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Un errore la via a Tito (Il Piccolo 03 mag)

LETTERE

Ha ragione Stelio Spadaro a ricordare i suoi doveri allo schieramento antifascista (al quale appartengo) che a suo tempo ha, giustamente, osteggiato l’intitolazione di una strada di Trieste al fascista Mario Granbassi.

Perché – chiede Spadaro – lo schieramento antifascista non ha fatto altrettanto rispetto all’iniziativa che Lubiana sta intraprendendo di intitolare una via a Tito?

La provocazione di Spadaro è feconda. Ormai è tempo che lo schieramento antifascista acquisisca un dato storico: tutte le dittature e i dittatori del Novecento non possono far parte del codice genetico democratico. In qualsiasi forma esse si siano presentate e in qualsiasi forma i singoli dittatori abbiano interpretato la dittatura, non c’è spazio civile e pubblico che possa valer loro un qualsiasi riconoscimento. Tanto più se tali dittatori e dittature, hanno vivamente toccato e ferito direttamente le popolazioni locali.

Da questo dato ne discendono almeno altri due. Primo: la comparazione tra fascismo e comunismo non deve più essere un tabù. La comparazione dal punto di vista storiografico è feconda, e dal punto di vista civile e pubblico è necessaria.

Proprio per superare ogni genericità e approssimazione, gli storici sono chiamati a confrontare e comprendere nel loro insieme il fenomeno dei totalitarismi europei nel corso del Novecento. Dal punto di vista civile è invece necessario superare ogni reticenza ideologica. Le ideologie totalitarie hanno ingannato e fuorviato, hanno denigrato la democrazia, irriso la sua fragilità, violato ogni forma di dissenso.

Se il nazismo e il fascismo hanno inneggiato ai valori gerarchici e razziali, il comunismo ha saputo ingannare predicando la libertà e l’uguaglianza mentre in realtà ha portato sopraffazione e violenza. Una beffa atroce.

Secondo dato: su questi aspetti la reticenza degli intellettuali deve cessare. Sartre, che ha messo la sua intelligenza al servizio della causa comunista, sosteneva che non bisognava disperare Bellancourt, la roccaforte proletaria comunista francese. Sartre taceva quindi i dubbi che nutriva sull’Unione Sovietica per non deludere la base comunista.

Dobbiamo ancora ragionare come Sartre? Dobbiamo ancora tacere certe verità storiche per non deludere le masse proletarie? Dobbiamo ancora ritenere le masse proletarie bisognose di una giuda illuminata? Quando mai finirà questo atteggiamento tutorio e paternalistico? Quando si comincerà a praticare un libero confronto delle idee scevri da ogni suggestione dei passati regimi dittatoriali?

Tito è stato un grande leader, ma mi pare che ogni dittatore a suo tempo lo sia stato e abbia goduto di un certo prestigio internazionale. La “grandezza” di un dittatore lo giudica la storia, ma la condanna civile di un dittatore non può essere soggetta ad equivoci. Fa male Lubiana ha chiamare una sua strada con il nome di Tito. Stelio Spadaro ha ragione a ricordarcelo.

Marco Coslovich

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