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Ulisse e l’esilio, il nuovo libro di Maria Grazia Ciani (24nov14)

 

Docente di Storia della tradizione classica nell’Università di Padova, grecista insigne, curatrice di numerose prestigiose edizioni di testi classici e saggi di antichistica, Maria Grazia Ciani è nata a Pola da cui è esule dal 1945. Su “Difesa Adriatica” del luglio 2013 abbiamo pubblicato una sua breve intervista, scaturita dalla curiosità suscitata dalla pubblicazione, nel 2006, di un suo libretto, Argo (Marsilio editore), nel quale l’autrice rievoca, con scrittura scabra ed arsa, i suoi luoghi natali e fissa sulla pagina la sofferenza mai mitigata dell’esodo, ponendo al centro del racconto il suo fedelissimo amico, York, un cane pastore avuto da bambina e perduto, perché – come si legge in quell’intervista –, «la sua perdita le riassume tutte, anche quelle successive, tutte le perdite della mia vita». Nel travagliato viaggio e nel dolore di Ulisse, davanti al quale il buon Argo muore subito dopo averlo per primo riconosciuto, l’autrice riconosce il dolore e l’immagine dell’esule: «Nel mio caso – ammetteva Maria Grazia Ciani – c’è senz’altro una rimozione profonda e lo dimostra proprio il fatto che, mettendomi a scrivere, solo di York sono riuscita a parlare, e anche di lui con cenni brevi e asciutti. Come singhiozzi senza lacrime direi, se non temessi di suonare retorica».

All’eroe omerico e al suo lungo peregrinare verso la patria l’autrice torna ora con un nuovo libro, Il volo di Ulisse (Marsilio editore) nel quale sono raccolti, preceduti da una introduzione storico-letteraria, brani di alcune delle più note opere dedicate nei secoli ad Odisseo e al suo infinito ritorno ad Itaca: dall’opera primigenia, ovviamente, a Dante Alighieri, Alfred Tennyson, Giovanni Pascoli e Luigi Dallapiccola, il compositore istriano (era nato a Pisino nel 1904) che alla vicenda di Ulisse dedicò una sua composizione dodecafonica.

«Un tema che è diventato universale [l’infinito errare di Ulisse]– scrive Maria Grazia Ciani nella sua introduzione ai brani successivi–, declinato in migliaia di modi e tuttora privo di una conclusione»: perché l’errare e l’agognato ritorno nella patria abbandonata si rivela (e così l’hanno interpretato gli autori dei secoli seguenti) una condizione perenne dell’anima quando non un dramma della storia. In fondo, potremmo forse dire, ciascuno degli autori qui richiamati si è ricreato un Ulisse a propria immagine, e ad immagine del tempo nel quale gli è stato dato di vivere. Come nel caso del compositore Dallapiccola, che, a quanto scrive l’autrice, fu a lungo ossessionato dalla figura dell’eroe, da lui immaginato «a metà del cammino, fra il mare e il firmamento», fisso sulle stelle che «rimangono e splendono in eterno: […] per evitare che si smarrisca nel pelago, per giustificare, alla fine, la cieca speranza, il folle volo». Un’aspirazione, o meglio una lusinga della speranza che vi sia un senso e un fine nel peregrinare travagliato verso la patria lasciata, perché «non più soli – si legge nell’opera di Dallapiccola – sono il mio cuore e il mare».

 

L’intervista a Maria Grazia Ciani, https://www.anvgd.it/da/luglio-2013.pdf

 

Patrizia C. Hansen

 

Maria Grazia Ciani, Il volo di Ulisse,

Marsilio Editori, Venezia 2014, pp. 141, € 8,00

 

 

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