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Una storia che disturba (Voce del Popolo 06 mag)

Alla recente cerimonia per il Sessantacinquesimo della liberazione di Rovigno la vicepresidente della locale Associazione dei combattenti della LPL Katerina Juričić Deltrepo ha rilevato che la recente pubblicazione del Centro di Ricerche storiche sulla storia della CNI conterrebbe “mezze verità e illazioni sulla lotta antifascista”. Interpretazioni che – ci dice – “potrebbero indurre i più giovani a conclusioni errate”.

Si tratta di asserzioni del tutto gratuite che ci amareggiano ma non ci sorprendono.

Nel nostro volume doppio sulla “Comunità Nazionale Italiana: storia e istituzioni degli italiani dell’Istria, Fiume e Dalmazia (dal 1944 al 2006)” abbiamo voluto compiere un’attenta analisi del difficile percorso storico compiuto dagli italiani “rimasti”, dopo la Seconda Guerra Mondiale, in queste terre. Un cammino che ha portato la nostra componente a passare, in pochi anni, da una situazione di relativa maggioranza (o comunque di parità) ad una condizione di minoranza e, ad esodo concluso, a soffrire le conseguenze di un’inarrestabile, strisciante assimilazione.

Lo abbiamo fatto per cercare di sciogliere alcuni nodi interpretativi che erano rimasti aperti e chiarire meglio taluni aspetti del nostro passato che la “storiografia ufficiale” aveva ignorato o misconosciuto.

Abbiamo certamente toccato tra l’altro alcuni punti sensibili, relativi al confronto sviluppatosi nel corso del conflitto fra le due “diverse visioni” – quella degli italiani di queste terre e quella jugoslava – della Resistenza, che i canoni ufficiali della storiografia jugoslava (e le posizioni di alcuni storici croati e sloveni) sinora hanno cercato di negare.

Nel primo capitolo dell’opera rileviamo che vi erano, per molti aspetti, due concetti diversi di lotta di liberazione: nazionale e sociale, in un quadro di radicalismo rivoluzionario, per i croati e gli sloveni; sociale e internazionalista, diretta prevalentemente a scacciare l’occupatore ed a lavare l’onta dell’oppressione nazi-fascista, per gli italiani. Proprio per questo motivo, a nostro avviso, è stato necessario analizzare le complesse cause di questo fenomeno, così come le ragioni che hanno reso possibile il successivo allineamento quasi totale degli esponenti della resistenza italiana (e in particolare dei comunisti italiani) agli obiettivi nazionali e alle tesi annessionistiche jugoslave.

Siamo consapevoli che queste analisi abbiano creato un po’ di sconcerto e delle reazioni stizzite tra chi sinora era abituato a considerare la storia della LPL in modo univoco e dogmatico, prendendo in considerazione solo la propria versione nazionale.

Quanto asserito nella nostra opera è sostenuto da documenti e riscontri obiettivi (il secondo volume è completamente dedicato ai documenti, molti dei quali inediti): le “ mezze verità” e le “illazioni” le lasciamo agli altri (ricordando quanto “obiettiva” e “imparziale” sia stata sinora la storiografia della LPL forgiata dal vecchio regime). Tanto più se consideriamo che il CRS di Rovigno, in oltre quarant’anni di storia, si è sempre contraddistinto – come rilevano le più autorevoli fonti scientifiche – per la sua correttezza ed obiettività.

Quanto alle possibili diverse interpretazioni dei fatti storici – sempre suffragati da riscontri documentali -, riteniamo sia giunto il tempo anche in Croazia e in Slovenia di aprirsi ad un salutare e libero confronto nell’ambito del quale non sia considerato dissacrante esprimere delle valutazioni critiche, o tesi volte a gettare nuova luce su aspetti per troppo tempo lasciati nell’ombra o considerati tabù.

Non esiste una “storia ufficiale”, retta da canoni intoccabili o da interpretazioni immutabili. La storia è un libro aperto in costante divenire, suscettibile di modifiche e aggiustamenti quando l’emergere di nuovi riscontri documentali o l’evolversi della ricerca – in scienza e coscienza – lo richiedono.

Seguendo questa strada non si espongono i giovani al pericolo di “giungere a delle interpretazioni errate”. Anzi si contribuisce ad offrire loro nuovi strumenti di comprensione e conoscenza del passato, fondamentali per la maturazione della loro coscienza critica e democratica di moderni cittadini europei.

Ci amareggiano, ma non ci sorprendono più di tanto, dunque, le recenti “esternazioni” contro quest’opera del CRS degli esponenti dell’Associazione rovignese degli ex combattenti della LPL.

Anche perché una parte dei loro esponenti ha dimostrato sinora di avere delle forti chiusure e preconcetti nei confronti di ciò che rimane della componente e dei rappresentanti italiani della Lotta di liberazione. Sino ad impedire qualche anno fa al nostro deputato al Sabor, Furio Radin – reo di avere proposto di collocare una lapide sulla foiba di Vines e di avere ricordato i vuoti incolmabili provocati dall’esodo -, di parlare al tradizionale raduno per l’anniversario della costituzione del battaglione “Pino Budicin”. I recenti accordi di collaborazione tra l’Associazione degli ex combattenti antifascisti della Regione istriana e l’Unione Italiana e le proposte della Commissione mista nominata dai due Enti, hanno prodotto comunque dei frutti positivi; come confermato anche dalla partecipazione dell’on. Radin (dopo anni di forzata assenza) all’ultima cerimonia commemorativa per il 64° anniversario del “Budicin. Da qui l’incongruenza della nuova presa di posizione dell’Associazione degli ex combattenti rovignesi.

Il nostro appello è rivolto, pertanto, ad avviare un sano e aperto dibattito per comprendere meglio la nostra storia: non abbiamo nulla da perdere e, soprattutto, niente di cui avere paura. Rinunciamo alle posizioni preconcette e precostituite, abbandoniamo le chiavi di lettura “nazionalistiche” rispettando, in una prospettiva post-nazionale ed europea, i valori e i contributi di tutte le componenti.

Solo così ci libereremo dai pesanti fardelli che ci impediscono di costruire, insieme, un presente e un futuro condivisi.

Ezio e Luciano Giuricin

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