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UE-Balcani: Conferenza a Sarajevo (Il Piccolo 02 giu)

di PIER PAOLO GAROFALO

TRIESTE Un’Unione europea che procede a volte ancora in ordine sparso, come per il riconosicmento dell’indipendenza del Kosovo, e che dopo anni di stallo mette in campo una misisone poco efficace e comunque politicamente ”sbilanciata”. Dall’altra parte gli Stati dei Balcani Occidentali, che anelano indistintamente a entrare nella ”casa comune” continentale ma che spesso si confrontano ancora con vecchi contenziosi e rancori mai risolti come quelli sui confini tra Slovenia e Croazia, normative ancora da adeguare. O peggio, ed è il caso di Pristina, con un quadro interno pieno d’incognite e sul quale più che aleggiare serpeggia il racket della malavita organizzata e la collusione tra criminalità e apparati statali deviati, riconosciuta persino dall’intelligence di uno dei suoi maggiori ”sponsor”, gli Stati Uniti.

È il quadro nel quale oggi a Sarajevo si aprirà la Conferenza Ue-Balcani, un’iniziativa ideata da Roma e dal ministro degli Esteri Franco Frattini e concordata con la Presidenza di turno spagnola dell’Ue, per fare il punto sui progressi della regione e indicare i passi per accelerare il cammino verso l'integrazione nell'Ue. Nella capitale bosniaca, simbolo di tutte le guerre nate dalla dissoluzione dell’ex Jugoslavia, ci saranno anche rappresentanti di Russia, Stati Uniti e Turchia.

La prospettiva europea dei Balcani Occidentali è il «collante che tiene insieme l'intera regione» spiega il portavoce della Farnesina Maurizio Massari. «L'integrazione europea è interesse di quei Paesi ma anche dell'Europa» osserva Massari, secondo il quale «il venire meno di una prospettiva di adesione all'Ue potrebbe alimentare tensioni e nazionalismi».

La Serbia, che non riconosce l’indipendenza della sua ex provincia come ancora stabilito d’altronde dall’Onu ma ipocriticamente ”glissato” da molte diplomazie del Vecchio Continente, e il Kosovo siederanno per la prima volta insieme attorno a un tavolo con i 27 dell'Ue. Per raggiungere il risultato però si è dovuto ricorrere alla formula cosiddetta ”di Gymnich”, in realtà un compromesso: identifica i partecipanti solo con il loro nome e non con i rispettivi simboli nazionali. L'Italia, ribadisce Frattini, ha un «interesse nazionale alla prospettiva europea» dei Balcani Occidentali, finalmente finalizzato anche all’apertura di nuovi mercati per le nostre imprese, con le ripetute ”missioni” del vice ministro allo Sviluppo economico urso e altre delegazioni. Anche Bruxelles afferma il suo interesse, pronta a liberalizzare i visti per Tirana e Sarajevo in vista del «completamento del processo di stabilizzazione del continente». Anche se ostacoli e perplessità non mancano da entrambe le parti.

Nell'Europa che si deve confrontare con la crisi dell’euro si avverte una sorta di ”fatica da allargamento”, specie da parte di Paesi come la Germania. Nei Balcani, le ”criticità” sono sempre sul punto di degenerare. Non si normalizza lo scontro in Albania tra il governo di Sali Berisha e l'opposizione del Partito socialista che continua a boicottare i lavori parlamentari. Il Kosovo rimane materia di timori non solo per la sicurezza ma anche in vista del parere (non vincolante) della Corte internazionale di Giustizia sulla legittimità della dichiarazione d’indipendenza di Pristina, atteso in autunno. Il percorso euro-atlantico della Macedonia è ostacolato dal contenzioso sul nome tra Atene e Skopje; sulla via europea della Serbia ci sono, di traverso, Germania e Paesi Bassi, questi ancora ”scottati” per il ruolo dei suoi caschi blu a Sebrenica durante il massacro. La domanda di adesione di Belgrado è sottesa alla piena collaborazione con il Tribunale penale per i crimini nell'ex Jugoslavia nella consegna del ricercato generale Mladic.

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