazia e la nostra Venezia Giulia.

Il presidente Lacota ha così commentato l’incidente odierno: “Come temevamo, nonostante le autorizzazioni – che a nulla sono valse – e nonostante gli sforzi delle nostre autorità diplomatiche la commemorazione pacifica e sommessa non si è svolta secondo le nostre volontà”. “Non è accettabile che in un paese che si dichiara moderno, civile ed europeo, a distanza di quasi sessantacinque anni dalla fine della guerra non si possa deporre un fiore nei luoghi in cui ancora oggi riposano migliaia di vittime, perlopiù innocenti, delle sanguinarie vendette partigiane ed è per questo che ci aspettiamo un intervento diretto delle autorità governative slovene e di quelle nostre italiane.”

“La contromanifestazione di oggi, che aveva un chiarissimo intento intimidatorio e provocatorio, con la presenza di molti giovani ubriachi inveire contro inermi persone, non ha fatto altro che confermare il livello di conoscenza, di educazione e purtroppo anche di civiltà che alberga in una certa fetta della popolazione”.

Poco prima di salire sui bus, di ritorno dal luogo della cerimonia, una signora anziana abitante del luogo si è avvicinata in lacrime ad alcuni membri della Presidenza dell’Unione degli istriani dicendo: “Grazie per essere venuti e per aver voluto ricordare questi nostri morti. In quella triste foiba molti anni fa sono successe delle cose orribili!”.

Unione degli Istriani

 

 

 

(un immagine degli incidenti in Slovenia. In primo piano un tricolore italiano con la stella rossa, di nefasta memoria)

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