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Trieste minuto per minuto: con la bora ritorna Territorio Libero (Il Piccolo 11 mar)

di Paolo Rumiz

A Trieste, causa la bora, i matti sono più numerosi. Quando arriva la buriana hanno voglia di uscire. Sono uno di loro. Voglio vedere il mestolo dell'universo in mano al padrone di tutte le creature. Mi riconosco perfettamente in "un de quei mona" che tentano di raggiungere la cima dell'ex molo San Carlo fino alla rosa dei venti. Questa è la cronaca di una notte felicemente insonne. Eccone gli appunti, scritti qui di seguito così come sono venuti.

Ore 20.00 attorno all'Adriaco è tutto un raddoppiare gli ormeggi. Idem alla velica Barcola-Grignano. Le isobare su meteofax parlano chiaro: in previsione raffiche a 165 su una base stabile di 110 km orari. Paura anche di bassa marea, la bora può accentuarla e mettere in pericolo le barche nei bassi fondali. I previdenti si son dati da fare già da 24 ore.

Ore 23.20 da Giuseppe Cederna perso nella campagna del Senese. Sta scrivendo un libro. "Sono nella tormenta, avvolto da una coltre bianca e avvolto nel mio fiume di storie".

Ore 00.00 Leggo un libro di fiabe russe su Ded Maroz, il babbo gelo. Vinicio Capossela gli ha appena dedicato una storia radiofonica, pare che nel camino ci sia la sua voce che evoca il mago buono che porta i regali ai bambini, roba vera, non di plastica. Oggi Ded Maroz fa volare ombrelli, sacchi vuoti, rami secchi. Il cielo è piano di roba che sta mulinando.

Ore 01.00 sms dalla Maremma. "Siberia. Che felicità quando arriva la neve". Comincia un bollettino nivometrico da amici.

Ore 02.30 La bora pare che scoperchi il tetto. Gli amici piloti mi dicono che è saltato l'anemometro dopo una raffica a 68 nodi. Al largo, vento a 40 metri al secondo. Forza dodici.

Ore 03.00 La stufa smette di ronfare, ora ringhia, ulula. C'è Baba Jaga nella canna fumaria. Baba Jaga è la strega del mondo russo. Comanda dallo stretto di Bering fino alla Lanterna.

Ore 03.30 Piazza della Valle, quella rotonda con tre vie simmetriche, la bora la trasforma in un macinino a vento e con la forza centrifuga manda giù come birilli i vespini parcheggiati. Un disastro. Eco di sirene dei vigili del fuoco.

Ore 04.00 Largo Pestalozzi, il posto più ventoso del mondo dopo il Canale dei Morlacchi, il pezzo di mare tra Pago e il Velebit. Una raffica riempie il cassone di un'Ape, lo gonfia, lo deforma, lo solleva, lo fa volare. Giuro: c'è un'Ape che vola in largo Pestalozzi.

Ore 04.45 Nevica orizzontale. In via d'Alviano pare che sia caduto un albero. In via Locchi segnalano la caduta di intonaci sulle auto in sosta. In via Navali è caduto letteralmente un pezzo di muro, massacrando due automobili.

Ore 05.00 Riva Grumula, le auto parcheggiate sono coperte di sale. La spruzzaglia sale fino alla Lanterna, scavalca i moli. Le strutture esterne della gelateria Pinguino sono quasi volate in mare, sulle barche dietro la pescheria. La bandiera italiana e quella europea sopra la pescheria medesima sono ridotte a uno straccio, vibrano in una sola direzione come fossero di ferro. Ho pensieri neri. Che ne sanno a Roma di questi luoghi. Che ne sanno a Udine. Contavamo più nell'impero che nel Friuli-Venezia Giulia.

Ore 05.15 attorno al molo pescatori le alberature delle barche a vale sembrano affette da epilessia, sono in preda a un tremito incontrollabile. Chi non ha arrotolato bene il fiocco si ritrova con uno straccio a prua. Le barche con prua a Nordovest prendono le raffiche di lato, e sono piegate stabilmente di venti-trenta gradi.

