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Zara come Dresda (Voce del Popolo 13 mar)

di Dario Saftich

Zara come Dresda, Amburgo, Tokio… Furono parecchie nella Seconda guerra mondiale le "città illustri" che subirono il martellamento delle fortezze volanti alleate e si trovarono con il "volto sfigurato". Alla lunga lista delle "città martiri" dei bombardamenti dal cielo, ovviamente, vanno aggiunte anche quelle devastate dalle bombe della Luftwaffe, ad iniziare da Coventry, passata alla storia, anche perché in seguito al suo calvario è stato coniato il neologismo "coventrizzazione". E davvero se una città è stata coventrizzata sul finire del Secondo conflitto mondiale, quando le fortune della guerra volgevano chiaramente già a favore degli alleati, questa è stata Zara. Ancor oggi molti si interrogano sui perché di cotanto accanimento contro una località che ormai aveva perso una valenza strategica militare, che potesse giustificare bombardamenti così massicci e ripetuti come quelli a cui fu sottoposta. Per troppo tempo l'argomento è stato trattato soltanto di sfuggita dalla storiografia croata, alla pari di altre tragedie dell'Adriatico orientale e non sono mancati tentativi di ridimensionare, almeno in parte, la portata delle distruzioni subite dal centro storico.

Di recente il settimanale zagabrese "Globus" ha riportato un ampio scritto dello storico croato Tvrtko Jakovina che ha il pregio di rispolverare la vicenda zaratina e di osservare con occhio critico quanto successo nel Secondo conflitto mondiale. Jakovina contestualizza, con grande sapienza, il martirio di Zara, nell'ambito di quella che fu la strategia alleata dei bombardamenti a tappeto nella Seconda guerra mondiale e neppure lui trova giustificazioni per attacchi di tale portata contro obiettivi civili e monumenti storici, la cui distruzione assolutamente non poteva giovare all'andamento delle operazioni militari sul campo. Il saggio di Jakovina ha il pregio però di porre pure l'accento sul secondo sconvolgimento subito dal capoluogo della Dalmazia settentrionale, quello demografico e culturale. Zara è stata colpita due volte, con le distruzioni e la ricostruzione, che ne ha modificato l'assetto urbano, ma soprattutto quello umano. La sua identità storica e culturale ne ha risentito alla pari di altre città costiere dell'Adriatico orientale, ma anche più delle altre, tanto da renderla spesso irriconoscibile ai vecchi zaratini che vi fanno ritorno, per visitarla, dopo decenni di esilio.

Eppure una differenza di fondo tra la vicenda di Zara e quella di altre città "conventrizzate", ad esempio Dresda o Amburgo, sussiste. Le bombe sulle città del nord magari potevano proporsi di fiaccare il morale delle popolazioni "ostili", di dare all'avversario un'immagine eloquente della propria potenza per costringerlo a gettare subito le armi. Nel caso dalmata, invece, c'era di mezzo la "questione adriatica", andavano delineati già gli assetti del dopoguerra: e le bombe potevano "chiudere" tale "questione" con la "semplificazione culturale". Come dire, gli ordigni dal cielo erano non soltanto strumenti militari, ma potevano essere letti anche come la prosecuzione della politica con altri mezzi…

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