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Un fiume di musica potente e giovane (Il Piccolo 14 lug)

TRIESTE I concerti dell'amicizia, fiore all'occhiello del Ravenna Festival, si svolgono all'aperto non sempre in condizioni ideali. In Trieste, sede di questa edizione 2010, una congiuntura meteorologica, minacciosa alla lontana ma alla fine benigna, ha concesso a una folla strabocchevole e ad un parterre de roi, con addirittura tre Capi di Stato, di gustare un'irripetibile magia. Magari non sotto le stelle, stavolta velate dall'afa, ma grande musica en plein air. In manifestazioni di tal genere, calibrate secondo i parametri della comunicazione globale, spesso a farne le spese sono i commenti e l'esegesi delle esecuzioni, ma Riccardo Muti sa mettere le cose a posto.

Nella consapevolezza trattarsi di una serata non da delibare per ricchezza di sfumature come al Musikverein, ha puntato sul numero, sulla potenza e sulla gioventù, senza abdicare alla sua proverbiale attenzione all'assieme, ma tenendo conto dell'eterogeneità dell'agglomerato. Aveva a disposizione la sua creatura preferita, la "Luigi Cherubini", alla quale ha aggiunto la "Giovanile Italiana" e altri strumentisti concessi dalle Accademie di Lubiana, di Zagabria e dal Conservatorio "Tartini". Oltre cento elementi in tutto, cui si sono aggiunti i duecento e passa coristi, per l'occasione istruiti da Sergio Balestracci e desunti da "La Stagione Armonica", dal Coro "Preseren" di Kranj, dall'Ensemble interprovinciale del Friuli, coordinati dalla benemerita Corale Seghizzi.

Al pubblico vicino ma anche alla moltitudine più lontana raggiunta tramite potenti diffusori e teleschermi, non sono sfuggiti il minuzioso lavoro svolto da Muti sul gigantesco complesso ed il suo gesto, perentorio ed affettuoso insieme, con cui ha messo ogni singolo componente a proprio agio. Un breve omaggio alla musica dei Paesi confinanti precedeva il Requiem in do minore di Cherubini: un soffio appena di retorica non influisce sulla sapienza e su ricercatezze di antiquariato nobile della "Libertas animi" di Andrei Misson, mentre "Himna slobodi" di Jakov Gotovac coinvolge l'ascolto lasciando affiorare qualche eco lontana della tradizione popolare dalmata. Ma, per la prova maiuscola del Maestro, dell'Orchestra e soprattutto del Coro, ad emozionare è stato il Requiem cherubiniano, marmoreo nella sua bellezza neoclassica e grandioso nella sua preghiera per la pace.

Claudio Gherbitz

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