Ore 05.20 da piazza Venezia un semaforo della viabilità delle Rive si stacca dal palo verde e vola grattando l'asfalto con orrendi cigolii fino in sacchetta. Molti semafori sono in tilt. Senza più luce. Nelle strade interne cocci di vaso, cactus e gerani caduti giù. Cadono le croste, resta la città austriaca.

Ore 05.30 fuga in un bar di Campo Marzio, tra i primi ad aprire a Trieste. Punch caldo. E' pieno di grossisti di frutta e verdura appena passati al mercato all'ingrosso. Tutti si guardano come complici e tutti hanno voglia di parlare. Scherzo con uno sconosciuto. Il freddo è democratico.

Ore 05.45 un rimorchiatore in mare. Chissà diavolo chi ha bisogno di un rimorchiatore con questo tempaccio.

Ore 06.00 messaggio da Franco, collezioniste di storie partigiane nel Piacentino. E' epigrafico. "Lupi dall'Appennino, 35 centimetri". Non c'è scritto, ma si capisce che è contento. Col maltempo, lui pensa, i fascisti non vanno in montagna, e i partigiani possono star tranquilli.

Ore 06.30 Salgo al Faro. Impressionante. Il Golfo è vuoto. Tutte le navi aspettano al largo, dietro Punta Salvore. In porto non è possibile arrivare, e nemmeno restare ormeggiati. Scomparsi i traghetti turchi. Troppo alti. Penso: le gasiere del rigassificatore sarebbero alte il doppio e con un vento così finirebbero addosso a Muggia San Rocco e Punta Sottile. Garantito. Ma nei piani della Gas Natural si parla di vento massimo a 36 nodi. Vengano a vedere, gli spagnoli cosa significa la parola "vento" dalle nostre parti.

Ore 07.00 Dall'Obelisco visione mozzafiato, la bora va in picchiata sull'acqua come un bombardamento a tappeto, disegna deflagrazioni biancastre sulla superficie grigia-azzurra arata dal vento più regolare. Su Cedas piovono bastonate tremende. Al largo, una Grande Armada di raffiche va verso Marano e Grado. A Opicina raffiche di nevischio, il vento ha accumulato piccole trincee bianche. Il monte Nanos è avvolto nella tormenta.

Ore 07.30 da via dell'Annunziata, traversale di Cavana, l'Adriatico che si intravede tra due file di case pare un fiume grigioverde impazzito. La spruzzaglia ha cancellato l'altra riva. L'orizzonte è mangiato dal mare. Da qualche parte, imbottigliandosi in qualche tubo dei lavori pubblici, il vento suona una noto bassa, forse un "re", tenebroso come un corno tibetano.

Ore 08.00 La città va al lavoro, ma in giro solo automobili, nemmeno un motorino in circolazione. Tantissimi pedoni e i soliti matti controvento sui moli a far fotografie. Fotografare i fotografi: sarebbe magnifico.

Ore 08.30 Messaggi sul telefonino da Pordenone e Verona. Neve ovunque. Mi sento un terminal della Protezione Civile. Potrei colorare la mappa del Nord Italia con le bandierine del maltempo. Notizie in tempo reale.

Ore 08.45 Esce un po' di sole a Oriente, disegna arcobaleni in mare a Occidente, dove il cielo è grigio. Fantastici mulinelli viaggiano attorno alla stazione marittima, bandiere vaganti con i colori dell'iride.

Ore 09.00 Telefonata dal Piemonte. Mio figlio ha la voce di uno che si frega le mani accanto alla stufa. "Non hai idea di come nevica". Spiega che lì hanno appena fatto la festa delle uova per propiziare la buona stagione. Non riesco a rispondere, troppe raffiche.

Ore 09.30 la città pare deserta, qualche negozio resta chiuso. Mancano perfino i soliti "imbriagoni" alla paninoteca, vuol dire che è davvero dura, quelli sono gli ultimi a mollare. La città è a mezzo servizio. Appuntamenti sospesi, conferenze rinviate. Treni difficili. Magnifico. Trieste assediata ridiventa territorio libero.

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