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Un libro sull’infanzia a Visignano (Il Piccolo 02 feb)

MONFALCONE Nane Piccolo era un contadino e aveva quattro magnifici manzi, dotati di rubuste corna. All’estremità delle corna Nane aveva sistemato delle palline di ottone, in modo che i manzi non si ferissero quando scrollavano la testa per scacciare le mosche. Un giorno qualcuno rubò i manzi di Nane Piccolo, il quale, affranto, chiese aiuto ai paesani e ai carabinieri per ritrovarli. Ma furono gli stessi manzi a tornare dal loro affezionato Nane; muggendo rabbiosamente si fecero trovare dai ricercatori e non appena liberati dal nascondiglio tornarono pigramente verso la loro stalla, tra ali di paesani che li salutavano come fossero delle star. I manzi di Nane Piccolo è uno dei racconti, ora struggenti, ora divertenti, proposti nel libro «La mia Istria, ricordi dell’infanzia a Visignano», scritto dal monfalconese Luigi Covaz ed edito dall’Unione degli istriani di Trieste.

Il libro verrà presentato domani, alle 17, nella sede dell’Unione in via Pellico 2 a Trieste. Oltre all’autore saranno presenti il giornalista del ”Piccolo” Bruno Lubis – istriano fiero di esserlo – e il presidente dell’Unione, Massimiliano Lacota, che ha curato la presentazione del volumetto.

Luigi Covaz, ha quasi ottant’anni ed è un pensionato del cantiere navale di Monfalcone. Ha raccolto in questo libro (disponibile per ora nelle principali librerie di Trieste a cinque euro) i suoi ricordi dell’infanzia trascorsa a Visignano, lo splendido paese arrampicato sulle prime pendici dell’entroterra istriano. Ne è venuta fuori una carrellata di personaggi, luoghi e aneddoti davvero curiosa e singolare. È un racconto che mantiene le distanze dalle tematiche del dramma dell’esodo (l’autore non è un esule), ma che al tempo stesso esprime un dolore profondo per una terra che le vicende storico-politiche hanno profondamente ferito.

L’amore di Lugi Covaz per l’Istria si è però mantenuto intatto, i ricordi dell’infanzia sono stati custoditi con cura senza smarrire nemmeno una sfumatura delle sensazioni meravigliose che l’allora bambino Luigi – detto Gino – assaporava al fianco del nonno Bepi e della nonna Maria, nella casetta di Visignano di cui ora rimane solo qualche pietra dell’antico selciato. (r.c.)

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