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Un viaggio nella toponomastica dell’Adriatico orientale – 23gen16

 

Sono riprese mercoledì 20 gennaio 2016 le attività istituzionali presso la Casa del Ricordo di Roma, con un nuovo ciclo di appuntamenti finalizzati ad approfondire la conoscenza dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia e la prima tappa di questo nuovo percorso è stata caratterizzata dall’intervento del prof. Cosimo Palagiano dedicato a “La toponomastica delle terre dell’Adriatico orientale”.

Introdotto dalla prof.ssa Donatella Schürzel, Presidente del Comitato di Roma dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, il professore Emerito di Geografia dell’Università capitolina “La Sapienza”, ha intrattenuto una piacevole conversazione con il pubblico che ha riempito la sala conferenze della Casa. Palagiano ha ampiamente citato i lavori di Alberto Fortis, a partire dalla definizione dei Morlacchi, il cui nome significa “Valacchi Neri”, ma in turco il colore nero indica il nord, quindi possono essere ritenuti anche i Valacchi del nord, laddove quelli del sud vengono tradizionalmente ritenuti gli italiani, tanto che in polacco l’Italia è definita Valacchia.

Con analoghi dotti riferimenti e curiosi approfondimenti, l’illustre ospite ha ricordato come l’Istria si trovi descritta da Strabone, il quale asseriva che la terra dopo il Timavo fino a Pola (citata anche in Callimaco) era abitata dagli Istri appunto. Risale al 60 a.C. la fondazione di Tarsatica, cioè l’odierna Fiume, ma la località di Tersatto è facilmente ricollegabile a tale radice latina. Ricordato che Zara in dalmatico rispondeva al nome di Iadera, Palagiano si è quindi soffermato su Ragusa, discendente dalla colonia greca di Raguseion, laddove la denominazione slava Dubrovnik affonda le radici nella parola “dubrava”, bosco di quercia, poiché nelle vicinanze si trovavano anticamente querceti: stimolato dall’attento pubblico, l’ospite della serata ha ricordato come la commedia “La dodicesima notte” di William Shakespeare fosse ambientata in Dalmazia e che la Ragusa che vi si trova citata non è affatto quella di Sicilia.

Spingendosi fino al litorale albanese, la città di Scutari/Shköder sarebbe il luogo dove scorre il fiume Drin mentre Valona/Flora discende dalla fondazione greca Aulon. Risalendo il litorale, molte sono le interpretazioni alla base del toponimo Antivari, ma la più diffusa prende in considerazione il significato di “davanti a Bari”, a testimonianza della reciprocità di scambi tra le due sponde dell’Adriatico. Prova ne sono anche i siti fondati da croati ed albanesi (non solo collegati alla migrazione dei seguaci di Skanderbeg dopo la fallita insurrezione antiturca) instauratesi in Italia meridionale, dal Molise alla Calabria, in età medioevale e moderna. A proposito della Dalmazia, infine, il docente ha ricordato come la conservazione e riscoperta delle denominazioni italiane di luoghi e città sia stata particolarmente accurata a fine Ottocento per motivazioni irredentistiche.

Concludendo l’incontro, la prof.ssa Ester Capuzzo, pure lei afferente a La Sapienza, ha ricordato come nel corso dei secoli sulle coste orientali del mare Adriatico diverse dominazioni ed il passaggio di amministrazioni, che si presentavano con lingue ufficiali differenti, abbiano inciso sulla toponomastica ufficiale (in maniera particolarmente invasiva negli anni successivi alla fine della Prima Guerra Mondiale), laddove solamente dopo la Seconda Guerra Mondiale si sarebbe imposto un regime capace di spazzare via non solo i nomi, ma anche le persone.

 

Lorenzo Salimbeni

Responsabile comunicazione ANVGD

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